PENA DI MORTE-KENYA: Appello per l’abolizione, ma in migliaia attendono l’esecuzione

NAIROBI, 11 luglio 2007 (IPS) – Politici dei partiti di governo e noti attivisti per i diritti umani sembrano concordare sul fatto che i tempi sono maturi in Kenya per l’abolizione della pena di morte. Tuttavia, mentre discutono, i tribunali continuano ad emettere sentenze di morte, facendo crescere il numero dei detenuti in attesa di esecuzione.

Il 21 giugno, il Ministro per la giustizia e gli affari costituzionali Danson Mungatana ha detto ai giornalisti che il governo è deciso all’abolizione della pena di morte. “So che esiste un progetto avanzato per ottenerla”, ha dichiarato, rispondendo a una domanda specifica circa la posizione del governo sull'abolizione della pena capitale.

Non esiste però una data per l’abolizione, e ha aggiunto: “È tutto in fase preparatoria. Al momento giusto, la questione dovrà essere risolta in parlamento”.

Le ultime esecuzioni ufficiali in Kenya di cui si è a conoscenza risalgono al 1987, durante il mandato di Daniel Arap Moi. Tra i detenuti impiccati vi furono Hezekiah Ochuka e Pancras Oteyo Okumu, accusati di aver progettato il tentato colpo di stato del primo agosto 1982.

Da allora, migliaia sono i condannati a morte in attesa di esecuzione. IPS non è riuscita ad ottenere alcun dato dal dipartimento carcerario, per specificare in questo articolo il numero esatto di detenuti che si trovano oggi nel braccio della morte. Ma nei cinque anni dal 2001 al 2005, 3.741 persone sono state condannate all’impiccagione, una media di 748 all’anno, secondo le statistiche del dipartimento.

Nello stesso periodo, circa 200 pene capitali sono state trasformate in ergastolo in fase di appello.

Nel 2003, il Presidente Mwai Kibaki ha commutato la pena capitale di 223 detenuti. Uno di quelli che non hanno goduto dell’amnistia presidenziale perché i documenti relativi al suo caso erano andati perduti è Samson Ochanda Owuor, uno dei detenuti che da più tempo si trova nel braccio della morte, secondo la stampa locale. Era stato condannato per rapina con violenza nel 1988. Oltre all'omicidio e al tradimento, anche rapina e tentativo di rapina con violenza sono reati capitali in Kenya.

Il Ministro per l’ambiente Kivutha Kibwana ha detto all’IPS di essere tra i promotori dell’abolizione della pena capitale. “Credo che se anche qualcuno ha ucciso, non si può riparare uccidendo un altro uomo. Così ci sono due persone uccise”, ha dichiarato.

Importanti politici dell’opposizione hanno espresso il loro sostegno per l’abolizione in dichiarazioni rese alla stampa. Questo fa pensare che un decreto governativo riceverebbe il supporto di tutti i partiti.

“La pena di morte non è un deterrente, e dovrebbe essere abolita”, ha dichiarato recentemente Anyang’ Nyongo del Movimento democratico arancione, che comprende membri del precedente partito di governo, l’Unione nazionale africana del Kenya (KANU), e del Partito liberale democratico. “Ai detenuti bisognerebbe dare l’opportunità di lavorare e di apprendere un mestiere. In questo modo, il carcere diventerebbe utile per loro”.

Oggi i condannati a morte non possono lavorare, quindi non hanno strumenti che li preparino alla vita fuori dal carcere nel caso in cui venissero rilasciati.

William Ruto, membro del parlamento per il KANU – oggi partito ufficiale di opposizione – è stato ancora più schietto, definendo la pena di morte una sentenza “vendicativa”, senza alcuna utilità. “L’approccio dovrebbe essere riabilitativo”, ha aggiunto.

La Commissione nazionale kenyana per i diritti umani, ente pubblico indipendente costituito nel 2003 come consulente del governo per tutelare e promuovere i diritti umani, ha aggiunto al dibattito la sua voce potente, chiedendo che il parlamento prenda immediatamente posizione sull’abolizione della pena capitale.

“Anche se è nelle nostre leggi, non è un provvedimento giusto”, ha detto Maina Kiai, presidente della commissione, nella dichiarazione di aprile circa la posizione sulla pena capitale.

La pena di morte dovrebbe essere eliminata dalla costituzione e in base a questa modifica bisognerebbe cambiare le leggi. La commissione ha chiesto una moratoria immediata sulle sentenze di morte per impedire che cresca il numero di detenuti in attesa nel braccio della morte. Le condanne capitali dovrebbero essere commutate in ergastolo da un decreto presidenziale.

Haroun Ndubi, direttore esecutivo di Haki Focus, organizzazione per i diritti umani, dubita che la pena di morte aiuti a ridurre il crimine violento, che in Kenya sta crescendo, suggerendo che addirittura potrebbe contribuire ad un aumento degli omicidi.

Ci sono “tanti giovani” coinvolti in furti d’auto che hanno ucciso le loro vittime per eliminare chiunque potesse testimoniare contro di loro in processi capitali per furto con violenza, ha detto all’IPS. “Uccidono il testimone… per paura della condanna qualora rimanga in vita a testimoniare”, ha detto Ndubi, osservando che l’abolizione della pena di morte ridurrebbe il numero di questi omicidi.

Ha inoltre sollevato dubbi circa la colpevolezza di alcuni condannati attualmente nel braccio della morte. Ci sono state rivendicazioni di false accuse, e condanne senza prove adeguate, ha aggiunto.

Ndubi ha giudicato “disumano e umiliante” condannare le persone e poi lasciarle nel braccio della morte per anni, abbandonate al costante terrore dell’esecuzione. Il problema è stata sollevato anche a seguito delle dichiarazioni di Mungatana alla stampa, nelle quali riferiva che la cosa più importante da decidere è il destino di chi è già stato condannato a morte, suggerendo che trasformare quelle sentenze sarebbe il primo passo verso l’abolizione della pena di morte in Kenya.