PENA DI MORTE-IRAN: Molestie contro un attivista. Aumentano le impiccagioni

TEHERAN, 17 gennaio 2008 (IPS) – Emaddedin Baghi, tra i principali attivisti contro la pena di morte, è appena tornato dietro le sbarre della famigerata prigione di Evin dopo i gravi maltrattamenti subiti, che avevano portato alla sua ospedalizzazione e al rischio di un attacco di cuore.

Emaddedin Baghi ILNA /Sajad Safari

Emaddedin Baghi
ILNA /Sajad Safari

Tre giorni dopo Natale, Baghi, 48 anni, si era sentito male mentre era in carcere. A dare l’allarme, il suo compagno di cella della sezione di massima sicurezza del penitenziario.

Baghi fu portato immediatamente nell’ospedale della prigione. Quello stesso giorno le sue condizioni peggiorarono, e il personale medico ordinò il suo trasferimento in un ospedale civile esterno, per ulteriori cure ed esami.

Qui, Baghi poté ricevere le visite della famiglia, prima di essere riportato in prigione.

Il malore di Baghi è sopraggiunto dopo settimane di interrogatori da parte dei servizi segreti iraniani in seguito al suo arresto il 14 ottobre, secondo quanto dichiarato dalla famiglia il 6 novembre all’Agenzia stampa Iranian Students, dopo la loro prima visita a Baghi in ospedale. Il suo arresto doveva portare a termine la sentenza di un anno per aver presumibilmente rivelato segreti di Stato e fatto propaganda durante le sue attività di difesa dei diritti umani.

In alcune lettere scritte dalla sua cella alle autorità giudiziarie e al ministro dell’intelligence, Baghi aveva minacciato lo sciopero della fame se le autorità non avessero fermato la loro “tortura psicologica illegale”, secondo le fonti.

Gli interrogatori in prigione erano centrati sulle sue attività pubbliche come direttore del Comitato per la difesa dei diritti dei detenuti. La notte prima che si sentisse male nella sua cella, c’erano stati dei tumulti nella stessa sezione del carcere. Baghi aveva poi appreso che uno studente si era suicidato proprio nella cella accanto, secondo le fonti.

Nelle ultime settimane, moltissimi studenti sono stati arrestati e incarcerati per aver tenuto raduni e organizzato mobilitazioni contro un inasprimento delle violazioni dei diritti umani.

Baghi aveva anche condannato pubblicamente le violazioni dei diritti e un’escalation delle esecuzioni. Poco prima del suo arresto, aveva fatto circolare una lettera aperta in cui criticava i partiti riformisti per non essersi espressi contro la nuova ondata di impiccagioni, giustificate dai sostenitori della linea dura con un inasprimento della sicurezza.

Nel corso del 2007, l’Iran è diventato il secondo stato con più esecuzioni dopo la Cina. Secondo i resoconti della stampa locale, confermati da Amnesty International (AI), il numero di esecuzioni in tutto l’anno ha superato le 300, rappresentando un aumento del 70 per cento rispetto ai dati ufficiali del 2006.

Secondo AI, almeno sei delle persone giustiziate nel 2007 avevano compiuto atti criminali contro minori. Più di 70 delle 250 persone nel braccio della morte sarebbero responsabili di crimini contro minori.

L’approvazione della moratoria universale sulle esecuzioni dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite del 18 dicembre scorso è stata ignorata dall’Iraq. Il giorno seguente, quattro criminali sono stati giustiziati nella prigione di Evin, secondo la stampa.

Dal 1 gennaio, la prigione di Evin ha contato il maggior numero di condanne a morte nel paese. Il 2 gennaio ci sono state otto impiccagioni, tra cui quella di una giovane donna, Raheleh Zamani, accusata di aver ucciso il marito dopo aver scoperto che la tradiva.

Finora, nel 2008, ci sono state almeno 23 esecuzioni in diverse località del paese, e amputazioni di mani e piedi di cinque ladri.

Dopo il suo rientro in prigione, Baghi è stato portato via dalla sezione di massima sicurezza, un apparente momento di distensione del suo regime carcerario, dopo i timori sulla sua salute e le proteste sul suo trattamento da parte di organismi come l’Unione europea, Reporter senza frontiere e Human Rights Watch.

Le autorità si sono mosse in fretta per intercettare qualsiasi dimostrazione pubblica di solidarietà. Il 5 gennaio, hanno bloccato ogni accesso nazionale al sito internet degli amici e sostenitori di Baghi, www.freedomforbaghi.blogspot.com.

I recenti maltrattamenti contro l’attivista per i diritti umani sono arrivati dopo anni di repressione.

Nel 1995, Baghi è stato sospeso dalla cattedra universitaria. Sulla lista nera per qualsiasi posto di lavoro accademico o giornalistico, si è visto costretto a lavorare come manovale per sostenere la famiglia.

Alla fine degli anni ’90, Baghi aveva aiutato a rivelare il ruolo dei servizi segreti nell’assassinio di alcuni attivisti politici e di cinque giornalisti. Tra le persone uccise, Darioush Forouhar, presidente del Partito nazionale iraniano (INP) e la moglie Parvaneh. L’INP è stato il primo partito in Iran a chiedere l’abolizione della pena di morte.

Alla fine, quindici agenti sono stati processati e giudicati colpevoli degli omicidi. Ma i funzionari maggiormente responsabili non sono mai stati assicurati alla giustizia.

Nel 2000, Baghi è stato condannato a due anni di prigione per le sue attività legate ai diritti umani, come la pubblicazione di un articolo sulla pena di morte in cui sosteneva che l’abolizione non sarebbe stata contraria alla legge islamica. Un fatto che ha mandato in collera le istituzioni religiose iraniane.

Nel 2005, Baghi ha fondato la prima organizzazione contro la pena capitale in Iran, l’Associazione per il diritto alla vita. Nello stesso anno, ha ricevuto uno dei maggiori riconoscimenti per i diritti umani dalla Francia, il Premio al coraggio civile, che non è potuto andare a ritirare di persona a causa del divieto di viaggiare all’estero che pende su di lui.

In un’intervista concessa all’IPS lo scorso maggio, Baghi aveva detto che le autorità gli impedivano di pubblicare sette libri. Ma sperava di riuscire ad aggirare il divieto sul suo libro sulla pena di morte, cercando di farlo pubblicare in Afghanistan.

”Per molti attivisti, è l’unico prigioniero politico che conta davvero. Baghi è praticamente la prima persona in Iran che difende i diritti dei cittadini comuni”, ha commentato all’IPS un giornalista e attivista dopo aver appreso del malore di Baghi in prigione.

“Quando la polizia ha avuto la mano pesante sui cosiddetti ‘hooligans’ qualche mese fa – ha aggiunto -, rinchiudendoli in prigione e giustiziandoli, è stato Baghi a difendere coraggiosamente i loro diritti, anche se la massiccia macchina propagandistica dello Stato è riuscita a cancellare quasi del tutto ogni simpatia pubblica nei confronti di queste persone”.

”Baghi adesso sta pagando per aver sostenuto i diritti di persone che quasi nessun altro voleva difendere”.