DONNE-MEDIORIENTE: Al di là delle armi

RAMALLAH, 30 giugno 2010 (Terraviva*) (IPS) – La maggior parte dei media continua a utilizzare l’immagine di una kamikaze come simbolo della resistenza delle donne palestinesi. Ma al di là di questi casi estremi, queste donne stanno portando avanti una lunga battaglia contro l’occupazione israeliana.

 Mohammed Omer


Mohammed Omer

Ciò che Israele chiama terrorismo, per le donne palestinesi è una lotta legittima che riguarda da vicino anche loro, non solo gli uomini. “Le donne palestinesi hanno imbracciato le armi, hanno seguito un addestramento militare, e hanno sempre teso la mano alle donne israeliane nei negoziati di pace, come parte della loro battaglia per la liberazione”, ha detto in un’intervista a Terraviva il ministro per le politiche femminili dell’Autorità Palestinese (AP) Rabiha Diab.

La lotta ha reso le donne molto determinate. “L’aspetto politico della resistenza ha visto le donne palestinesi protagoniste indiscusse”, osserva Diab. “Mentre erano rinchiuse nelle carceri israeliane, le donne palestinesi si sono fortemente politicizzate e sono cresciute nella loro capacità di leadership, tanto che alcune di esse oggi sono leader nell’AP”.

Il ruolo politico delle donne palestinesi si è poi sviluppato nelle università, dove hanno guidato le organizzazioni studentesche nell’organizzazione di scioperi e altre attività di resistenza giovanile.

Le donne forniscono un sostegno in tanti modi diversi, anche con i sistemi considerati più tradizionali: hanno formato ad esempio cooperative che forniscono cibo, coltivano ortaggi in casa loro e crescono conigli e pollame per le uova e la carne.

Associazioni di medici, ambulanze e ambulatori richiedono la presenza di donne al loro interno. Quando Israele ha chiuso scuole e università, compromettendo seriamente l’istruzione palestinese, le donne hanno organizzato corsi alternativi in casa per ragazzi e studenti universitari.

È stato durante la seconda Intifada, cominciata nel 2000, che sono aumentate le militanti palestinesi. Ahlam Tamimi, una giovane donna single di Ramallah, sta scontando una pena di 16 ergastoli per aver trasportato un kamikaze che nel 2001 si è fatto saltare in aria in una pizzeria di Gerusalemme uccidendo 16 israeliani.

Rawda Habibi, abitante di Gaza ed ex membro della Jihad islamica, è stata liberata lo scorso anno per uno scambio di prigionieri dopo aver trascorso 2 anni in una prigione israeliana. Habibi, madre di quattro figli, era accusata di aver tentato di entrare in Cisgiordania per trasportare un kamikaze.

“Nonostante l’isolamento e l’interrogatorio brutale che ho subito, non ho rimpianti, credo che sia un dovere per le donne combattere per la liberazione sullo stesso piano degli uomini” ha detto Habibi all’ IPS.

Ma la pace rimane una priorità. “Siamo costantemente in contatto con donne israeliane appartenenti a diversi gruppi pacifisti per cercare di costruire un consenso in quanto madri e donne”, ha spiegato Diab. “Ma la pace si potrà raggiungere solo quando ai palestinesi verranno riconosciuti i loro diritti legittimi”. © IPS

* IPS/Terraviva: http://www.ips.org/mdg3/TV-GENDER-AMR1.pdf