Il Ruanda è pronto ad entrare nel mercato della moda africano

KIGALI, nov, 2013 (IPS) – Quando a sei anni la stilista ruandese
Colombe Ituze Ndutiye ha iniziato a disegnare,
pensava che da grande sarebbe diventata una
fumettista.

La designer Sonia Mugabo (in blu) sulla passerella del Serena Hotel durante la seconda edizione della Kigali Fashion Week Amy Fallon/IPS

La designer Sonia Mugabo (in blu) sulla passerella del Serena Hotel durante la seconda edizione della Kigali Fashion Week
Amy Fallon/IPS

Ma oggi, all’età di 25 anni, Ndutiye è la prima ruandese ad avere un proprio marchio di moda, “INCO icyusa“, oltre ad essere una dei 10 stilisti locali ad aver visto sfilare le proprie creazioni in passerella per la seconda edizione del Kigali Fashion Week lo scorso 8 novembre.

“Volevo realizzare qualcosa di giovane e di più classico ma ho aggiunto anche accessori tradizionali per unire culture molto diverse tra loro”, spiega Ndutiye all’IPS parlando della sua nuova collezione, Wild Identity (“Identità selvaggia”).

“Si tratta di accessori che vengono indossati per lo più nei matrimoni, sono il simbolo di un’usanza ruandese. Per me, l’elemento “selvaggio” sta nell’averli mescolati con elementi della cultura occidentale”, afferma Ndutiye, che si è avvicinata per la prima volta alla moda dopo aver conosciuto una stilista belga in Ruanda.

L’economia ruandese ha fatto molta strada dal genocidio del 1994, che causò la morte di un milione di persone in meno di 100 giorni. Prima del ‘94, il settore industriale del paese era “piccolo e poco competitivo” e produceva sapone, tessuti, bibite, mobili e oggetti di plastica. Ma adesso il governo punta a trasformare il Ruanda nella Singapore africana.

“Il Ruanda vorrebbe uguagliare e replicare le Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione di Singapore in Africa, creando politiche favorevoli per le TIC così da porre le basi per un proprio settore di Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione”, si legge in un rapporto diffuso ad ottobre dalla Consultancy Africa Intelligence, una società di consulenza con sede in Sud Africa.

Dopo il genocidio, si dice nel rapporto, il Ruanda è progredito molto nel settore delle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (TIC).

E c’è la speranza che il paese riesca ad avere altrettanto successo con la moda. L’impresa locale House of Fashion è stata fondata quasi due anni fa per sostenere e promuovere l’industria ruandese. Il direttore della House of Fashion, John Bunyeshuli, pensa che i ruandesi abbiano uno stile “raffinato”, con una fascia alta della popolazione che può permettersi di viaggiare in Europa per acquistare i vestiti.

“Ma le fasce di reddito medio comprano i vestiti per lo più nei mercati dell’usato”, dice Bunyeshuli all’IPS.

“È come se la gente considerasse la moda un’attività non adatta alle persone serie” afferma.

“Il Ruanda è un paese nuovo, stiamo ancora cercando di metterci al passo. Gli stilisti organizzano sfilate di moda, certo, ma sono considerate un lusso”, sostiene Bunyeshuli.

Per la LDJ Production, la società che ha gestito la settimana della moda di New York (New York Fashion Week, NYFW) nel decennio scorso, in Ruanda ci sono senz’altro i presupposti per una crescita nel settore dell’abbigliamento.

La fondatrice e amministratore delegato Laurie DeJong, ha seguito da vicino Ndutiye negli ultimi due anni, dopo aver sentito parlare di lei tramite il programma Peace Through Business (PTB), un’iniziativa dell’organizzazione Usa non-profit Institute for Economic Empowerment of Women.

Il programma prevede l’affiancamento da parte di un’imprenditrice occidentale di donne afgane o ruandesi, al fine di potenziarle. Benché Ndutiye non fosse stata selezionata per il programma, la fondatrice del PTB ha messo in contatto DeJong con la stilista africana.

“La moda è una delle principali industrie al mondo”, ha detto DeJong all’IPS.

“La New York Fashion Week è uno degli eventi più importanti di New York, ed è anche quello che genera i proventi maggiori. Penso che le possibilità per questo paese [il Ruanda] di produrre introiti siano enormi”, afferma.

Per la sfilata della settimana della moda di Kigali dell’8 novembre, la LDJ ha contribuito fornendo accessori, fornendo la passerella e curando le installazioni di luci e suono. Hanno anche organizzato worskhop di marketing e business e un servizio fotografico per ogni stilista.

“Questo per noi non è niente rispetto a quello a cui siamo abituati, ma è anche difficile per noi lavorare in un paese che non dispone delle risorse su cui possiamo contare in genere”, afferma DeJong. “Ma qui hanno molta voglia di imparare e si dedicano all’attività con serietà ed impegno”.

La nuova promessa della moda ruandese, la designer Michaella Rugwizangoga, pensa che ci sia un gap nel mercato locale, e vuole rimanere in Ruanda a lavorare sulla sua linea Chicissime, che è stata lanciata lo scorso anno.

“L’industria della moda in Africa orientale è nata molto prima, e gli stilisti sono più esperti. Inoltre il paese da cui provengo, la Costa D’Avorio, è sulla costa, non è un paese senza sbocco sul mare come il Ruanda, quindi c’è molta più scelta di tessuti”, dice Rugwizangoga.

Rugwizangoga ci tiene a portare l’attenzione sul successo ottenuto dagli stilisti ganesi e nigeriani che ora stanno vendendo i loro modelli nei grandi magazzini Selfridges di Londra. Selfridge distribuisce il marchio Ndani, la marca del progetto di moda nigeriano che fa da trampolino di lancio per diversi stilisti nigeriani. Ma in Ruanda, come fa notare la stilista, “l’industria della moda è recente, e per questo c’è moltissimo entusiasmo e curiosità”.

In Ruanda però oggi manca una scuola di moda locale. E la belga Candy Basomingera, che ha collaborato con Sonia Mugabo nella creazione della collezione femminile African Exquisiteness, vorrebbe saperne di più sull’industria della moda.

“Non abbiamo una scuola di moda qui… Gli allievi imparano sul campo ma non sarà mai come aver frequentato una scuola dove ti insegnano le basi prima di fare un tirocinio nelle grandi case di moda”, spiega Basomingera, che sta pensando di lanciare una sua collezione online.

Basomingera, che è in parte belga congolese e in parte ruandese, lavorava nella sanità pubblica ma un anno fa, alla scadenza del contratto, ha deciso di avventurarsi nel campo della moda.

La donna spiega che le piacerebbe moltissimo se stilisti, modelli, sarti e fotografi ruandesi potessero viaggiare e rendersi visibili agli occhi dell’industria della moda internazionale.

Il suo sogno potrebbe avverarsi. Alcune stiliste ruandesi potrebbero infatti partecipare alla New York Fashion Week l’anno prossimo.

E si sta già pensando agli sponsor internazionali da invitare alla terza edizione della settimana della moda di Kigali. Ma prima ci sarà una mini edizione della Fashion Week, a maggio, organizzata con una scuola di moda locale e che richiamerà figure della grande industria da Stati Uniti, Canada e Gran Bretagna. L’obiettivo a lungo termine è quello di istituire la prima accademia d’arte ruandese, in collaborazione con la società House of Fashion.