La siccità colpisce ancora i contadini del Medio Oriente

AL-RAQQA, Siria, 16 dicembre 2010 (IPS) – I contadini, preoccupati, si ritrovano in questa giornata calda e tersa sulle loro terre ad al-Raqqa, arida regione nel nord della Siria, vicino al fiume Eufrate. In quest'angolo della “mezzaluna fertile” il suolo è completamente sterile, fatto salvo un gregge di pecore in un podere di dieci ettari.

Caterina Donattini Caterina Donattini

Caterina Donattini
Caterina Donattini

Solitamente le piogge invernali iniziano a fine ottobre. Ma quando il periodo secco si estende fino a dicembre le colture vitali di grano, e quelle di lenticchie, e il loro sostentamento, sono cancellate per un altro anno consecutivo.

Parti della Siria, Turchia, Iraq, Giordania, Libano, Israele e territori Palestinesi sono tutte state colpite da una siccità devastante questo autunno.

Nonostante la violenta tempesta che ha colpito la regione la scorsa settimana, con forti piogge e nevicate sulla Siria, i contadini ricordano la scorsa stagione invernale che iniziò bene. Poi le piogge si sono interrotte improvvisamente lasciando il posto a condizioni climatiche estreme e malattie, come la ruggine gialla, che hanno decimato il grano.

“Preghiamo per la pioggia e un buon guadagno” dice il ventiduenne Issa Sheikh che insieme a suo fratello fa fatica a coltivare la tenuta di famiglia. “Lo scorso anno la stagione è stata davvero brutta. I costi per il fertilizzante e le sementi erano troppo alti e non abbiamo avuto raccolto. Dipendiamo dal lavoro in città e abbiamo chiesto prestiti ad amici e alla banca”.

Per i governatorati siriani del nord-est di Al-Raqqa, Deir Ezzour e Al-Hassakeh – tra i confini di Turchia e Iraq e il centro dell'industria petrolifera della nazione – la siccità e le precipitazioni irregolari si sono estese per tre anni consecutivi.

Le culture strategiche principali della Siria sono grano, orzo, barbabietola da zucchero e cotone. L'impatto della siccità ha costretto la Siria, forte esportatore di grano e autosufficiente dal punto di vista agricolo, a importare gli alimenti base per soddisfare i consumi locali.

Molti esperti agrari denunciano il cambiamento climatico come il fattore determinante. “Novembre quest'anno è stato molto strano” asserisce Mahmoud Solh, direttore del Centro Internazionale per la Ricerca Agricola nelle Zone Aride (ICARDA), con base vicino alla città settentrionale di Aleppo. “C'è un particolare andamento delle temperature, non c'è dubbio. La sensazione è che ci sia stata grande variabilità nell’alternarsi delle piogge e delle temperatur, ma quelo che stiamo vivendo in questo momento non ha precedenti”.

Dopo una missione di valutazione in Siria lo scorso settembre Olivier De Schutter, relatore speciale dell'ONU per il diritto al cibo, ha stimato che 1,3 milioni di persone sono direttamente interessate dalla siccità ricorrente – 95 per cento delle quali nel nord-est – e 800 mila ne soffrono in maniera grave. “Maggiormente colpiti sono piccoli contadini… e piccoli pastori, che hanno spesso perso l'80-85 per cento del proprio bestiame dal 2005”.

“Questi contadini hanno già sopportato tre anni di siccità, un quarto sarebbe un disastro” concorda Abdulla Tahir Bin Yehia, responsabile FAO a Damasco. “La loro capacità di sussistenza si è esaurita. Ed è per questo che necessitano di aiuto. Le famiglie del nordest hanno dagli otto ai dieci componenti – è un numero alto”.

Contadini come i fratelli Sheikh di Al-Raqqa sono stati costretti a lasciare le proprie famiglie per cercare lavoro altrove, nel loro caso per stipendi di sussistenza nell'edilizia nel periodo estivo in Libano, o come lavoratori a giornata nelle fabbriche nei dintorni di Aleppo.

Secondo il Piano di Risposta alla Siccità dell'ONU pubblicato nel 2010, dall'inizio dell'anno 65 mila famiglie si sono trasferite dai propri villaggi alle città della Siria. “Questa scelta drastic non ha risparmiato le famiglie sfollate da ulteriori stenti e indigenza” si legge nel rapporto. “Invece esse hanno perso i propri legami sociali e sono spesso sfruttate, con salari al di sotto dello standard di mercato. Ha anche aumentato la pressione sul limitato mercato del lavoro, sulle risorse e sui servizi pubblici che erano già colpite dalla presenza di quasi un milione di rifugiati iracheni.

Damasco è la destinazione principale dai migranti e fa affidamento sulle sorgenti di Fijieh e Barrada per soddisfare la popolazione assetata e in rapido aumento. Trasportata dalla vicina catena montuosa dell'Atni-Libano, le riserve d'acqua già scarse sono ulteriormente colpite dalla diminuzione dello scioglimento delle nevi, da perdite nelle tubature, dall'evaporazione, da pozzi abusivi e dalla rapida espansione dell'edilizia abusiva.

Abdullah Droubi, direttore per le risorse idriche presso il centro arabo per gli studi delle zone e delle terre aride della Lega Araba in Siria, indica un'altra causa.

“Il clima non è cambiato – abbiamo spesso queste variazioni. Ne sentiamo gli effetti per via della domanda e della cattiva gestione idrica” afferma, stimando una crescita annua del 3 per cento della popolazione siriana, che oggi si aggira intorno ai 21 milioni.

“Dal 1986 abbiamo dimostrato come la popolazione sia un fattore decisivo in quest'area della regione araba e questo è ciò che sta accadendo ora. Il governo deve avviare una politica di pianificazione demografica – non possiamo continuare in questo modo. Non abbiamo abbastanza risorse”.

Il Ministero dell'agricoltura e della riforma agraria e il Ministero dell’irrigazione stanno lavorando insieme a specialisti internazionali nel campo dell'irrigazione e dell'agricoltura su una serie di alternative e soluzioni idriche sostenibili. Ma gli aiuti da parte del governo e dei donatori per questa popolazione impoverita sono ostacolati dalla scarsità di fondi.

“Noi riteniamo che le complesse sfide nelle zone aride richiederanno un approccio integrato”, sostiene Solh dell'ICARDA. E parla di tre fattori principali: gestione delle risorse naturali, comprese produttività ed efficienza idrica, miglioramento delle colture, comprese colture resistenti alla siccità, al caldo e allo stress biotico e aspetti socio-economici e supporto istituzionale.

Mahmoud el-Ahmad, contadino sulla trentina, ha sulle spalle una famiglia di nove figli nella settentrionale Al-Bab. Vivono dei frutti di un appezzamento di otto ettari coltivato a orzo e lenticchie; e lui incrementa il reddito arando la tenuta di un vicino più ricco. Quest'anno ha piantato semi con un trattore a “lavorazione zero” preso in prestito e introdotto da ICARDA. Il trattore non lavora la terra quando si piantano i semi, preservandone dunque l'umidità. El-Ahmad ha guadagnato 4 mila dollari lo scorso anno per questo intero raccolto e spera di poter risparmiare altri 20 dollari per ettaro con il nuovo metodo di aratura.

Ma molti dei suoi amici stanno lavorando in aziende o in Libano, dice. “La terra non sfama le famiglie, tutti dobbiamo cercare un altro lavoro”.