PENA DI MORTE-USA: Gli abolizionisti vedono la vittoria all’orizzonte

BOSTON, 20 marzo 2007 (IPS) – I sostenitori della campagna contro la pena di morte negli Usa sono convinti che la tendenza verso una messa al bando nazionale delle esecuzioni capitali sia ormai inarrestabile; secondo alcuni si arriverà alla chiusura definitiva dei bracci della morte entro 15 anni.

“Si sta per scatenare una tempesta che ormai si prepara da alcuni anni”, ha detto all’IPS David Elliot, della Coalizione Nazionale per l’abolizione della pena di morte.

Dei 50 Stati Usa, 38 mantengono la pena di morte, secondo il Death Penalty Information Centre.

Due Stati (Maryland e New Jersey) sembra siano sul punto di abolire la pena capitale; e altri quattro (Connecticut, Illinois, New Mexico e North Carolina), ha riferito Elliot, dovrebbero seguirli, vietando questa pratica nel proprio territorio.

Altri, tra cui Arkansas, Missouri e South Dakota, hanno posto una moratoria sulle esecuzioni, a seguito di una recente sentenza della Corte suprema Usa. In California, un giudice federale ha fermato le esecuzioni ordinando un’indagine sul sistema della pena di morte in questo Stato.

Entro 15 anni, l’intero sistema Usa della pena capitale potrebbe essere completamente soppresso, secondo Elliot.

Nell’ottobre 2006, secondo il Death Penalty Information Centre, 3.334 persone si trovavano nel braccio della morte. Generalmente, è il governatore dello Stato a decidere quando una pena deve essere eseguita, e non è inusuale che un detenuto resti in attesa di esecuzione per 10 anni, o anche di più. Dal 1976, quando la pena di morte è stata ripristinata, sono state giustiziate 1.064 persone negli Usa.

Gli attivisti fanno risalire l’inizio della fine della pena capitale negli Usa al rifiuto, sette anni fa, del governatore dell’Illinois, George Ryan, di firmare un ordine di esecuzione.

A questa coraggiosa presa di posizione era seguita una moratoria di Stato ufficiale, che è ancora in vigore oggi.

“Potevo mandare a morte un altro figlio dell’uomo, in base a un sistema di pena capitale così imperfetto come quello che abbiamo in Illinois?”, chiedeva Ryan all’epoca.

Di recente, altri funzionari e governatori hanno espresso pubblicamente le loro incertezze sul sistema della pena capitale, in particolare dopo gli episodi di esecuzioni dolorose e disumane, e su un metodo che ha certamente mandato a morte persone innocenti.

Il governatore del Maryland, Martin O’Malley, è tra coloro che hanno preso parte attiva nell’attuale dibattito sull’abolizione nazionale di questa pratica.

“Dal 1978, abbiamo giustiziato cinque persone e liberato un accusato, dopo che era stata dimostrata la sua innocenza. C’è qualcuno tra noi che vorrebbe sacrificare la vita di un membro della nostra famiglia – accusato, condannato e giustiziato a torto – per assicurare l’esecuzione di cinque assassini condannati a ragione?”, ha chiesto O’Malley in un recente articolo sul Washington Post.

In Montana, il vice procuratore generale John Connor, uno dei principali pubblici ministeri dello Stato, ha annunciato all’assemblea legislativa che non vuole più che il suo nome venga associato alla pena di morte.

“Mi sembra assolutamente incongruente dire che rispettiamo la vita a tal punto da dedicare tutto il nostro denaro, tutte le nostre risorse, la nostra competenza legale e il nostro intero sistema, per giudicarti e toglierti la vita… Francamente, non credo che io potrei continuare a farlo”, ha detto Connor all’assemblea, secondo quanto riferito dall’agenzia stampa Associated Press.

In tutto il paese, negli ultimi 30 anni, 123 detenuti nel braccio della morte sono stati dichiarati innocenti, ha riferito l’avvocato del Maryland Paul B. DeWolfe in un’intervista con l’IPS. Molte di queste persone hanno denunciato il tipo di trattamento loro riservato, e a molti non è piaciuto quello che hanno sentito.

