POLITICA-BIRMANIA: Donne capi villaggio a causa dei conflitti etnici

CHIANG MAI, Tailandia, 1 marzo 2010 (IPS) – Nello stato di Karen, in Birmania, un ordine sociale fondato sulla tradizione e sul dominio maschile riserva storicamente all’uomo il ruolo di capo villaggio. Ma in questa regione orientale del paese, guidato dal regime militare, il vecchio ordine ha cominciato a sgretolarsi, dando vita al nuovo fenomeno delle donne capi villaggio.

“Nei villaggi, molte donne karen hanno assunto il ruolo di leader, anche se questo non viene riconosciuto”, osserva Blooming Night Zan, della Karen Women’s Organisation (KWO), un gruppo formato da oltre 49mila membri che si batte per la causa delle donne karen. “Questa nuova responsabilità che si assumono per necessità deve essere apprezzata”.

Il fenomeno apre una nuova dimensione rispetto alla percezione che si ha di queste donne della comunità karen nella regione, lacerata dal conflitto, ha spiegato in un’intervista Blooming Night Zan. “A causa del conflitto, le donne vengono considerate esclusivamente delle vittime. Ma adesso vediamo che assumono anche un ruolo di leadership, che è molto impegnativo”.

“Questo ruolo richiede moltissimo coraggio, perché bisogna avere a che fare con l’esercito birmano”, ha aggiunto. “Gli stessi abitanti dei villaggi sono molto sorpresi dall’emergere delle donne capi villaggio”.

È una prospettiva riportata in un rapporto appena pubblicato, che descrive questo cambiamento nei ruoli tradizionali in una regione che è vittima del più lungo conflitto separatista in Asia, da quando i ribelli della comunità etnica karen lanciarono la loro campagna militare contro lo stato birmano, nel 1949.

Questo conflitto etnico, uno dei principali in Birmania, anche nota come Myanmar, scoppiò l’anno successivo alla conquista dell’indipendenza del paese dal colonialismo britannico.

“Dopo la caduta della principale roccaforte karen nel 1995 e la conseguente perdita di gran parte del territorio karen, l’esercito (birmano) estese ulteriormente la propria presenza nelle pianure vicine al confine tailandese, e molti villaggi di queste regioni cominciarono a nominare le donne capi villaggio”, si legge nel rapporto di 105 pagine pubblicato dalla KWO.

Le donne colmavano il vuoto lasciato dagli uomini karen che fuggivano dai villaggi per unirsi alla resistenza, o evitavano di assumere il loro ruolo tradizionale per paura di essere perseguiti.

“Quando la persecuzione dell’esercito (birmano) divenne più forte, sempre meno uomini erano disposti a rischiare la loro vita mantenendo quella posizione, e alle donne venne chiesto sempre più spesso di diventare loro i capi villaggio”, si aggiunge nel rapporto ‘Walking Amongst Sharp Knives’.

Ma le testimonianze presenti nel dossier rivelano anche che essere capo villaggio ha effetti controversi per le donne leader, la cui età varia tra i 15 e gli 82 anni. Alcune di loro sono leader dagli anni ’80, dall’intensificarsi dell’escalation del regime militare negli scontri contro la resistenza karen.

“La mia famiglia e altri abitanti del villaggio non mi volevano come leader, ma io ho deciso di diventarlo per il futuro della nostra comunità”, ha dichiarato una donna capo villaggio, tra quelle che la pubblicazione della KWO descrive come dotate di “un notevole grado di forza e determinazione nel voler proteggere i diritti delle loro comunità, noncuranti di tutti i rischi e i sacrifici personali”.

Un’altra di queste donne ha raccontato: “Sono diventata capo villaggio nel 1985 e sono rimasta in carica per 20 anni. La comunità mi ama molto perché ho combattuto per loro”.

Ma essere a capo della comunità è anche un invito agli abusi da parte dell’esercito birmano, noto per le gravi violazioni dei diritti umani, dall’estorsione al lavoro forzato, dalla tortura alle esecuzioni extragiudiziali. “Hanno cominciato a malmenarmi e a torturarmi. Mi hanno colpito al petto, poi mi hanno legato e picchiato con una canna di bambù fino a farla rompere. Poi mi hanno spinto dentro una stanza buia lasciandomi lì per due giorni. Avevo dolori terribili in tutto il corpo”, racconta una delle 95 donne capo villaggio intervistata per il rapporto.

“Quando ero capo villaggio mi hanno costretto a trasportare carichi pesanti, poi mi hanno legato con delle corde durante la notte strattonandomi da una parte all’altra. Quando non riuscivo più a sopportare questa tortura, mi hanno violentata”, confida un’altra donna, affermando che in generale “quasi tutte le donne capo villaggio sono state stuprate” dall’esercito militare, o costrette a procurare “donne di compagnia” alle truppe.

Nonostante tutti gli abusi subiti, queste donne non soffrono in silenzio, come nel caso degli uomini che si sono scontrati con l’esercito birmano. La loro manifestazione di rabbia – spesso espressa anche con forti urla contro l’esercito birmano – è stata osservata anche nella regione che ospita la minoranza etnica Shan, che ha subito simili abusi in un altro conflitto separatista durato decenni.

“Le donne in questa situazione resistono molto di più nel sostegno alla loro comunità”, osserva Charm Tong, membro fondatore della Shan Women’s Action Network (SWAN), un gruppo di donne Shan in esilio che difendono i diritti della loro comunità. “Dimostrano un grande coraggio rivolgendosi ai soldati in modo irriverente come un metodo per proteggere il loro popolo”.

Questo è il risultato di tanti anni di conflitto, anche in regioni come lo stato di Shan, dove l’esercito birmano ha perseguito la “tattica della terra bruciata”, ha detto Charm Tong all’IPS. “Il risultato è stato il trasferimento di ruoli tradizionalmente appartenenti agli uomini, alle donne, che spesso devono accettare passivamente questa imposizione”.

L’ultimo rapporto della KWO è la loro terza pubblicazione in cui si racconta il destino delle donne in un conflitto che, insieme a tutti gli altri scontri affrontati dalle etnie shan e karenni nelle loro rispettive terre d’origine, ha visto oltre 3.500 villaggi distrutti negli ultimi 15 anni.

Il livello di annientamento di questi villaggi, che va oltre il numero documentato in Darfur, Sudan, ha suscitato diversi appelli della KWO e altri gruppi per la tutela dei diritti umani davanti al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, per creare una commissione per i crimini di guerra che indaghi su questi “crimini contro l’umanità”.

La parte settentrionale e quella orientale della Birmania, vicine al confine del paese con Tailandia e Cina, ospitano anche 500mila sfollati interni. Tra questi, donne e bambine che hanno subito stupri da parte dell’esercito birmano come un’arma di guerra: un fenomeno documentato in uno scomodo rapporto del 2002 intitolato “Licenza di stupro”.© IPS