SRI LANKA: L’acqua lava via i conflitti

KATTANKUDI, Sri Lanka, 13 giugno 2011 (IPS) – A due anni dalla conclusione del sanguinoso conflitto in Sri Lanka, terminato il 19 maggio 2009, il giorno delle celebrazioni Fathima Imsana, di 23 anni, aveva cose molto più urgenti da fare che festeggiare i due anni di pace.

La torre idrica abbattuta a Kilonichchi testimonia i 25 anni di conflitto Amantha Perera/IPS.

La torre idrica abbattuta a Kilonichchi testimonia i 25 anni di conflitto
Amantha Perera/IPS.

Il mattino presto, ha afferrato un faldone di cartone grigio e si è diretta rapidamente alla sede regionale del Comitato dell’acqua di Kattankudi, una città a maggioranza musulmana nello Sri Lanka orientale. Doveva presentare al più presto domanda per un nuovo allacciamento idrico.

“Abbiamo bisogno di acqua”, dice Imsana mentre aspetta in fila. “Mio figlio non può più bere quell’acqua gialla che prendiamo dal pozzo”.

Il figlio ha cinque mesi e Imsana, insieme al marito, che lavora in Medio Oriente, ha riposto in lui ogni speranza. Adesso, niente è più importante che poter garantire a suo figlio acqua potabile, pulita e sicura. “Ce lo meritiamo “, ha commentato la donna.

Il desiderio di avere acqua corrente di questa giovane madre non è un caso isolato. Nel nord e nell'est dello Sri Lanka, un tempo assediati dalle violenze tra le diverse fazioni, molti guardano alla disponibilità di acqua potabile come il chiaro segno di una svolta positiva nella loro vita.

Ai tempi della sua infanzia, racconta Imsana, la sua famiglia era più impegnata a cercare di sopravvivere ogni giorno che a cercare acqua potabile. “Avevamo pochissime possibilità, e la richiesta di fornitura idrica non era certamente tra queste”.

“L'acqua può agire da catalizzatore per lo sviluppo”, dice Mookiah Thiruchelvam, responsabile del progetto presso la Banca asiatica di sviluppo (ADB) in Sri Lanka. L'ADB ha collaborato con il governo dello Sri Lanka per finanziare progetti sull’acqua per oltre 420 milioni di dollari nella zona nord e est, per portare acqua potabile sicura a oltre 1,2 milioni di persone.

Solo una minima parte della popolazione della zona di conflitto ha accesso alla rete idrica. A est è circa il 23 per cento, mentre a nord diminuisce al 3 per cento, molto al di sotto della media nazionale del 34 per cento.

Durante i trent’anni di conflitto fra il governo e i ribelli Tamil, i progetti idrici e le reti di distribuzione sono stati seriamente compromessi, così come ogni altra cosa. La torre idrica rovesciata a Kilinochchi, un tempo centro amministrativo delle sconfitte Tigri Tamil, giace come tacita testimonianza di quella terribile distruzione.

Le Tigri, sconfitte, hanno fatto esplodere la torre non appena l'esercito dello Sri Lanka è entrato a Kilinochchi alla fine del 2008, raccontano i soldati. E questa torre, ironia della sorte, sostituiva un’altra struttura preesistente distrutta durante i combattimenti alla fine degli anni ‘90.

La torre abbattuta era stata costruita mentre il governo dello Sri Lanka negoziava con le Tigri, tra il 2002 e il 2004, e serviva per la fornitura di acqua alla città di Kilinochchi. Adesso, si stanno spendendo milioni per ripristinare ancora una volta la stessa rete.

Anche ad est, dove il conflitto era relativamente meno intenso, era difficile ottenere finanziamenti per i progetti, e ancora più arduo riuscire a portarli avanti.

“Non eravamo certi di riuscire a farcela”, dice Tambipillai Thirunavarasa, capo progetto per l'ADB nel distretto orientale di Batticaloa. La rete prevista prevedeva anche la realizzazione di un impianto di depurazione delle acque per l'ospedale di Batticaloa, la cui costruzione era stata ritardata a causa dei continui scontri nell’area.

“È stata una guerra lunga”, dice Thirunavarasa. “Ora possiamo finalmente affrontare il problema dell’impianto idrico senza preoccuparci più del conflitto”.

L’acqua sicura è uno dei servizi di base che erano stati accantonati durante la guerra. Ad est, soprattutto a Batticaloa, la vicinanza al mare fa sì che l'acqua disponibile sia sporca e salata.

“La gente dice che le nostre ossa si sgretolano facilmente perché beviamo acqua gialla”, dice Loshika Jeyarasa, studentessa di 18 anni di Batticaloa.

Quando l'acqua scarseggiava, ricorda, le donne dovevano camminare per diversi chilometri per raccoglierla dai pozzi, un compito particolarmente duro durante la stagione secca, quando le temperature superano i 30 gradi.

Anche nelle zone raggiunte dall'acqua corrente, a Batticaloa la disponibilità è di appena un’ora al giorno. Nel tardo pomeriggio, si vedono lunghe file di secchi, botti, barattoli e ogni possibile contenitore per l’acqua, in silenziosa attesa davanti ai rubinetti pubblici per raccogliere le prime gocce.

“Chi arriva in ritardo quel giorno non avrà acqua potabile. L'acqua dei pozzi non si può bere”, dice Jeyarasa.

Nel nord, in particolare nell’ampia striscia di terra nota come Vanni, che è stata sotto il controllo delle Tigri per oltre un decennio, non vi è alcun segno di acqua corrente, e bisogna arrangiarsi estraendo l’acqua dal pozzo o dalle falde acquifere.

Anni di guerra hanno lasciato molti pozzi abbandonati e altri contaminati. Le agenzie dell'Onu hanno espresso preoccupazione per la sicurezza dell’acqua disponibile; finora, l'Unicef ha ripulito circa 4mila pozzi nella zona di Vanni.

Secondo Thiruchelvam dell'ADB, molti non si rendono conto dei vantaggi che potrebbero trarne. Quando c’è disponibilità di acqua potabile, l'ADB ha calcolato che si risparmiano fino a tre ore ogni giorno, ossia il tempo impiegato per la ricerca dell'acqua, per lo più dalle donne.

“Un tempo che potrebbe essere speso in famiglia o per guadagnare qualcosa in più”. I progetti idrici favoriscono anche, indirettamente, la disponibilità di energia elettrica, permettono di migliorare la produzione agricola, ma anche l'igiene e la salute.

Per Imsana e Jeyarasa, l’arrivo dell'acqua corrente sicura dai rubinetti delle loro case è il segno che la vita comincia a essere meno difficile.

“Per tantissimi anni, le necessità primarie erano un lusso per noi. Non avevamo né acqua, né scuole, né trasporti, elettricità o ospedali”, dice Jeyarasa. “La guerra ci aveva portato via ogni cosa”.

La loro vita è migliorata da quando la guerra è finita, raccontano. Sono migliorati i trasporti ed è diminuita la paura degli attentati. Ma per le giovani donne, è l'acqua che scorre dal rubinetto che cambierebbe davvero la loro vita. © IPS