ASIA: Un sostegno contro il cambiamento climatico

PATTAYA, Thailandia, 17 luglio 2008 (IPS) – Tre anni dopo il devastante tsunami che ha raso al suolo Banda Aceh, il sindaco di questa cittadina costiera all’estremità settentrionale dell’Indonesia ammette che i lavori di ricostruzione sono tutt’altro che conclusi. E adesso bisogna affrontare le minacce del cambiamento climatico.

UN Photo/Evan Schneider UN Photo/Evan Schneider

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Un motivo di preoccupazione è la diminuzione di fondi dopo lo tsunami del dicembre 2004, che ha provocato quasi 60mila vittime solo a Banda Aceh. “Volevamo creare una fascia verde lungo la costa e incoraggiare la popolazione a restare nelle zone più alte. Ma non siamo riusciti a farlo come si deve, perché c’era carenza di soldi per acquisire la terra”, dice Mawardy Nurdin, il sindaco.

In altre zone, però, l’amministrazione locale è andata avanti con determinazione, piantando mangrovie e lanciando una campagna per piantare alberi con il sostegno della comunità locale. “Ogni famiglia ha ricevuto alberi da piantare e sono state coinvolte anche le scuole. Gli studenti hanno piantato 17mila alberi, tra manghi e altre varietà”, racconta all’IPS.

Il sindaco è venuto a Pattaya, una località turistica a sud di Bangkok, per raccogliere altre idee programmatiche e consigli politici durante un meeting di tre giorni rivolto agli amministratori locali dell’Asia orientale, incentrato sulle sfide poste dal cambiamento climatico.

Questa ricerca è condivisa anche da altri funzionari che formulano le politiche di governo locale in tutta l’Asia orientale.

In Vietnam circa 13 milioni di persone che vivono nella regione del delta a sud del paese rischiano privazioni incalcolabili se il livello del mare si alza. “E’ una zona molto vasta e abbiamo già cominciato a preparare la popolazione ad alluvioni come quello dell’anno scorso, che ha colpito cinque milioni di persone”, dice Che Trung Hieu, responsabile del dipartimento di architettura e pianificazione dell’Istituto di Pianificazione Urbana di Haiphong.

Sono in progetto dighe per proteggere i centri urbani più a rischio, ha segnalato Che in un’intervista. Ho Chi Minh City, la vecchia Saigon, è in cima alla lista dei grandi centri urbani che potrebbero essere inondati dalle acque del fiume e del mare. “Il costo stimato per adattare e preparare queste regioni del Vietnam all’impatto del cambiamento climatico è altissimo. Potrebbe aggirarsi sui cinque miliardi di dollari”, aggiunge Che.

Il meeting di questa settimana a Pattaya indica una tendenza emergente tra i governi locali: prendere l’iniziativa nel preparare le proprie comunità ai cambiamenti drammatici del clima provocati dalle emissioni di gas serra. “I negoziati sul cambiamento climatico finora si sono concentrati al 90-95 per cento sulla riduzione dei gas serra. Questo possono farlo solo i governi centrali”, dice Jerry Velasquez, coordinatore regionale dell’International Strategy for Disaster Reduction, un organismo delle Nazioni Unite.

“Dall’anno scorso, però, ci si è spostati verso l’adattamento. E abbiamo capito che le amministrazioni locali possono avere un ruolo importante”, spiega all’IPS. “In definitiva, le attività necessarie a contrastare e adattarsi al cambiamento climatico vanno attuate a livello locale”

L’iniziativa intrapresa da alcune amministrazioni locali conferma la graduale diffusione di un “approccio dal basso”, senza aspettare che i governi nazionali indichino la via da seguire, aggiunge Velasquez. “Questa volontà sarà ancora più evidente durante la prima conferenza internazionale dedicata alle città dell’Asia, che si terrà a Manila a novembre. I sindaci parteciperanno al dibattito sul cambiamento climatico con ministri e negoziatori”.

Per offrire una guida agli amministratori locali della regione, la Banca Mondiale ha diffuso un piano di intervento durante il “Green Cities Workshop” di questa settimana. Il documento di 149 pagine, intitolato “Climate Resilient Cities – 2008 Primer”, puntava ad “avviare un dialogo” con le amministrazioni cittadine dell’Asia orientale, al fine di “comprendere meglio l’impatto dei cambiamenti climatici e prepararsi alle imminenti catastrofi naturali”, per ridurre le vulnerabilità.

La necessità di proteggere le città dell’Asia orientale dal cambiamento climatico nasce dalle crescenti devastazioni naturali a cui sono esposte man mano che il pianeta si surriscalda, afferma la Banca Mondiale, dato che in questa regione si trovano più di trenta megalopoli, con più di cinque milioni di abitanti, nelle zone costiere. Tra queste, Giacarta, Bangkok, Ho Chi Minh City e Manila.

Secondo la Banca Mondiale, la Cina è al primo posto tra i paesi dell’Asia orientale con popolazioni costiere “più vulnerabili all’innalzamento del livello del mare”. Il colosso della regione ha circa 80 milioni di persone che si trovano esposte, seguito da Giappone, con 30 milioni, Indonesia, con 25, Vietnam, con 13, Thailandia con 13, Filippine, con sette milioni e Birmania, con tre.

“Gli urbanisti dovrebbero sapere cosa dovrà affrontare una città vicino al mare se si verifica un innalzamento del livello del mare a causa del riscaldamento globale. Devono raccogliere dati e analizzare le tendenze storiche. Il documento della Banca Mondiale offre uno strumento per farlo”, dice Neeraj Prasad, principale esperto ambientale del gruppo di indirizzo e intervento per lo sviluppo sostenibile della Banca Mondiale.

“L’analisi economica, inoltre, evidenza enormi opportunità non sfruttate nei regolamenti edilizi e nei progetti, per aumentare le protezioni e il risparmio energetico nel settore urbano”, ha dichiarato all’IPS. “Così non solo si avrà uno stile di vita migliore, ma anche un modo per affrontare il cambiamento climatico ottenendo un ritorno economico”

“Le megalopoli del mondo sono qui, nell’Asia orientale. È qui che l’impatto del cambiamento climatico si sentirà di più”, aggiunge.