ARTE E CULTURA: Buenos Aires, capitale della creatività

BUENOS AIRES, 11 dicembre 2005 (IPS) – Un numero straordinario di giovani è protagonista di un’esplosione creativa nella capitale argentina. Superata una crisi economica durata diversi anni, migliaia di diplomati del corso di laurea in design si sono ritrovati con moltissimo da fare, e si sono messi all’opera.

Lo ha raccontato all’IPS Adrián Lebendiker, direttore del Centro Metropolitano de Diseño (CMD), che dipende dalla Secretaría de Cultura del governo della Città di Buenos Aires. “È stato un paradosso incredibile, perché la moda degli studi in questo settore ha coinciso con la fase di maggiore calo della produzione manifatturiera”, ha spiegato.

In poco tempo, i corsi di laurea legati al design sono diventati i più allettanti per gli studenti che avevano cominciato a lavorare in proprio, o a fare consulenza alle piccole imprese che negli anni ’90 si erano lanciate nelle importazioni e che poi, con la svalutazione della moneta, si sono ritrovate a dover modernizzare le loro macchine abbandonate.

L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura (Unesco) ha puntato l’attenzione su questo fenomeno che sta cambiando la vita culturale e persino la fisionomia di Buenos Aires.

Ad agosto, la capitale argentina è stata definita dall’Onu “città del design”, entrando a far parte della “Rete delle città creative della Alleanza globale per la diversità culturale”, titolo assegnato all’inizio di novembre.

“Buenos Aires è stata capace di approfittare dell’energia e dell’innovazione del design per lo sviluppo di iniziative a livello locale, regionale e internazionale”, ha dichiarato l’Unesco. La città ha sviluppato “una delle industrie del design più attuabili dell’America del Sud quanto ad architettura, moda, industria e disegno urbano”, ha sottolineato.

In questo modo, ha evidenziato l’Unesco, la città del tango “non solo ha diversificato la propria potenziale crescita economica, ma ha anche impiegato una vasta gamma di attori nella costruzione di uno dei più vibranti e dinamici scenari del design in America Latina”.

Oltre all’architettura e alla tradizione del design che risale agli anni ’30, il fenomeno ha cominciato a sorgere timidamente 20 anni fa con la creazione di corsi di laurea in disegno grafico e industriale presso università statali ad ingresso libero e gratuito. Poi si sono aggiunte le scuole private ed è stato aperto il mercato ai settori dell’abbigliamento e di immagine e suono.

Solo l’Università di Buenos Aires conta oggi 14.000 studenti di design.

Tuttavia, non è stato solo un fatto di numeri. La crisi degli anni ’90 e la crisi economica del 2001 hanno creato nuove opportunità. Con la recessione, i designer che lavoravano nelle imprese sono rimasti senza lavoro e si sono lanciati a sviluppare i loro progetti personali, “solo per la sussistenza”, ha precisato Lebendiker. Ovvero, senza produzione in scala e senza finanziamento.

I giovani professionisti hanno cominciato a produrre oggetti che hanno attirato la fascia del mercato della capitale più attenta alle novità, e con un potere d’acquisto medio-alto. Per collocare i loro prodotti, i designer sono ricorsi alle fiere, che hanno cominciato a sorgere per un effetto collaterale del movimento.

Nel 2001, i produttori delle fiere hanno lanciato le proposte di “Puro design” e “Fashion week” (la settimana della moda, destinata alla vendita di abbigliamento). Le esposizioni si sono ripetute da allora ogni anno con la partecipazione governativa e privata, e una forte presenza di pubblico locale e di turisti stranieri.

Il CMD, inaugurato nello stesso anno, ha unito l’idea di “El dorrego”, un mercato che si tiene periodicamente con oltre un centinaio di diversi oggetti di arredamento, mobili, abbigliamento, biancheria da tavola, accessori, giocattoli, attrezzatura per l’illuminazione, ecc.

“Il CMD è nato quando lo Stato ha capito che c’erano molti designer disposti a produrre, ma privi della capacità finanziaria e delle strategie per migliorare i prodotti e produrli su vasta scala”, ha puntualizzato Lebendiker. Inoltre, avevano difficoltà di accedere alla catena della commercializzazione.

Per mettere in pratica lanciare le idee, gli strumenti usati sono stati essenzialmente due: da una parte, lavorare con le imprese per incorporare il design professionale nei suoi processi produttivi e coadiuvare i designer in grado di diventare poi i fornitori di queste imprese; dall’altra, aiutare lo sviluppo di iniziative individuali con delle potenzialità.

Al momento, il CMD lavora con numerose piccole imprese ma anche con la catena francese di ipermercati Carrefour e con la compagnia cilena Easy, che commercia in utensili, oggetti e arredamento per la casa. “Possiedono il 16 per cento del mercato di mobili argentino, e noi vogliamo esserci”, ha detto Lebendiker.

Parallelamente, il centro ha nella propria sede circa 15 incubatrici di imprese. “Incuba è uno strumento di assistenza in un luogo fisico per sostenere designer che hanno buoni progetti ma a cui manca la capacità finanziaria e di formazione nel settore commerciale”, ha detto il funzionario.

Il CMD seleziona i progetti e poi mette a disposizione un locale con linea telefonica per un anno, prorogabile a tre anni. Offre poi assistenza legale e contabile, e un team di manager che lo controlla, oltre ad una formazione aziendale amministrativa con reti di fornitori e di clienti.

“Molte nuove attività si rivelano fattibili dopo poco tempo, ma almeno un terzo prospera”, ha assicurato il direttore del Centro.

Tra queste, il “Replicante”, l’iniziativa di due designer industriali, che si occupa dell’elaborazione di prototipi stampati in volume per piccole e medie imprese. Si tratta di pezzi tangibili, di materiale durevole, che vengono progettati al computer.

Daniel Arroyo, uno dei capi del progetto, ha raccontato all’IPS che con il suo socio lavoravano per l’impresa di moto Zanella, finché la crisi non li ha convinti a mettersi in proprio. “Ma in generale, il tema del design di produzione è calato molto negli anni ’90 e abbiamo chiuso”, ha raccontato.

Hanno perciò elaborato questo progetto, portandolo a Incuba. Sono passati per i seminari necessari per conoscere la gestione d’impresa e hanno partecipato al concorso con altri 54 progetti. Il CMD li ha scelti insieme ad altri otto, che forniranno servizi per designer e imprese.

Le macchine, che secondo Arroyo lavorano “giorno e notte” dopo un anno dall’avvio, hanno trasformato i disegni in pezzi tridimensionali. L’impresa offre anche un servizio di digitalizzazione di oggetti in tre dimensioni, per poi lavorare a migliorarli.

Il designer ha ritenuto necessario restare sotto l’ombrello di Incuba per altri due anni perché la formazione è costante, e perché chi ha partecipato ai laboratori e ai seminari del CMD è “un nostro potenziale cliente”.