“È a seguito di questi casi, che il pendolo ha cominciato a oscillare contro la pena di morte”, ha detto DeWolfe.

Una delle persone prima condannate e poi prosciolte, e attuale attivista contro la pena di morte, è Juan Melendez. È stato liberato dalla prigione della Florida nel 2002, dopo essere rimasto nel braccio della morte per quasi 18 anni.

Ha raccontato all’IPS che la sofferenza peggiore era stata vedere le guardie che venivano a prelevare un uomo che aveva vissuto nella cella accanto alla sua, e al quale era ormai molto legato, per giustiziarlo.

“C’era la sedia elettrica allora, con una potenza di 2.010 volt. Quando andò via la luce [nella prigione], capì che stavano spezzando la sua vita, mentre io non potevo far niente”, ha detto.

La prigione era piena di topi e scarafaggi, ha ricordato, e non c’era l’aria condizionata.

Centinaia di gruppi di cittadini, organizzazioni religiose, avvocati e legislatori, si sono uniti agli attivisti come Melendez, per dare al movimento abolizionista il forte slancio che ha oggi.

La mobilitazione si basa su diversi punti. Tra questi, la questione dei costi.

“Uccidere due uomini anziani ogni anno per 50 milioni di dollari? Ci sono modi migliori per garantire la sicurezza pubblica”, ha detto all’IPS Mark Elliot, di Florida Alternatives to the Death Penalty.

Un altro punto è il razzismo. Il sistema della pena di morte negli Usa viene considerato fortemente discriminatorio nei confronti delle persone di colore.

“È particolarmente curioso che dal 1769 non sia stato giustiziato nemmeno un bianco per aver ucciso un nero. Questa è la realtà della pena capitale in Florida”, ha osservato Elliot.

Un’accurata indagine sull’iniezione letale – il metodo di esecuzione utilizzato in 37 Stati – è stata avviata a seguito di un provvedimento della Corte suprema Usa che forniva i mezzi legali per fermare le esecuzioni in molti Stati.

“Ci era stato venduto come un metodo più 'umano' di morire. Ma stiamo imparando che non può esistere nessun metodo umano di giustiziare qualcuno”, ha dichiarato David Elliot.

L’anno scorso, la Corte suprema ha stabilito che i detenuti nel braccio delle morte possono dichiarare in tribunale che l’iniezione letale viola l’ottavo emendamento della Costituzione americana, che proibisce le pene crudeli e inusitate. Dieci Stati hanno velocemente vietato ogni esecuzione. La Corte suprema è giunta a questa decisione dopo aver esaminato il caso in Florida di Clarence Hill, un uomo con l’età mentale di un bambino 10 anni che era rimasto nel braccio della morte per quasi un quarto di secolo.

Nonostante lo storico decreto della corte, la vita di Hill non è stata risparmiata. Tre mesi dopo, l’allora governatore Jeb Bush ha emesso il mandato di esecuzione e Hill è morto per iniezione letale. Solo pochi mesi dopo la Florida ha giustiziato un altro prigioniero, Angel Nieves Diaz, la cui agonia si è prolungata per più di 34 minuti.

“Questo sembra senz’altro aver scatenato una forte reazione generale”, ha detto all’IPS Todd Doss, avvocato sia di Hill che di Diaz.

Oggi i sondaggi mostrano che una leggera maggioranza di cittadini Usa preferisce l’ergastolo senza condizionale alle esecuzioni, ha spiegato all’IPS Judi Caruso, della Coalizione contro la pena di morte del New Mexico. Il sondaggio Gallup 2006 mostrava che per la prima volta dopo 20 anni la popolazione si sta allontanando dall'esecuzione capitale, con il 48 per cento di persone che preferiscono l’ergastolo senza condizionale.

“Stanno rivalutando un sistema che è guasto; guasto senza possibilità di essere riparato”, ha detto Caruso.