MEDIO ORIENTE: Israele prende di mira gli studenti palestinesi

CITTA DI GAZA, 22 ottobre 2008 (IPS) – Per Hazem Hussain, 28 anni, ricevere la lettera di ammissione per un master in economia aziendale presso un’università californiana era stato motivo di grande soddisfazione. Ma adesso non sa più che farne.

La prospettiva di un futuro di prigionia Mohammed Omer

La prospettiva di un futuro di prigionia
Mohammed Omer

Ha tutte le carte in regola: certificato di iscrizione e visto per gli Stati Uniti; ma gli israeliani non lo lasciano partire.

“È da un anno che cerco in tutti i modi di partire”, racconta. “Ma non posso lasciare il paese”. Il semestre è già cominciato da qualche settimana.

Saed Badawi, 22 anni, era stato ammesso ad un’università tedesca, ma anche lui è rimasto bloccato. “Sono sconvolto – per rinnovare il visto ci vorrà moltissimo tempo, con tutte le nuove procedure e i requisiti richiesti”.

Juliet Al-Tork, 18 anni, ammessa all’Università Al-Yarmouk in Giordania per un corso di traduzione, è tra le centinaia di persone cui Israele ha negato il permesso di partire. “A tutti i giovani viene concessa l’opportunità di studiare, ma non a me”.

”Israele sta ostacolando proprio le persone che dovrebbe incoraggiare”, sostiene Sari Bashi, direttore esecutivo del Gisha, Centro legale per la libertà di movimento, un gruppo israeliano per i diritti umani che assiste gli studenti palestinesi contro la politica del blocco. “Israele non sta solo negando i diritti dei palestinesi, ma va anche contro i suoi stessi interessi”. Bashi spiega che, ogni anno, circa un migliaio di studenti tenta di lasciare Gaza per seguire un’istruzione superiore: le università di Gaza offrono soltanto diplomi di laurea. Quest’anno, solo un terzo di loro ci è riuscito.

”Lasciando partire alcune persone, Israele riesce a distogliere l’attenzione dalle centinaia di studenti e dagli 1,5 milioni di persone che restano intrappolate a Gaza”, afferma Bashi. “Punire civili innocenti per il comportamento dei leader politici viola i divieti internazionali, ed è qualificabile come una punizione collettiva”.

C’è poi la complicità dell’Egitto, che contribuisce ad aumentare le difficoltà degli studenti. Il paese arabo potrebbe lasciare che i giovani attraversino il suo confine presso Rafah, e invece apre le frontiere solo agli studenti di Gaza che devono raggiungere le sue università. Perché, si chiedono gli studenti, se i leader di Hamas possono andare in Egitto, a loro non viene permesso?

In alcuni casi, la sicurezza israeliana ha perseguito gli studenti anche dopo che avevano già attraversato il confine. Ad un borsista del programma Fulbright è stato revocato il visto al suo arrivo a Washington DC, dopo che Israele lo aveva diffidato come un non meglio precisato pericolo per la sicurezza.

La spiegazione ufficiale di Israele è arrivata solo con una lettera del 7 luglio 2008, in cui l’allora membro del Knesset e ministro degli affari esteri israeliano Tsippi Livni dichiarava: “La politica che impedisce agli studenti di Gaza di lasciare il paese risale alla decisione del gabinetto di sicurezza israeliano del 19 settembre 2007 di dichiarare Gaza un’entità ostile, e di stabilire delle restrizioni alla frontiera sul movimento di persone e merci in entrata e in uscita dalla Striscia, fatta eccezione per i casi umanitari”.

Israele ha dichiarato Gaza una “entità ostile” dopo che era fallito il suo tentativo di rovesciare il governo eletto con un colpo di stato, con l’aiuto di combattenti di Fatah addestrati dagli USA nell’estate del 2007.

Oggi esiste lo Stranded Students Committee, un comitato che riunisce gli studenti rimasti “intrappolati”. Il loro rappresentante Murad Bahloul spiega che l’organizzazione sta programmando di montare una tenda vicino al confine di Rafah, in segno di protesta. “Tutti gli studenti hanno deciso di fare lo sciopero della fame finché non ci lasceranno uscire dal paese per frequentare le nostre università”, spiega.

Bahloul era stato ammesso l’anno scorso ad un’università britannica, ma gli israeliani non l’hanno mai lasciato partire. Quest’anno, ha ottenuto un posto in un corso di gestione della costruzione presso un’università della Malaysia, ma lui teme di perdere anche questa opportunità.

Giorno dopo giorno, il futuro sembra svanire. “Mi sento così deluso – ammette Hazem Hussain -. Non posso portare avanti i miei studi. Non posso attraversare (il confine), e questo mi tiene lontano dal mondo libero”. Se non riuscirà a partire presto, perderà un altro anno – e forse di più.