La cooperazione Sud-Sud promuove un cambio di paradigma

BUSAN, Corea del Sud, 1 dicembre 2011 (IPS) – Quando il gruppo degli otto paesi più industrializzati (G8) ha deciso di dare priorità all’accesso a Internet negli aiuti allo sviluppo, diversi leader del Sud del mondo si sono opposti.

Richard Ssewakiryanga, esperto di aiuti internazionali. Miriam Gathigah/IPS

Richard Ssewakiryanga, esperto di aiuti internazionali.
Miriam Gathigah/IPS

Mentre milioni di donne e bambini muoiono di Aids, malaria e altre malattie infettive, prima di tutto bisognerebbe occuparsi della lotta contro la povertà estrema e le epidemie mortali, sostengono.

La diffusione di pratiche culturali nocive come la mutilazione genitale femminile, o le lunghe camminate cui sono costrette le donne per procurarsi acqua e legna, sembra far parte di un mondo ben lontano dalla tecnologia di Internet.

“L’impegno a fornire aiuti ai paesi in via di sviluppo per migliorare l’accesso a Internet è stato preso come un insulto”, ha affermato Esther Suchia, un’attivista del Kenya.

“Milioni di ragazze in Africa non hanno accesso all’istruzione né hanno opportunità per poter sfuggire ai matrimoni precoci e ai lavori pesanti. Perciò i leader africani si sono chiesti se non sia meglio cercare di raggiungere prima di tutto gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio delle Nazioni Unite”.

I paesi del Nord sostengono invece, in loro difesa, che l’accesso alla tecnologia permetterebbe al Sud di eliminare le cause dell’estrema povertà, che aprono la strada a tantissime malattie curabili. È indubbio che il Sud abbia ottenuto benefici dalle tecnologie, dagli aiuti allo sviluppo e dagli aiuti umanitari, come l’intervento dell’Occidente in occasione dell’emergenza siccità nel Corno d’Africa, dove almeno 4 milioni di persone rischiavano di morire di fame.

Ma gli aiuti umanitari non hanno fermato le critiche contro gli aiuti Nord-Sud. Il Forum aperto della Società Civile organizzato in occasione del Quarto Forum di Alto Livello sull'Efficacia degli Aiuti, concluso oggi in questa città portuale della Corea del Sud, ha riunito (26-28 nov.) delegazioni provenienti da diversi paesi.

Molti hanno ricordato come Theo-Ben Gurirab, l’ex ministro degli esteri della Namibia e presidente dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1999-2000, avesse messo in discussione le motivazioni del Nord, perché orientate dalle esigenze di ex potenze coloniali.

È questa diffidenza che si pensa abbia spinto i paesi del Sud a sostenersi a vicenda nell’iniziativa della “Cooperazione Sud-Sud” (SSC).

“La SSC si basa sul sostegno reciproco tra i paesi in via di sviluppo, paesi che in larga misura hanno dovuto affrontare le stesse sfide per lo sviluppo”, afferma Richard Ssewakiryanga, esperto di aiuti internazionali. “Di sicuro avrà un impatto sulla tradizionale cooperazione Nord-Sud”.

“Questa forma di cooperazione sta modificando il modo in cui vengono forniti gli aiuti, con iniziative che coinvolgono il settore privato: e questa nuova partecipazione comporta un cambio di paradigma”, aggiunge.

Roselynn Musa di FEMNET, esperta di SSC, sostiene che “la popolazione a livello globale partecipa alla SSC ma in modo inconsapevole. Persino un programma di scambio per cui uno studente africano va a specializzarsi in India rientra in questo paradigma”.

Fondata nel 1998, FEMNET, la Rete per lo sviluppo e la comunicazione delle donne africane, promuove il progresso femminile in Africa. Sebbene l’iniziativa della SSC sia stata vista inizialmente come una ribellione necessaria agli accordi Nord-Sud, dovuta agli evidenti squilibri di potere, adesso è l’iniziativa stessa ad essere criticata.

Musa spiega che “gli aiuti Sud-Sud dovrebbero essere accompagnati da politiche di aiuto che purtroppo molti paesi del Sud devono ancora elaborare”.

Uno studio condotto da FEMNET su cinque paesi africani rivela che solo uno di questi ha politiche di aiuto. “Egitto, Uganda e Zambia non prevedono questo genere di politiche, mentre il Kenya sta esaminando un progetto di legge. L’unico paese che vanta politiche di aiuto è lo Zimbabwe”.

Secondo gli esperti, questa mancanza apre le porte alle violazioni dei diritti umani, in quanto lo stato stipula accordi senza stabilire linee guida, trasparenza e, quindi, responsabilità.

“La SSC rischia di replicare in alcuni casi lo stesso modello di accordi Nord-Sud, dove i più potenti prendono il sopravvento sui deboli”, afferma Ssewakiryanga. “Ad esempio, l’aiuto vincolato dato dalla Cina ai paesi africani può migliorare le infrastrutture, ma le competenze, la manodopera e i materiali vengono mandati dalla Cina”, dichiara.

Surchia concorda: “attualmente, la Cina sta costruendo strade moderne in Kenya, e i cinesi si occupano di tutte le fasi della costruzione. Ma cosa sta imparando il Kenya da questi aiuti allo sviluppo? Poco o niente su come costruire le strade”.

Mentre la SSC e la cooperazione Nord-Sud continuano a sovrapporsi, comincia a prendere forma un modello triangolare, in cui il Nord si unisce alla SSC per il rispetto verso questa idea di sviluppo e i suoi obiettivi. © IPS