Forum sull’efficacia degli aiuti, trascurata la parità di genere

BUSAN, Corea del Sud, 2 dicembre 2011 (IPS) – I sostenitori della parità tra donne e uomini hanno applaudito il quarto Forum di alto livello sull’efficacia degli aiuti per aver dedicato una sessione speciale all’uguaglianza di genere e alla valorizzazione della donna, ma sono rimasti delusi dal documento finale del Forum, diffuso giovedì.

Iro-nsi Bose Miriam Gathigah/IPS

Iro-nsi Bose
Miriam Gathigah/IPS

Nonostante gli accenni alla parità tra i sessi, secondo gli esperti il documento trascurerebbe temi centrali, essenziali per affrontare la questione dell’empowerment femminile.

“Ci sono stati dei progressi dopo la Dichiarazione di Parigi, dove ancora non si parlava di uguaglianza di genere. Con la dichiarazione di Accra del 2008, il tema della parità è stato in parte riconosciuto come legato allo sviluppo. Oggi siamo andati ancora un po’ oltre”, afferma Kate Lappin, coordinatrice regionale del Forum Asia-Pacifico su Donne, Leggi e Sviluppo.

Lo sviluppo economico, sottolinea, non è sufficiente come indicatore dello sviluppo umano.

Il paragrafo 20, spiega Lappin, “è incentrato sul coinvolgimento delle donne per raggiungere la crescita economica. Nonostante si parli di diritti umani nel testo della Dichiarazione di Busan, in quello stesso paragrafo incredibilmente non emerge mai il legame tra diritti umani e sviluppo economico”.

Forse questo spiega perché, sebbene la conferenza di Busan si sia svolta in concomitanza con altri due importanti eventi internazionali sui diritti umani, in particolare legati alle tematiche di genere, i diritti delle donne non sono rientrati nell’agenda di Busan.

Le donne rappresentano più della metà del carico globale di Hiv/Aids nel mondo, così come dei costi dell’assistenza sanitaria, eppure la conferenza di Busan non ha fatto nessun cenno al fatto che efficacia degli aiuti significa anche fare in modo che le donne povere abbiano accesso ai farmaci salvavita. Non se ne è parlato neanche giovedì 1, giornata mondiale contro l’Aids.

Ieri si è celebrato anche il quinto giorno della campagna “16 giorni di Attivismo contro la Violenza di Genere”. Secondo le statistiche delle Nazioni Unite, nel mondo una donna su tre è stata vittima di violenze fisiche, psicologiche o sessuali.

Tutte le iniziative volte a liberare le donne e permettere loro di godere dei propri diritti senza paure o intimidazioni sono legate ai finanziamenti: servono fondi per poter integrare i programmi di sensibilizzazione sulle violenze basate sul genere (VBG) nel settore sanitario.

“Attualmente, in Nigeria non è ancora stato chiuso il caso dell’omicidio brutale di Titi Omozojie, una giovane donna che sembra sia stata mutilata dal marito durante una lite domestica”, racconta Iro-nsi Bose, direttrice esecutiva di Progetti per la salute e i diritti delle donne di Lagos, Nigeria.

“La società civile è scesa in piazza per garantire che non venisse sepolta subito e permettere indagini adeguate. Il marito è stato arrestato, e ora è in attesa di processo”, ha spiegato Bose.

Dare priorità al benessere delle donne è un elemento fondamentale dello sviluppo, afferma l’esperta. “Non possiamo parlare di vero sviluppo quando le nostre donne, tanto le giovani quanto le anziane, vengono massacrate fino alla morte”.

Il Piano d’azione congiunto di Busan sulla parità di genere e lo sviluppo, emerso dalla conferenza, è stato giudicato limitato.

“Nel documento sono presenti tre componenti: istruzione, occupazione e imprenditoria; e questo è senz’altro un passo avanti significativo”, dichiara Lappin. “Ma è limitato nel senso che punta a due soli obiettivi: aumentare il numero di donne che lavorano e migliorare le loro opportunità di accesso al microcredito”.

“Non si parla, per esempio, dei diritti delle lavoratrici. Se vogliamo che più donne lavorino, allora ci sono delle necessità pratiche di cui occuparsi”, sostiene Lappin.

In realtà, le donne si trovano spesso a un bivio tra produzione umana e produzione economica, e quando questi due ruoli entrano in conflitto devono rinunciare alle aspirazioni economiche per occuparsi della famiglia.

Dalla conferenza di Busan ci si aspettava un impegno concreto verso i diritti delle donne come parte integrante di uno sviluppo efficace.

Ma “il fatto che la Dichiarazione di Busan sia intitolata ‘Documento finale sulla cooperazione allo sviluppo’ – continua Lappin – offre poche speranze, se non nulle, di un forte connubio tra sviluppo umano ed economico”.

“La morte della giovane Omozojie è solo la punta dell’iceberg”, commenta Bose.

“In Africa si registra ancora un’elevata diffusione delle violenze basate sul genere. Ma a Busan non è emerso nessun impegno concreto nella tutela dei diritti delle donne come parte dell’agenda dello sviluppo. Anzi, si è parlato molto di garantire che l’efficacia degli aiuti serva a trasformare i paesi poveri in nazioni a reddito medio. © IPS