SVILUPPO: Un anno nuovo (non) felice per gli affamati?

ROMA, 4 gennaio 2010 (IPS) – Gli affamati nel mondo hanno un buon motivo per guardare con inquietudine al nuovo anno, vista l’esperienza dei 12 mesi appena trascorsi.

Il numero di persone senza cibo a sufficienza ha oltrepassato la soglia del miliardo per la prima volta nel 2009, e il Vertice mondiale delle Nazioni Unite sulla sicurezza alimentare dello scorso novembre non è stato all’altezza delle aspettative di chi credeva che avrebbe rappresentato una svolta storica per porre fine al flagello della fame nel mondo.

L’incontro presso la sede di Roma dell’Organizzazione per l’agricoltura e l’alimentazione (FAO) è stato snobbato dai leader delle nazioni più potenti, non ha stabilito impegni vincolanti quanto ai finanziamenti per la lotta contro la fame, né ha fissato una data per l’eliminazione della fame nel mondo.

Secondo gli esperti, i prezzi del cibo sono ancora alti nei paesi in via di sviluppo, dopo il picco del 2007-2008 che, insieme alla crisi finanziaria, ha innalzato il numero degli affamati nel mondo a 1,02 miliardi. Si manterrà la volatilità dei prezzi, sostengono.

Per di più, una delle conseguenze del fallimento dei colloqui sui cambiamenti climatici di Copenhagen di dicembre è che non si sono visti progressi in ciò che rappresenta una minaccia crescente per la sicurezza alimentare in molte parti del mondo.

“Se guardiamo all’insieme degli effetti del riscaldamento globale, è nell’ambito della sicurezza alimentare che i nuclei familiari sono maggiormente colpiti”, ci ha spiegato Janet Larsen, direttrice di ricerca dell’Earth Policy Institute. “In sostanza, i raccolti risentono dell’aumento delle temperature e quando le temperature diventano troppo calde, il raccolto può fallire”.

“Anche le risorse idriche subiscono degli effetti. In alcuni luoghi avremo acqua in abbondanza, mentre in altri scarsità estrema. Le nostre risorse idriche sono già messe a dura prova, e lo scioglimento dei ghiacciai avrà conseguenze su diversi fiumi nella stagione secca”.

“C’è poi l’innalzamento del livello dei mari. L’aumento di un solo metro basterebbe a sommergere completamente un’ampia fetta delle risaie del Bangladesh, ad esempio. Si parla di decine di milioni di rifugiati climatici costretti a lasciare le loro terre, perdendo completamente le loro forniture alimentari”.

Vista dunque la triste eredità dell’anno appena trascorso, ci sono speranze di poter risolvere nel 2010 il problema del gran numero di persone affamate? La FAO pensa di sì.

Prima di tutto, anche se per gli esperti FAO i pericoli della crisi alimentare mondiale non sarebbero ancora scongiurati, e sebbene l’indice dei prezzi alimentari abbia raggiunto a novembre un picco massimo in 14 mesi, non si prevede una crisi analoga a quella del 2007-08 per l’immediato futuro.

“Una situazione azionaria sana e buone prospettive di produzione riducono i rischi di forte impennata dei prezzi per i prossimi sei mesi”, spiega Hafez Ghanem di FAO.

Inoltre, sostiene la FAO, con le giuste politiche, è possibile che i paesi in via di sviluppo realizzino progressi nel campo della sicurezza alimentare anche in tempi economicamente più difficili. Nel suo recente rapporto Pathways to Success, la FAO descrive il caso di 31 paesi, tra cui Brasile, Nigeria, Vietnam e Armenia, che hanno capovolto la tendenza negativa riducendo il numero di persone affamate nel loro territorio.

Non esiste una soluzione unica per ogni situazione, eppure queste esperienze suggeriscono che sconfiggere la fame è certamente un compito arduo ma non impossibile, se affrontato con determinazione.

