COOPERATIVE-ARGENTINA: Le donne costruiscono nuove opportunità

BUENOS AIRES, 25 novembre 2011 (IPS) – Nate durante la crisi economico-finanziaria del 2001-2002, le cooperative in Argentina sono diventate un rapido strumento per la partecipazione delle donne in settori considerati tradizionalmente maschili.

“All’inizio non è stato facile per gli uomini accettare le donne come colleghe nel campo edilizio, ma adesso che siamo diventate socie delle cooperative, si stanno abituando a vederci”, racconta a IPS Roxana Jiménez.

Jiménez fa parte di una cooperativa edilizia composta da 10 uomini e sei donne, ed è anche presidente della Federazione delle Cooperative di Lavoro della provincia settentrionale di Santiago del Estero, che vanta più di 800 soci.

“Ormai la nostra presenza è vista come una cosa normale, le persone hanno capito che le donne imparano velocemente il mestiere, non solo quello di lavoratore edile, ma anche di elettricista, idraulico, piastrellista e qualsiasi altra cosa che sia necessaria”, assicura Jiménez.

Oltre alle opere pubbliche assegnate dai comuni, alla sua cooperativa vengono affidati anche progetti di privati.

Le Cooperative di lavoro sono state promosse dal governo argentino nel 2003 in risposta ai crescenti livelli di povertà e disoccupazione, conseguenza della profonda crisi sociale ed economica scoppiata nel 2001 e seguita a tre anni di recessione.

All’inizio, lo stato favorì la formazione di 50 cooperative composte da 16 soci ciascuna, che offrivano ai disoccupati formazione e lavoro. Ma molti degli uomini che si univano a questi gruppi non avevano esperienza, perciò cominciarono a imparare il mestiere al fianco delle donne.

Cristián Miño, presidente della Federazione delle Cooperative di Lavoro di Florencio Varela, era disoccupato nel 2003. Oggi non solo lavora, ma è alla guida di un movimento di 600 associati, una “impresa sociale”, come lui stesso la definisce.

Miño ha raccontato a IPS che nelle 3mila cooperative appartenenti alla Confederazione Nazionale delle Cooperative di Lavoro (CNCT), tra il 35 e il 40 per cento dei soci sono donne, e hanno un ruolo sempre più da protagoniste.

Secondo Miño, esistono cooperative formate esclusivamente da donne in almeno quattro province del paese, ma per la maggioranza sono miste, anche in settori considerati storicamente maschili, come nel caso dell’edilizia.

“All’inizio gli uomini non accettavano le donne, finché non hanno visto la loro forza di volontà, e adesso cominciano a considerarle punti di riferimento all’interno della cooperativa”, assicura.

“Molti di noi hanno un atteggiamento maschilista, per questo non credevamo che avessero la forza di fare il nostro stesso lavoro, ma con il tempo, dopo averle viste trasportare 50 chili di cemento, ci siamo resi conto che sbagliavamo”, aggiunge.

Il cooperativismo promosso dallo stato ebbe un nuovo impulso nel 2009, quando il ministero per lo Sviluppo Sociale del governo di centrosinistra guidato da Cristina Fernández lanciò il programma Argentina Trabaja, per istituire cooperative di 60 membri, coinvolgendo 100mila persone.

Le cooperative si dedicano anche alla tessitura, gastronomia, orticultura, produzione di materiale per l’edilizia, alimentazione e stampa; il reddito minimo mensile di ogni socio è di circa 300 dollari.

I soci hanno anche diritto a percepire assegni familiari, di 64 dollari per ogni figlio al di sotto dei 18 anni che studia, oltre all’assistenza sanitaria e al versamento dei contributi previdenziali per la futura pensione.

Da uno studio condotto nel 2010 dal ministero emerge che la metà dei soci delle cooperative sono donne e tutti in precedenza avevano difficoltà a trovare lavoro. Quasi l’80 per cento non ha terminato la scuola dell’obbligo e il 77 per cento non aveva ricevuto alcun tipo di formazione professionale.

Il movimento delle cooperative ha poi offerto nuove opportunità di lavoro alle minoranze sessuali tradizionalmente discriminate, come travestiti e transessuali.

Lohana Berkins, un travestito, a capo della scuola e cooperativa tessile composta e gestita da travestiti e transessuali Nadia Echazú, ha raccontato a IPS di aver fondato l’organizzazione 5 anni fa, che oggi il suo gruppo è formato da 60 soci, e sono nate altre quattro cooperative che operano in diversi settori.

“Abbiamo difficoltà a trovare un impiego, ma non per le stesse ragioni dei disoccupati che non riescono a reinserirsi nel mondo del lavoro, ma a causa della discriminazione e della marginalizzazione”, spiega Berkins.

Nel 2006 hanno fondato la cooperativa Nadia Echazú e hanno chiesto allo stato di aiutarli con gli strumenti e la formazione necessaria. “Non valutiamo i risultati in termini economici, perché per noi non è questo l’importante”, chiarisce.

“Piuttosto, ci interessa l’impatto che questo produce sulla nostra comunità, perché noi travestiti non accettiamo come lavoro la prostituzione, vogliamo instaurare un dialogo con lo stato e la società e dimostrare che possiamo avere un lavoro vero”, afferma. © IPS