BOLIVIA: Appello di Morales: Salviamo il pianeta dal capitalismo

COCHABAMBA, 22 aprile 2010 (IPS) – Gli attivisti riuniti nella Conferenza dei popoli sui cambiamenti climatici e per i diritti della madre Terra, a Cochabamba, in Bolivia, hanno fischiato un messaggio di saluto del segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon, ma hanno applaudito il padrone di casa, il presidente boliviano Evo Morales, quando ha lanciato lo slogan «il pianeta o morte!».

Alcuni partecipanti boliviani al Klimaforum di Copenhaguen del 2009. Daniela Estrada/IPS

Alcuni partecipanti boliviani al Klimaforum di Copenhaguen del 2009.
Daniela Estrada/IPS

Lo stadio di Tiquipaya, alla periferia di Cochabamba, era infiammato, martedì pomeriggio, dalla temperatura oltre i 30 gradi e dal fervore di almeno 20 mila persone e delegati da 125 paesi.

Sebbene invitati, i presidenti dei paesi vicini hanno deciso di non farsi vedere alla Conferenza, che finisce oggi giovedì. Lo stadio, acceso dai multicolori vestiti tradizionali delle nazioni indigene andine e amazzoniche e dalle bandiere di popoli da tutto il mondo, contrastava nettamente con la fredda formalità dei summit presidenziali. Era un palcoscenico perfetto per Morales, il presidente di origine aymara, e per il suo appello a «un movimento intercontinentale» in difesa della Madre Terra.

Il messaggio del segretario generale dell’Onu, letto dal capo della Commissione economica per l’America latina e i Caraibi [Eclac], Alicia Bàrcena, durante il primo giorno della Conferenza, è stato interrotto dai boati e dai fischi degli attivisti che ascoltavano e hanno protestato così contro l’esclusione dei movimenti sociali dal processo decisionale sui cambiamenti climatici.

«Siamo qui con tutto il rispetto per ascoltare quello che avete da dire – ha risposto Bàrcena -. Ci avete invitati, se non ci volete, possiamo andarcene». «Per il capitalismo siamo solo consumatori e una fonte di lavoro e abbiamo il diritto di dire che il capitalismo è nemico del pianeta», ha detto Morales nel suo discorso, acclamato dagli applausi di migliaia di partecipanti, che hanno riempito questo quartiere di Cochabamba dove vivono circa 3 mila persone.

«La giustizia è possibile solo con la solidarietà, l’uguaglianza e il rispetto per i diritti della Madre Terra, dell’atmosfera, dell’acqua e con un nuovo modello di sviluppo – ha aggiunto Morales -. Il capitalismo è il principale nemico dell’umanità, sinonimo di disuguaglianza e distruzione del pianeta», ha detto, invitando i movimenti a organizzarsi dal basso per salvare il pianeta.

Morales ha suggerito di partire con piccoli passi, come l’uso di utensili da cucina biodegradabili al posto di quelli di plastica. Ma ha anche attaccato le colture ogm e il cibo spazzatura.

Franklin Columba, un leader indigeno ecuadoriano, ha rafforzato le parole di Morales dicendo che raggiungere l’equilibrio con la natura è essenziale per salvare la Pachamama, la Madre Terra. «Il Consiglio degli anziani dice che la cura e l’amore sono necessari per tenere pulita la natura. Questa è la vera consapevolezza che gli esseri umani devono raggiungere», ha detto mentre i delegati alla conferenza ascoltavano musica andina e afro-boliviana.

Nicolas Charca, indigeno quechua dalla provincia peruviana di Canchis, ha parlato del bisogno di unire i movimenti e ha espresso la propria profonda preoccupazione per l’inquinamento causato dall’industria petrolifera e mineraria. «Non sono solo i paesi di ricchi da incolpare», ha detto Mitsu Miura, un ricercatore giapponese specializzato in culture indigene, «Saremmo ciechi se li considerassimo come gli unici responsabili».

Lina Velarde, dal New Mexico, uno stato nel sud-ovest degli Stati Uniti e da oltre 40 anni attivista per i diritti degli indigeni, ha sfidato i partecipanti ad assumere iniziative immediate per smettere di consumare i prodotti che inquinano. Velarde ha detto di non essere a favore dell’idea di eliminare il capitalismo e ha sottolineato come non tutti, negli Usa, siano schiavi del consumismo, ma come, per esempio, ci siano molte persone a favore delle politiche di riforestazione.

Un’altra attivista statunitense, Kety Esquivel, impegnata con la rete Latinos in Social Media, ha detto che il capitalismo ha commesso «abusi» perché la moneta, creata originariamente come un mezzo di scambio, ha finito per usare le persone. «Sono gringa, messicana e guatemalteca», ha detto Esquivel per descrivere la sua origine multietnica e il suo impegno per l’umanità in quanto tale. © IPS/Carta

* Articolo pubblicato (e tradotto) dalla rivista Carta. www.carta.org