POLITICA-ZIMBABWE: La società civile pretende di più dai negoziati

JOHANNESBURG, 19 agosto 2008 (IPS) – Una fila di striscioni contro il presidente dello Zimbabwe Robert Mugabe accoglie i passanti nei curatissimi giardini del Sandton Convention Centre di Johannesburg, dove la crisi politica del paese occupa il primo posto in agenda nel summit della SADC (Southern African Development Community), la comunità per lo sviluppo dell’Africa australe.

Stanley Kwenda/IPS Stanley Kwenda/IPS

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“Mugabe vattene. Fuori Mugabe. Il mondo sta con il popolo dello Zimbabwe”, recitano alcuni striscioni dei dimostranti che venerdì hanno invaso gli spazi del centro conferenze prima di sfilare in corteo per le strade di Sandton.

Obiettivo del corteo, inviare un messaggio ai leader della SADC per esortarli a intervenire con più decisione nella crisi dello Zimbabwe, crisi che ha spinto milioni di profughi a cercare riparo nei paesi confinanti. Si stima che solo in Sud Africa abbiano trovato rifugio almeno tre milioni di persone, in fuga dalla violenza di stato e da un economia al collasso.

Al corteo, organizzato dal Congresso dei Sindacati Sudafricani, hanno partecipato centinaia di cittadini dello Zimbabwe residenti a Johannesburg o accorsi in massa da altre città sudafricane. L’aspetto che più ha colpito, tuttavia, è stato l’imponente armata di organizzazioni della società civile dello Zimbabwe.

“Siamo qui per far sapere ai leader della SADC che qualsiasi trattativa senza il consenso del popolo non avrà successo e noi siamo qui per questo”, ha dichiarato all’IPS Jenni Williams, leader dell’associazione Women of Zimbabwe Arise. “Non vogliamo colloqui elitari che puntano a una spartizione di potere: vogliamo colloqui che portino vantaggi a tutti e noi, in quanto donne, chiediamo che sia riconosciuto il nostro ruolo; non è ancora troppo tardi”.

Le organizzazioni della società civile dello Zimbabwe spingono per essere inserite nei negoziati mediati dalla SADC tra il partito al potere dell’Unione Nazionale Zimbabwe – Fronte Patriottico (ZANU-PF) e il Movimento per il Cambiamento Democratico (MDC). La scorsa settimana i colloqui si sono bloccati, e pare che lo stallo sia dovuto a divergenze sulla ripartizione dei poteri.

“Le differenze sono inconciliabili, entrambi i partiti vogliono il potere ma non sono disposti a condividerlo. A questo punto dobbiamo sottrarre la questione ai politici e formare un governo di unità nazionale che amministri il paese per due anni, per poi andare a nuove elezioni”, ha dichiarato Lovemore Madhuku, dell’Assemblea Costituzionale Nazionale dello Zimbabwe.

Secondo Madhuku, lo Zimbabwe non ha bisogno di negoziati sotto il mandato della SADC, ma di una soluzione inclusiva che può arrivare soltanto attraverso un cambio del sistema di governo. “La SADC e l’UA devono imporre una scadenza certa a questi negoziati, non possono trascinarli così all’infinito: se falliscono, si deve instaurare un governo di transizione che non sia guidato né da Mugabe né da Tsvangirai”.

Per Elinor Sisulu, responsabile dell’ufficio sudafricano della Crisis in Zimbabwe Coalition, invece, è già incoraggiante il fatto che i colloqui si stiano svolgendo.

“Sì, i negoziati sono stati problematici, ma dobbiamo riconoscere che almeno offrono un’alternativa. L’unico problema è che si svolgono in segreto e sono elitari. In un certo senso allontanano i leader politici dall’elettorato. La voce del popolo non si sente”, ha dichiarato Sisulu all’IPS, aggiungendo che l’esito dei colloqui, qualunque esso sia, dovrebbe rispecchiare la volontà popolare e riconoscere i risultati elettorali del 29 marzo, che secondo l’opinione dei più avrebbero visto vincitore l'MDC:

“Se così non fosse, l'MDC dovrebbe rivolgersi ai suoi elettori e consultare il popolo sugli ulteriori passi da compiere”, sostiene Sisulu.

Thomas Deve, analista politico presso l’ufficio della Campagna del Millennio dell’ONU di Nairobi, Kenya, concorda con Sisulu: nonostante il mancato raggiungimento di un accordo, finora i colloqui hanno alleviato la situazione delle masse sofferenti dello Zimbabwe.

“La cosa più importante è che i negoziati hanno dato un po’ di respiro ai cittadini comuni, dopo l’overdose di violenza, e i partiti politici hanno avuto tempo per riflettere sulla situazione”.

La sua opinione è che la SADC non debba accontentarsi del fatto che i due partiti politici rivali si parlino.

“E' ora che la SADC tenga a freno Mugabe, perché la democrazia è sovvertita quando chi ha preso meno voti decide come devono andare i colloqui. È una truffa. Se non si arriva a un accordo bisogna tentare un’altra strada. La via da percorrere è quella del governo di transizione”, afferma Deve.

Nonostante le opinioni divergenti su come procedere, i gruppi della società civile dello Zimbabwe sembrano concordare su un punto: la formazione di un governo di transizione.

“Preferiremmo un governo di transizione per due anni al massimo. Non abbiamo alcuna illusione che la SADC dia una risposta alla crisi in Zimbabwe, l’accordo su cui si sta negoziando per noi è elitario”, afferma Munyaradzi Gwisai, leader del Movimento Socialista dello Zimbabwe. 


Nel frattempo, le trattative per la ripartizione dei poteri tra i rivali politici dello Zimbabwe sono proseguite a margine nel summit, e si vocifera di un accordo in vista. Tutti i partiti hanno partecipato al summit della SADC e Mugabe ha preso posto tra gli altri leader regionali, mentre i due leader dell’MDC si sono accomodati nella galleria degli osservatori.

Il presidente sudafricano Thabo Mbeki, a cui la SADC ha affidato il compito di mediatore, si è detto fiducioso sulle possibilità di un accordo e ha incitato i leader regionali ad aiutare lo Zimbabwe a ottenere stabilità. Fonti vicine ai negoziatori riferiscono all’IPS che i leader della SADC hanno proposto una ripartizione di poteri paritaria tra i due partiti politici.

Ma nel momento in cui i leader si sono messi a tavola per la cena dei capi di stato al Sandton Convention Centre sabato sera, nessun accordo è stato ancora firmato.