IMPATTO TSUNAMI: La politica restringe la zona cuscinetto

COLOMBO, 22 ottobre 2005 (IPS) – È stata una delle questioni più controverse seguite allo tsunami del 26 dicembre: a distanza di tempo dall’onda che ha ucciso 35.000 persone e danneggiato proprietà costiere per miliardi di dollari, la zona cuscinetto, priva di costruzioni, veniva vista come una protezione da alcuni, e considerata da altri un ostacolo ad una rapida ricostruzione.

Malgrado la ripartizione non sia mai stata ufficialmente presentata o riconosciuta dal parlamento, il governo ha dato istruzioni alle agenzie di aiuti e ai donatori perché nessuna nuova costruzione fosse consentita dentro una cintura della lunghezza di 100 metri a sud-ovest e di 200 metri a nord-est.

Tuttavia, a metà ottobre, a 10 mesi dal disastro, il governo ha deciso di allentare le regole e di restringere la zona a 50 metri a sud e 80 metri a nord e ad est, in base alla vulnerabilità rispetto alle future minacce provenienti dal mare.

Nonostante le proteste di donatori e vittime, il governo ha preso nota solo delle difficoltà di realizzazione nella zona cuscinetto, dando ascolto alle preoccupazioni sollevate a maggio dall’ex presidente Usa, Bill Clinton, attualmente inviato speciale dell’Onu per lo tsunami.

”È una zona impossibile”, aveva dichiarato Clinton, poco dopo aver visitato la città orientale di Kalmunai. Il presidente aveva riferito che molte vittime desideravano rimanere all’interno della zona per ragioni pratiche e sentimentali. Le sue opinioni erano state sicuramente influenzate dalla situazione demografica di Kalmunai, dove la comunità musulmana preferisce vivere vicino alla spiaggia e i villaggi sono separati in base alla composizione etnica.

Durante il suo incontro con il presidente Chandrika Kumaratunga, Clinton aveva consigliato al governo di considerare vie alternative per difendere la costa. La risposta di Kumaratunga era stata di istituire una commissione speciale per studiare l’area.

Secondo l’annuncio di metà ottobre, le modifiche sono state decise in base alle indicazioni della commissione e ai dibattiti tenutisi in altre agenzie governative. Tuttavia, questo ha tutta l'aria di un gioco politico del gatto col topo.

Ranil Wickremasinghe, leader dell’opposizione e candidato alle elezioni presidenziali, ha annunciato nel suo manifesto elettorale che avrebbe interamente abolito la zona. La decisione di restringere l’area, secondo il Dipartimento per l’informazione del governo, è stata infine proposta dal primo ministro Mahinda Rajapakse, il principale concorrente di Wickremasinghe nelle elezioni del 17 novembre.

Gli abitanti delle aree colpite dallo tsunami non hanno nascosto la loro repulsione vedendo come le elezioni abbiano distolto l’attenzione dagli sforzi per la ricostruzione. Più di 250.000 vittime dello tsunami vivono ancora in rifugi di fortuna, e costituiscono un influente blocco di voti.

Propaganda elettorale a parte, la zona ha amplificato i problemi relativi allo sforzo per una già lenta ricostruzione, spingendo i donatori con capitali destinati alla nuova edilizia a cercare terreni demaniali alternativi, scarsamente disponibili lungo la costa densamente popolata.

Ramesh Selliah, che sovrintende all’edilizia abitativa per conto della principale agenzia governativa per la ricostruzione (Tafren, Task Force for Rebuilding the Nation), ha dichiarato che la maggioranza dei donatori aveva il permesso per ricostruire, ma non per acquistare nuovi terreni.

In molti casi, il governo non riusciva a trovare terreni demaniali adeguati vicini alla costa, rallentando la ricostruzione. Delle 49.233 case distrutte nella zona, meno di 500 sono state consegnate ai beneficiari, in parte a causa della scarsità di terra.

Secondo Thilak Ranaviraja, commissario generale per i servizi di base, la mancanza di terreni è stata una delle ragioni principali per annullare la regola della ripartizione.

Anche dopo l’acquisizione dei terreni, la maggior parte delle vittime era riluttante a spostarsi dalle proprie abitazioni tradizionali. Galle, una comunità situata per generazioni vicino alla costa, è stata trasferita a più di 10 chilometri all’interno, a Walahanduwa, la sola località con disponibilità di terreno demaniale.

Wilson Gunathileke, pescatore, si è rifiutato di alloggiare a Walhanduwa ed è rimasto in un centro profughi vicino alla spiaggia, poiché spostarsi avrebbe significato perdere il lavoro. L’uomo ha accusato i politici di non rendersi conto dei bisogni delle vittime, e di prendere decisioni senza conoscere la realtà sul campo.

In alcune famiglie trasferitesi a Walahanduwa, gli uomini sono rimasti vicino alla costa per continuare a lavorare, mentre le donne si sono spostate in rifugi temporanei, temendo di essere dimenticate quando finalmente le sovvenzioni per la ricostruzione sarebbero arrivate.

Tuttavia, altri uomini come V T Piyasena di Habaraduwa e Mohideen Ajimal di Kalmunai, avevano iniziato a ricostruire le loro case distrutte mesi prima della decisione di metà ottobre.

Di fatto, molto prima delle regole di ripartizione post-tsunami, la legge per la conservazione della costa del 1981 aveva bandito l’edilizia costiera, ma il provvedimento era stato sfacciatamente violato, come dimostra la distruzione causata dallo tsunami.

Fuori dalla zona, Tafren aveva già pagato a 50.000 beneficiari la prima rata per ricostruire le proprietà danneggiate, aggiungendo frustrazione a persone come Gunathileke.

Oggi, sia il governo che le agenzie di aiuti ritengono che il cambiamento delle regole potrebbe velocizzare lo sforzo della ricostruzione. “È un passo positivo verso la costruzione di alloggi permanenti”, ha detto all’IPS Orla Clinton, portavoce dell’ufficio per il Coordinamento umanitario dell’Onu. La funzionaria ha aggiunto che secondo l’Onu, il cambiamento avrebbe consentito anche un miglior coordinamento e flusso di informazioni tra vittime e politici.

”Potrebbe esserci un cambio di paradigma nella direzione di uno sforzo per la ricostruzione incoraggiato dal proprietario”, ha concordato Selliah, aggiungendo che restringere la zona renderebbe il 75 per cento delle abitazioni danneggiate idonee alla ricostruzione.

Devono essere costruite più di 100.000 case per compensare i danni dello tsunami, in questa nazione insulare abitata da 19,5 milioni di persone.

Tafren ha disposto che i donatori passino dalla ricostruzione all’interno della zona, al finanziamento di abitazioni esterne alla zona in base alle modifiche. La mossa mira a velocizzare la ricostruzione consentendo una rapida erogazione dei fondi già promessi.

Prima che la modifica venisse annunciata, Ranviraja aveva avvisato donatori e agenzie di aiuti che ci sarebbe voluto almeno un anno e mezzo prima che tutti avessero alloggi permanenti.

Ciononostante, i funzionari sono riluttanti a ridurre l’attesa per le case. Adesso i sopravvissuti devono tornare indietro e delimitare nuovamente la zona, e Tafren probabilmente acquisirà le cifre corrette solo alla fine del mese.

Con le elezioni dietro l’angolo e la questione oramai politicizzata, nessuno è disposto a correre rischi e ad aspettare finché il nome del vincitore verrà annunciato.