LIBIA: Verso una (qualche) forma di sharia

TRIPOLI, 16 novembre 2011 (IPS) – La annunciata introduzione della legge islamica nella Libia del dopo-Gheddafi ha suscitato le forti proteste delle donne, della popolazione non religiosa e della minoranza amazigh.

Musulmani in preghiera nella piazza dei martiri a Tripoli Karlos Zurutuza/IPS.

Musulmani in preghiera nella piazza dei martiri a Tripoli
Karlos Zurutuza/IPS.

“Sharia significa vivere in piena armonia con la legge di Dio, e questa è la cosa più naturale per un musulmano”, spiega Ibrahim Mashdoub, imam della moschea di al-Garamaldi nel centro storico di Tripoli.

Ma di fronte a domande più specifiche, esita: “Le donne dovrebbero coprirsi il capo? Ai ladri verranno tagliate le mani?…”.

“È questo è il vero problema quando si parla di sharia, tutti hanno un’opinione ma nessuno sa davvero di cosa si sta parlando”, lamenta Wail Mohammed, 23 anni, interpellato in un caffè a 50 metri dalla moschea.

“Che tipo di sharia sceglieremo? Quella Pakistana? Quella indonesiana? O magari quella dell’Iran?”, chiede Mohammed, traduttore verso l’inglese, attualmente disoccupato.

Ma i leader, come lo sceicco Omar Mukhtar, alta autorità militare nell’ex roccaforte gheddafiana di Bani Walid, hanno già fatto la loro scelta.

“Tutti i libici vogliono una sharia come quella del Qatar o degli Emirati Arabi Uniti. Darebbe al paese la coesione di cui ha bisogno dopo la guerra”, dice a IPS il capo tribale e militare, echeggiando i discorsi dei leader del Consiglio nazionale di transizione (NTC) delle ultime settimane.

È indubbio che la sharia del Qatar – dove le donne possono guidare l’auto e dove bere alcol è tollerato entro certi limiti – sembra essere la più popolare tra i libici. Ma molti sono contrari ad una futura costituzione libica radicata nel Corano.

“L’NTC sta criminalizzando chi di noi non è religioso”, dice Abdullah Zlitani, un eminente avvocato, dal suo ufficio di Gargaresh nel sudovest della capitale libica. “Stanno cercando di convincere la popolazione che una costituzione non islamica proibirà le pratiche religiose e favorirà la prostituzione – è scandaloso”.

Ma non sono solo i libici atei o agnostici come Zlitani a vedere di buon occhio una separazione tra stato e religione. Fathi Buzakhar è un musulmano che guida il Congresso degli Amazigh di Libia, un’organizzazione creata per tutelare i diritti della più ampia minoranza libica – circa il 10 per cento della popolazione totale, che è di sei milioni di abitanti.

“La separazione tra religione e politica è fondamentale per costruire uno stato democratico, ma il nuovo governo provvisorio libico sembra averlo completamente dimenticato”, dice Buzakhar dalla sua residenza di Tripoli. La bozza di costituzione diffusa ad agosto non riconosce il suo popolo né la loro lingua, osserva. La nostra minoranza è stata vittima delle brutali politiche di assimilazione di Gheddafi.

“Non solo non siamo arabi, ma storicamente abbiamo sempre professato l’ibadismo, una versione molto moderata dell’Islam. I nostri sacerdoti sono stati quasi tutti giustiziati da Gheddafi”, dice Buzakhar.

Le donne libiche sembrano temere di più l’indefinita ma quasi inevitabile sharia. Molte si chiedono se dovranno “condividere” i loro mariti, dopo le controverse dichiarazioni del presidente dell’NTC Mustafa Abduljalil sulla legalizzazione della poligamia.

“Abduljalil ripete continuamente che la Libia adotterà la legge della sharia – lo ha fatto di fronte all’alto rappresentante per la politica estera e della sicurezza dell’Unione europea Catherine Ashton il 12 novembre – ma questa è una decisione che dovrebbe essere presa dal popolo libico in modo democratico”, sostiene Asma Hassan, un’attivista per i diritti civili di Tripoli.

Esistono così tante versioni diverse della sharia e interpretazioni parziali del Corano, spiega. “Ciò che il libro sacro dice letteralmente è che puoi sposare due, tre o anche quattro donne, ma poi aggiunge che ‘non sarebbe la cosa giusta’. Sembra che la maggioranza abbia deciso di non prendere in considerazione la seconda riga”.

“Allah, Muammar e Libia” è stato lo slogan preferito per gli oltre 40 anni in cui Gheddafi è rimasto al potere. La Libia era già uno stato islamico conservatore, laddove l’Islam veniva praticato rigorosamente negli anni del colonnello.

Le elezioni del 23 ottobre nella vicina Tunisia possono essere un termometro e anche un catalizzatore del voto libico previsto per giugno 2012. Con il 40 per cento dei voti, la coalizione moderata di Ennahda ha ottenuto una schiacciante vittoria in Tunisia alle prime elezioni dopo la “primavera araba”.

“Per adesso, l’Islam moderato è forse l’unica possibilità della Libia di far fronte al crescente caos nel paese”, ha detto a IPS Santiago Alba Rico, scrittore e analista politico che da 12 anni vive in Tunisia. “Nonostante i suoi difetti, una democrazia islamica in Libia sarebbe in ogni caso molto più progressista della dittatura di Gheddafi, e anche l’approccio più realistico ai continui scontri tra le milizie”. © IPS