RIFUGIATI: Cercando un posto al sole

RIETI, 30 giugno 2004 (IPS) – C’è una nuova massa di persone “wandering”, in fuga dalla propria casa in cerca di una vita migliore. Non sono spinti dalla persecuzione politica, ma dalla deforestazione, dal riscaldamento del globo terrestre, dalle catastrofi naturali, dai disastri industriali e nucleari. Sono i rifugiati ambientali

”Ci sono 30 milioni di questi rifugiati”, ha detto ad IPS Essam El-Hinnawi del Natural Resources and Environment Institute del Cairo. ”Questo numero è destinato a crescere con il deterioramento dell’ambiente e delle condizioni economiche in alcune zone del mondo in via di sviluppo”. Per il World Disasters Report, pubblicato ogni anno dalla Federazione Internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa, ci sono 5.000 nuovi rifugiati ambientali ogni giorno.

Il Direttore del Programma Ambientale delle Nazioni Unite (UNEP) Klaus Toepfer va oltre, stimando che per il 2010 il numero dei rifugiati ambientali raggiungerà i 50 milioni. Un incremento di 8.500 nuovi rifugiati ogni giorno.

El-Hinnawi è stato il primo a identificare i rifugiati ambientali nel 1985, per conto dell’UNEP. Ma questi non sono riconosciuti come rifugiati dalla legge internazionale e non possono richiedere protezione o asilo.

La Convenzione di Ginevra adottata dalle Nazioni Unite nel 1951 non tutela i rifugiati ambientali. Secondo la Convenzione, un rifugiato è qualcuno che soffre persecuzione “per ragioni di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un particolare gruppo sociale o opinione politica”.

L’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati (UNHCR) distingue tra rifugiati per ragioni politiche o sociali (si ritiene che siano circa 20 milioni), e coloro che sono considerati solamente “displaced persons”.

”La Convenzione non è sufficiente”, dice Federico Longo che lavora con i richiedenti asilo a Venezia ha detto ad IPS. “E’ troppo legata alla situazione post guerra che l’ha originata”.

Longo era tra gli attivisti ed esperti provenienti da 22 paesi che hanno partecipato al secondo Meeting Internazionale sul tema dei rifugiati e dei richiedenti asilo, a Rieti nella settimana precedente della Giornata Internazionale dei Rifugiati celebrata il 20 giugno. Il meeting è stato organizzato da A.R.I. Onlus (Associazione Rieti Imigrant), una organizzazione non governativa locale, con il supporto dell’amministrazione comunale.

I delegati chiedono una revisione della Convenzione di Ginevra. “La definizione del diritto di asilo e di aiuto umanitario deve essere pensata diversamente per inglobare i cambiamenti storici, politici e ambientali degli ultimi 50 anni”, ha detto Longo.

“Solo leggi nazionali locali si occupano di loro – spiega El-Hinnawi -. Deve essere adottata dalle Nazioni Unite una nuova classificazione dei rifugiati”.

I disastri causati dalle attività umane sono aumentati e hanno provocato lo spostamento forzato di milioni di persone, ha detto El-Hinnawi. “L’aiuto di emergenza aiuta solo alcune situazioni specifiche, ma non è una soluzione”.

Si prevede che il numero di rifugiati ambientali crescerà drammaticamente come risultato dei fattori climatici che portano all’erosione del suolo, al riscaldamento del globo terrestre e all’inquinamento dell’acqua.

L’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), il settore scientifico delle Nazioni Unite responsabile per la valutazione delle cause e dell’impatto del cambiamento climatico, prevede 150 milioni di rifugiati ambientali entro il 2050.

In Cina circa 4.000 villaggi sono minacciati dalla desertificazione, secondo l’Asian Development Bank. Il deserto del Gobi si sta espandendo al ritmo di 10.400 chilometri quadrati all’anno.

In Nigeria circa 3.500 chilometri quadrati di terra diventano deserto ogni anno.

Nelle province iraniane di Baluchistan e Sistan gli abitanti hanno abbandonato circa 124 villaggi negli ultimi anni a causa dell’avanzamento della sabbia.

Le piccole isole-stato del Pacifico come Tuvalu sono minacciate dall’innalzamento dei livelli del mare.

Ma anche l’Olanda e la Danimarca sono in pericolo. “L’IPCC prevede che nei prossimi cento anni il livello del mare crescerà di almeno un metro a causa dell’innalzamento della temperatura”, ha detto ad IPS Roberto della Seta, presidente di Legambiente. ”Nel solo Bangladesh questo fenomeno creerà tra 20 e 40 milioni di rifugiati”.

Ci si aspetta che la mancanza d’acqua diventerà un problema notevole. Le falde acquifere sotto Sana’a, la capitale dello Yemen, spariranno per il 2010, secondo la Banca Mondiale.

Molti rifugiati ambientali non passano i confini nazionali, ma sono “internally displaced”. Questo è stato il caso della catastrofe nucleare di Chernobyl nel 1985 e della fuga di gas a Bhopal, in India, nel 1984. I poveri dei paesi in via di sviluppo sono i più vulnerabili al cambiamento climatico. “Le persone più povere non contribuiscono al cambiamento climatico in un modo considerevole, e non ne traggono benefici economici, ma pagano il prezzo più alto e sono più vulnerabili ai suoi effetti”, accusa Rising Tide Climate Justice Network.