EDITORIALE: Nepal, il maoismo smascherato

KATHMANDU, 18 maggio 2009 (IPS) – Un video amatoriale mostra il leader del partito maoista del Nepal mentre si vanta di aver ingannato le Nazioni Unite, facendo credere di avere un esercito di 35mila uomini mentre in realtà dispone di soli 7mila guerriglieri, e ammette di aver mentito a tutti sull’impegno per la democrazia e il processo di pace, mentre il suo vero obiettivo è il controllo totale dell’esercito e dello stato.

Kunda Dixit, direttore del settimanale Nepali Times di Kathmandu Nepali Times/IPS

Kunda Dixit, direttore del settimanale Nepali Times di Kathmandu
Nepali Times/IPS

Sarebbe naturale sentire queste parole dal leader di una rivoluzione maoista. Ma Pushpa Kamal Dahal, noto con il nome di battaglia “Prachanda”, le ha pronunciate davanti alle sue truppe l’anno scorso, dopo aver firmato un accordo di pace e prima di essere eletto primo ministro.

Il video è stato diffuso dalle televisioni nepalesi dopo le dimissioni di Prachanda il 4 maggio, in seguito al suo tentativo fallito di rimuovere il capo dell’esercito. Dopo aver visto il leader maoista vantarsi di averli abbindolati, è difficile adesso che gli altri partiti politici si fidino ancora di lui, invitandolo a far parte della nuova coalizione al governo.

La vittoria dei maoisti alle elezioni dello scorso anno ha rappresentato un trionfo per la democrazia, e il Nepal è stato salutato come il modello della fortunata trasformazione di un conflitto in cui un gruppo responsabile di una violenta rivoluzione era salito al governo grazie al voto e non alle pallottole.

Nella registrazione, Prachanda dichiara che è stato tutto il frutto di una tattica elaborata per portare a termine la rivoluzione e appropriarsi del potere totale: “Una volta che avremo l’esercito sotto controllo, potremo fare ciò che vogliamo”.

Era questo l’obiettivo di Prachanda nel rimuovere il capo dell’esercito, il generale Rookmangud Katawal, fermo oppositore dell’incorporazione della guerriglia maoista nell’esercito nepalese. È chiaro che l’intenzione dei maoisti era assumere segretamente il comando di un esercito che non erano riusciti a sconfiggere in 10 anni di resistenza in Nepal.

Ma il presidente Rambaran Yadav è intervenuto confermando l’incarico a Katawal, e Prachanda si è visto costretto alle dimissioni per non perdere la faccia.

La rivelazione sulle vere intenzioni di Prachanda ha creato un'ulteriore spaccatura tra i maoisti e gli altri partiti politici, e questo rende difficile la formazione di un nuovo governo. Finora non sono riusciti a formare una nuova coalizione di maggioranza, e a quanto pare ci vorrà del tempo prima che il Nepal possa avere un nuovo governo.

Il paese non può permettersi un simile ritardo. Il processo per delineare una nuova costituzione federale repubblicana entro il prossimo aprile è già stato rinviato. Migliaia di guerriglieri maoisti che attualmente si trovano nei campi sotto la supervisione delle Nazioni Unite devono essere integrati, riabilitati o smobilitati entro luglio, allo scadere del mandato Onu. Il parlamento è paralizzato.

Negli ultimi nove mesi, l’ossessione per i temi politici del governo guidato dai maoisti ha portato a un deterioramento della legge e dell’ordine, e le attività di sviluppo sono ad un punto morto. L’unica ragione per cui il popolo non è ancora sceso in piazza è che non si è mai aspettato molto dal governo di Kathmandu.

Nel frattempo, i maoisti hanno mobilitato i propri quadri della Lega dei giovani comunisti per lanciare proteste di strada contro il presidente e terrorizzare i sostenitori degli altri partiti. Hanno minacciato “attacchi fisici” contro chiunque sostenga le scelte del presidente e hanno tentato di alimentare fervori nazionalistici accusando l’India di interferire negli affari interni del Nepal.

Nuova Delhi, che dal 2006 guida il processo di pace in Nepal, aveva chiesto a Prachanda di non rimuovere il capo dell’esercito. L’esercito nepalese ha stretti legami con quello indiano, che tra le sue fila conta 60mila soldati gurkha. Le forze di sicurezza indiane sono anche impegnate a combattere la propria guerriglia maoista in sei stati dell’India orientale, e non vedono di buon occhio un Nepal maoista totalitario nella porta accanto.

Dopo essere saliti al potere mediante elezioni, i maoisti non avevano bisogno di ricorrere all’uso della forza, di minacce e intimidazioni. Ma invece di cercare di governare, hanno perso tempo tentando di minare sistematicamente la burocrazia, la magistratura, l’esercito e i mezzi di comunicazione.

Quando il presidente ha fermato i loro tentativi di prendere in mano l’esercito, i maoisti hanno cominciato ad attaccare la stessa figura del presidente costituzionale come istituzione, e adesso hanno paralizzato il parlamento. Molti trovano ironico che un partito che non ha mai nascosto le proprie aspirazioni totalitarie e dotato di un proprio esercito, chieda adesso la “supremazia civile” sull’esercito.

I media nepalesi e gli attivisti per la democrazia hanno molta esperienza nella lotta contro la monarchia assoluta e le dittature. Il problema si presenta quando un leader democraticamente eletto comincia a smantellare le stesse istituzioni che lo hanno aiutato a salire al potere. La nuova sfida per il Nepal è combattere i demagoghi democraticamente eletti.© IPS