Un denominatore comune di queste esperienze di successo è l’impiego di una strategia su due fronti: investire in agricoltura, soprattutto nei piccoli proprietari agricoli, per promuovere la disponibilità alimentare nel medio periodo, e garantire al tempo stesso reti di sicurezza per la sopravvivenza sul breve periodo dei più bisognosi.

“Il nostro compito è chiaro”, osserva Josette Sheeran, direttrice esecutiva del Programma alimentare mondiale (PAM), una delle tre agenzie alimentari dell’Onu con sede a Roma insieme alla FAO e al Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (IFAD).

“Dobbiamo rispondere ai bisogni alimentari d’emergenza, in caso di flagelli quali siccità e alluvioni. Dobbiamo assicurare l’accesso a cibo nutriente e a reti di sicurezza per coloro che soffrono la fame oggi; e per il futuro, procurare più cibo per una popolazione in continua crescita. Abbiamo gli strumenti e le tecnologie per aiutare le nazioni a raggiungere la sicurezza alimentare”.

Valide reti di sicurezza sono lo strumento giusto per chi soffre la fame, e il più adeguato alle circostanze.

Per esempio, secondo la FAO, i sussidi alimentari sono spesso il modo ideale per migliorare l’accesso al cibo là dove i mercati ci sono, mentre gli aiuti alimentari diretti o i programmi “food-for-work” (cibo in cambio di lavoro) funzionano meglio dove non c’è il mercato, come nelle regioni colpite dalla guerra.

I ministeri dell’economia che lavorano con budget limitati potrebbe trasalire di fronte ai costi di simili programmi. Ma le ricerche dimostrano che dovrebbero essere visti come investimenti in grado di generare dei propri flussi di reddito, e non come misure assistenziali, in quanto aumentano la domanda di produzione alimentare locale e stimolano l’economia.

Gli investimenti agricoli sono fondamentali poiché, secondo la FAO, è il calo sul lungo periodo che spiega perché le statistiche sulla fame nel mondo sono aumentate anche prima dell’impennata dei prezzi del 2007-08.

I piccoli proprietari agricoli e le loro famiglie, ovvero due miliardi di persone (circa un terzo della popolazione mondiale), sono particolarmente importanti, poiché rappresentano gran parte del problema e della possibile soluzione.

Due terzi dei più poveri nel mondo vivono in aree rurali e dipendono dall’agricoltura e attività correlate per la loro sopravvivenza, spiega IFAD.

Ma se dotati delle giuste tecnologie, sementi e know-how necessari per migliorare la produzione agricola e affrontare il cambiamento climatico, saranno in grado di uscire dalla povertà e di contribuire a soddisfare la crescente domanda di cibo di una popolazione mondiale che si prevede raggiungerà i 9,1 miliardi di persone entro il 2050.

La crescita economica derivante dall’agricoltura è in media almeno doppiamente efficace nel beneficiare i più poveri rispetto alla crescita non agricola, spiega la FAO.

Uno dei successi del 2009 è stata la promessa del Gruppo delle otto nazioni più industrializzate avanzata a luglio di mobilitare 20 miliardi di dollari nei prossimi tre anni per l’agricoltura sostenibile nei paesi in via di sviluppo. Ma forse il traguardo più positivo che il mondo ha raggiunto in un anno altrimenti oscuro, in vista del nuovo anno, è il consenso ottenuto al vertice di Roma sulla necessità di dare priorità all’agricoltura e al problema dei piccoli proprietari agricoli.

“È sorprendente aver ottenuto tutto questo consenso”, osserva il vice presidente di IFAD Kevin Cleaver. “Mi sto occupando da lungo tempo di leggere e di redigere strategie, e non ho mai visto un simile consenso da parte degli esperti su come muoverci per il futuro. A livello internazionale e tra agenzie come IFAD e Banca mondiale c’è accordo sulla strategia, ed è un grosso cambiamento rispetto al passato”. © IPS