L’India per la conservazione della biodiversità

HYDERABAD, India, ott 2012 (IPS) – L’Autorità nazionale per la biodiversità dell’India (Nba) sta promuovendo attivamente il decentramento dei mezzi di sussistenza di base, considerato il modo migliore per conservare la biodiversità e richiesto dal Protocollo di Nagoya, sull’accesso alle risorse genetiche e l’equa ripartizione dei benefici.

Keya Acharya/IPS Keya Acharya/IPS

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Keya Acharya/IPS

La scorsa settimana, in occasione dell’undicesima Conferenza delle parti (Cop11) della Convenzione Onu sulla Diversità Biologica (Cbd, nell’acronimo inglese) il premier indiano Manmohan Singh ha annunciato l’approvazione da parte dell’India del Protocollo di Nagoya, e ha promesso 50 milioni di dollari da investire negli sforzi per la tutela della biodiversità nazionale.

Nel 2010, al meeting della Cbd a Nagoya, Giappone, le parti si erano accordate per dimezzare entro il 2020 il tasso di perdita dell’habitat, ricostruire gli ecosistemi degradati e intervenire per evitare l’estinzione delle specie a rischio.

Ma trovare le centinaia di miliardi di dollari necessari per raggiungere i 20 “obiettivi di Aichi” del protocollo si è dimostrato problematico e ha dominato gran parte del dibattito della conferenza Cop11 tenutasi in questa città dell’India meridionale, con oltre 174 paesi partecipanti.

“Abbiamo discusso di dove prendere le risorse ma senza prendere in considerazione le comunità locali, non riconoscendo che sono loro ad avere tutte le risposte”, ha affermato il presidente di Nba, Balakrishna Pisupati.

Nba ha iniziato a documentare l’impegno nella conservazione della biodiversità a livello nazionale, per avere un quadro più chiaro e poter agire sul piano delle politiche.

Il Centro studi sulla gestione delle risorse naturali e forestali (Cefnarm) del dipartimento forestale di Andhra Pradesh, lo stato meridionale che ha ospitato la Cop11, è stato invitato a collaborare nello studio.

Il Centro ha identificato 80 siti nel territorio, dove per la tutela della biodiversità si sono individuati sistemi di sussistenza che utilizzano la flora, la fauna e le conoscenze tradizionali delle comunità locali. Circa 25 casi di studio vengono ora promossi come modelli da replicare sul territorio.

I mezzi di sussistenza in questi casi di studio prevedono l’utilizzo sostenibile del bambù per lavori artigianali, la raccolta di prodotti forestali non legnosi come il miele e la gomma, la conservazione di piante medicinali, mangrovie, attività di ecoturismo a livello di comunità.

Il direttore generale del Cefnarm, P. Raghuveer, dà fiducia alle organizzazioni non governative, che stanno svolgendo un lavoro “notevole” sul campo nell’Andhra Pradesh. La conservazione delle mangrovie nel villaggio di Kobbari Chettupeta, vicino alla costa nel distretto East Godavari di Andhra Pradesh, è adesso supportata dalla M.S. Swaminathan Research Foundation (Mssrf), un’organizzazione che ha contribuito a ripristinare la biodiversità marina e costiera nell’area.

La Mssrf è subentrata nel 1996, quando una severa tempesta ciclonica distrusse diverse comunità della zona e Mythu Sathya Rao, un abitante del posto di 60 anni, notò che proprio i villaggi senza mangrovie avevano subito i danni maggiori.

Mythu Rao portò l’attenzione del villaggio sulla conservazione delle mangrovie. La Mssrf sta partecipando agli sforzi di tutela fornendo delle stufe senza canna fumaria, che evitano l’utilizzo delle ramaglie di mangrovie.

Nelle zone interne del distretto di East Godavari, la protezione della specie Akuru delle foreste Kakinada da parte dei villaggi limitrofi attraverso comitati forestali creati con l’aiuto del dipartimento forestale ha permesso di ridare vita ai boschi di bambù nativi.

Il bambù, che viene raccolto in modo da permetterne la ricrescita, costituisce oggi un’eccellente fonte di sostentamento per le comunità tribali della regione.

Nel 2010, le vendite di bambù hanno generato un guadagno netto di quasi 200mila rupie (circa 4mila dollari), divise equamente tra il dipartimento forestale e il comitato del villaggio.

Il denaro è servito a soddisfare le necessità di 14 famiglie della comunità. Araghati Sanyasi, vedova, ha utilizzato la sua parte di ricavo dalla vendita di bambù per costruire una casa, istruire i suoi tre figli e pagare le spese per il matrimonio di due di loro.

“Sono esempi di ciò che significa davvero l’economia degli ecosistemi e della biodiversità (The Economics of Ecosystems and Biodiversity, Teeb)”, ha affermato Pisupati. L’India ha un piano ambizioso basato su questa iniziativa per valorizzare la propria ricchezza di risorse naturali, con l’obiettivo di un utilizzo efficiente e sostenibile entro il 2015.

Anche altri paesi dell’Asia meridionale, come il Nepal e il Bangladesh, hanno mostrato interesse per il progetto.

Elaborata dai ministri dei paesi del G8 e dei paesi in via di sviluppo per studiare l’economia della perdita della biodiversità e quindi fornire soluzioni al degrado dell’ambiente, la Teeb ha anche l’obiettivo di collegare policy maker, ambientalisti e aziende private.

In occasione della Cop11, il premier Singh ha parlato degli sforzi unici dell’India nella conservazione della biodiversità, ad esempio attraverso una biblioteca digitale sui saperi tradizionali che ha raccolto documenti di oltre 34 milioni di pagine complessive sui sistemi delle conoscenze locali.

La biblioteca, ha detto Singh, è stata una risposta alla biopirateria dei sistemi indiani, soprattutto per quanto riguarda i brevetti degli estratti dell’albero del Neem (Azadirachta indica), e anche della curcuma come agente curativo. Entrambi sono conosciuti e utilizzati nella medicina tradizionale indiana da secoli.

A livello locale, la Teeb ha aumentato i timori delle organizzazioni non governative e degli esperti, per il fatto che gli interessi delle aziende private potrebbero appropriarsi della biodiversità per fare profitti, ignorando le comunità locali.

L’India è una delle otto regioni a livello mondiale di intensa biodiversità, con l’otto percento delle specie esistenti al mondo, e ospita tre degli hot spot, i luoghi biologicamente più ricchi di biodiversità al mondo. © IPS