Prepararsi a rimandare il giorno del giudizio

ISTANBUL, feb 2013 (IPS) – La Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari (Ican) ha adottato una nuova strategia per coinvolgere più attivamente cittadini e politici per spingere verso una messa al bando globale delle armi nucleari.

 Ican


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La strategia è stata illustrata in occasione una conferenza dell’Ican tenutasi a Istanbul la settimana scorsa.

La nuova strategia dell’Ican, una coalizione di 286 organizzazioni non governative (Ong) di 68 Paesi che lotta contro la proliferazione delle armi nucleari con l’obiettivo della loro messa al bando, punta a sensibilizzare sia l’opinione pubblica che le autorità sulle conseguenze di un’esplosione nucleare.

L’Ican vuole andare oltre la retorica e propone, con il coinvolgimento degli stati sensibili al tema, misure concrete per affrontare un disastro nucleare. Il 2 e il 3 marzo di quest’anno ospiterà un forum internazionale della società civile a Oslo, cui farà seguito una conferenza di esperti sulle minacce nucleari militari, organizzata dal governo norvegese con l’appoggio di altre 16 nazioni.

“I funzionari di governo insistono sempre sull'impossibilità di una piena attuazione del Trattato di non proliferazione (Tnp), difficilmente concepibile in termini pratici”, ha detto a IPS Arielle Denis, coordinatrice dell’Ican per Europa, Medio Oriente e Africa. “Noi pensiamo che esista una documentazione sui trattati internazionali che hanno portato alla proibizione di altre armi letali. Se la comunità internazionale riesce a bandire le mine terrestri e le bombe a grappolo, può certamente bandire anche il possesso di armi nucleari”.

La coalizione di Ong afferma che qualsiasi Paese, anche se in possesso di armi nucleari, potrebbe essere l’obiettivo di un attacco militare nel nuovo assetto geopolitico, il che, secondo la coalizione, incoraggia la proliferazione di stati canaglia e organizzazioni terroristiche. “Sebbene non sia stata usata nessuna arma nucleare dal 1945, oggi il cyber-terrorismo rende realistica l’esplosione di una testata nucleare”, ha detto Denis.

Al centro della strategia, l’aspetto umanitario di un’esplosione nucleare, anche di un singolo dispositivo. Nel 2012 l’Ican ha pubblicato una relazione che identifica i danni a breve e a lungo termine sulle popolazioni locali. Le onde d’urto dell’esplosione che viaggiano a centinaia di chilometri orari sono letali per ogni cosa o persona che si ritrova in prossimità dell’epicentro della detonazione, che spesso si volatilizza a causa della pressione e del calore estremi. Nelle zone più lontane, gli effetti sono carenza di ossigeno e eccesso di monossido di carbonio, con danni ai polmoni e alle orecchie, ed emorragie interne.

Ma le conseguenze dovute alle radiazioni vengono avvertite a distanze anche maggiori. In questo caso, viene colpita la maggior parte degli organi con effetti che durano decenni e con alterazioni genetiche nelle vittime e nei loro discendenti.

Tutte queste affermazioni sono corroborate da diversi studi del governo statunitense e istituti di ricerca effettuati tra gli anni ’70 e lo scorso decennio. Nell’ipotesi di un attacco nucleare che sfrutti tre testate di media potenza contro una base intercontinentale di missili balistici nella “farm belt” americana, gli stati medio-occidentali degli Usa, è stato calcolato che il numero dei morti sarebbe tra 7,5 e 15 milioni, con 10-20 milioni di feriti gravi.

L’aspetto umanitario dei sopravvissuti sarebbe praticamente impossibile da gestire, poiché la presenza di radioattività costringerebbe 40 milioni di persone a trasferirsi il più lontano possibile. Si è stimato che il trasferimento durerebbe da diverse settimane ad alcuni anni.

La “cintura agricola” degli Stati Uniti è un’area rurale. La densità di popolazione europea è tre volte quella statunitense, e un’esplosione nucleare avrebbe un impatto umanitario più catastrofico sui centri europei.

L’Ican, creata nel 2007, opera attraverso un gruppo direttivo internazionale di personalità ed esperti in armi nucleari e un piccolo staff a Ginevra, che coordina le campagne e gli eventi internazionali. Le Ong membri dell’Ican forniscono supporto alle attività regionali.

L'attività dell'Ican prende spunto fondamentalmente dal Tnp, firmato il primo luglio del 1968 a New York, e gradualmente ratificato da 189 Paesi, escluso India, Pakistan e Israele. La sua validità è stata estesa a tempo indefinito nel maggio del 1995.

Tra i firmatari del Tnp si distinguono stati dotati di armi nucleari e stati che non ne possiedono. Il primo gruppo è formato da Gran Bretagna, Cina, Francia, Russia e Stati Uniti, le stesse nazioni che formano il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

L’articolo 6 del Tnp richiede agli stati firmatari di perseguire “negoziati in buona fede per mettere in atto misure efficaci volte a una rapida cessazione della corsa agli armamenti nucleari e al disarmo nucleare”, e verso un “trattato su un disarmo generale e totale sotto uno stretto ed efficace controllo internazionale”.

“Il disarmo dev’essere generale e completo”, ha detto Denis. “Negli anni ’90 c’era qualche ambiguità sul testo del Trattato al riguardo, che però è stato poi chiarito dal diritto internazionale, e tutti gli stati in possesso di armi nucleari devono iniziare il processo di smantellamento”.

Gli Usa hanno sempre interpretato l’articolo 6 come se non avesse effetto vincolante sulle parti. Ma in un processo consultivo dell’8 luglio 1996 la Corte internazionale di giustizia aveva affermato che “esiste l'obbligo di perseguire in buona fede e di portare a conclusione negoziati volti al disarmo nucleare in tutti i suoi aspetti sotto uno stretto ed efficace controllo internazionale”.

La mancanza di una volontà evidente da parte degli stati in possesso di armi nucleari a sedersi al tavolo dei negoziati ha alimentato la determinazione delle Ong che formano l’Ican di migliorare la consapevolezza di cittadini e politici di tutto il mondo sulle minacce conseguenti al mantenimento dell’arsenale nucleare.

Sebbene il numero di testate nucleari si sia drasticamente ridotto dopo la fine della Guerra fredda nei primi anni ’90, da 60mila a 19mila, l’Ican teme i continui progressi tecnologici di queste armi nei Paesi dotati di armi nucleari.

Negli Usa la spesa per il nucleare ha raggiunto i 61,3 miliardi di dollari nel 2011, un dieci per cento in più rispetto all’anno precedente. I nove stati dove si sa, o si sospetta, della presenza di centrali militari nucleari hanno aumentato nello stesso periodo la loro spesa del 15 per cento, arrivando a 105 miliardi di dollari. Dal 1958, Israele ha adottato una politica per cui non c’è né conferma né negazione circa il possesso di un arsenale nucleare.

“Questo livello di spesa dimostra chiaramente che i Paesi dotati di armi nucleari non hanno nessuna intenzione di liberarsene nell’immediato futuro”, ha detto Denis. “I governi di questi stati dicono che smantelleranno il loro arsenale non appena chi ne è in possesso farà lo stesso. È un circolo vizioso senza fine”.