MEDIA-IRAN: Internet, accesso negato

TEHERAN, 28 novembre 2006 (IPS) – Alcuni funzionari iraniani non hanno gradito l’etichetta affibbiata al loro paese da un’organizzazione per la libertà di stampa che l’ha definito uno dei 13 buchi neri del mondo, e hanno fatto sapere che continueranno a proteggere quelli che considerano i principi morali della loro società.

In un rapporto diffuso all’inizio del mese, Reporters sans frontières ha definito l’Iran nemico di Internet, accanto a paesi come Cina, Bielorussia, Arabia Saudita e Corea del Nord, con l’accusa di aver limitato l’accesso alla rete e arrestato cyber-giornalisti e blogger.

Come reazione, il segretario dell'Informatics High Council iraniano ha dichiarato che questo paese stabilisce i propri valori diversamente dall’occidente. “Se la libertà di espressione è contro gli ideali culturali, la tutela è necessaria. Tutti i paesi del mondo esercitano un filtro perché la libertà non si trasformi in prostituzione”, così riferisce l’Agenzia di stampa Iranian Labour News Agency riportando una dichiarazione del funzionario.

Più di un decimo dei 70 milioni di iraniani utilizzano Internet, e il numero sta crescendo molto rapidamente. I cyber-cafè hanno rappresentato per diversi anni un ritrovo popolare tra i giovani che utilizzano la rete per la chat, le novità musicali e cinematografiche, e anche per notizie e ricerche.

Ai governanti iraniani è ben chiara l’influenza di Internet e data la popolarità crescente della rete, hanno deciso oramai da diversi anni di controllare l’accesso con un procedimento di filtro allargato. Una commissione istituita dal Consiglio supremo per la rivoluzione culturale del paese, e una commissione giudiziaria controllano meticolosamente ed emettono provvedimenti sui filtri.

Un funzionario del ministero delle telecomunicazioni ha dichiarato che l’Iran è tra i paesi più liberi in termini di informazione. “Nessuno dei siti di notizie viene filtrato. A parte i siti immorali, non sono più di dieci gli indirizzi filtrati e questi portano a siti che contengono insulti alla fede osservata nel nostro paese”, è la dichiarazione del vice ministro delle telecomunicazioni, Samad Momenbellah, riportata dall’Agenzia di stampa Iranian Labour News Agency. Tuttavia, il direttore generale dell'Information Technology Network, Esmail Radakani, aveva dichiarato due mesi prima che le due commissioni erano state istituite per bloccare la visibilità di circa 1.000 nuovi siti al mese, in aggiunta al filtro automatico applicato a siti porno e proxy server che danno accesso a indirizzi non consentiti. Il funzionario aveva riferito che in Iran vengono inibiti più di 10 milioni di siti, il 90 per cento dei quali con contenuto considerato immorale. Il paese ha recentemente bloccato le connessioni Internet a banda larga anche per gli utenti privati. Il veto serve a prevenire il download di prodotti della cultura occidentale come musica e film; la decisione è stata confermata dal vice del ministro delle telecomunicazioni, il quale ha dichiarato che “la ragione del divieto era l’uso illegale della rete a banda larga”.

”È vero che la maggior parte dei siti filtrati contiene materiale pornografico o immorale, ma il filtro viene applicato anche con maggiore rigidità a siti con contenuti politici, sociali e religiosi non conformi”, denuncia Arezoo (di cui viene omesso il cognome), studentessa di scienze politiche all’Università di Tehran.

”Si provi a fare una ricerca su diritti umani, gruppi politici dissidenti e diritti dell’individuo o delle donne, la risposta sarà sicuramente ‘accesso negato’. Neanche un portale di informazione o un sito affiliato a gruppi o partiti politici riformisti, o gestiti da dissidenti fuori dall’Iran, è sopravvissuto al veto”, prosegue la donna.

”Alcuni funzionari sostengono che il filtro si limita al materiale porno, ma Emrouz, portale di informazione riformista, non contiene alcun contenuto immorale, ed è bloccato da quasi tre anni. Lo stesso vale per Rooz, giornale sul web con sede in Europa. A seconda delle circostanze, anche siti di informazione conservatori possono essere inibiti. Un buon esempio è Entekhab, portale conservatore che da qualche tempo ogni tanto viene filtrato”, ha aggiunto la studentessa. Dopo la Cina, l’Iran conta il più elevato numero di blog. Anche il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad ha un suo blog. Molti dei blog politicamente orientati vengono filtrati e i blogger minacciati, fermati e a volte anche arrestati.

Nel 2004, dieci cyber-giornalisti e blogger sono stati convocati da corpi dell’intelligence. Successivamente, si riferisce che più di venti siano stati torturati o arrestati. Alcuni sono stati costretti a scrivere lettere di scuse pubblicate poi da quotidiani, o a mostrarsi sulle televisione nazionali confessando di aver tentato di rovesciare il regime o crimini analoghi.

I giornalisti rilasciati sono stati interrogati dalla Commissione di controllo per l’attuazione della costituzione, istituita dall’allora presidente Mohammad Khatami. Quasi tutti i casi sono stati chiusi, ne restano aperti quattro, già in stato avanzato.

Il blogger Arash Sigarchi, condannato a 14 anni, è ancora in carcere. Sigarchi era stato in carcere due mesi all’inizio del 2005. E' stato nuovamente arrestato il 26 gennaio del 2006, quattro giorni dopo aver ricevuto la condanna di tre anni per “insulto alla Guida Suprema“, e “propaganda contro il regime”.

”Il filtro facilita il controllo sul cyber-giornalismo e i blogger, senza dover ricorrere a misure estreme come il carcere e la tortura: fa sembrare tutto più pulito al mondo esterno e diminuisce la pressione da parte delle organizzazioni per i diritti umani”, è la denuncia della studentessa.

Internet è anche lo strumento di comunicazione preferito tra gli attivisti per i diritti delle donne. Tutte le pubblicazioni online di gruppi per i diritti femminili sono rigidamente filtrate, ma i militanti non si arrendono facilmente. 'Meydane Zanan', sito creato da un gruppo di attivisti per l’abolizione della lapidazione, è stato recentemente inibito. “Per raggiungere i nostri lettori abbiamo modificato l’indirizzo, e lo cambieremo ancora se anche questo accesso sarà negato”, ha detto all’IPS Mahboubeh Abbasgholizadeh, una delle organizzatrici della campagna.