USA-UGANDA: Il premio dei diritti umani Robert Kennedy a Frank Mugisha, attivista per i diritti dei gay

WASHINGTON, 11 novembre 2011 (IPS) – Frank Mugisha, ugandese, era appena un adolescente quando dichiarò la propria omosessualità. Da allora, ha subito minacce ed episodi di bullismo ma, racconta, la storia di alcuni suoi amici gay, lesbiche e trans gender conosciuti in seguito sono ancora peggiori: qualcuno è stato cacciato di casa dalla propria famiglia, è stato vittima di violenza sessuale per essere “rimesso sulla retta via”, o addirittura arrestato.

Frank Mugisha gentile concessione del Robert F. Kennedy Center for Justice and Human Rights

Frank Mugisha
gentile concessione del Robert F. Kennedy Center for Justice and Human Rights

Nel 2007, Mugisha e altri membri della comunità ugandese di gay, lesbiche, bisex, trans e intersessuali (LGBTI) hanno lanciato una campagna mediatica senza precedenti durata 45 giorni: “Lasciateci vivere in pace”.

Gli attivisti lasciavano il loro nome e numero di telefono per interviste e dichiarazioni, per condividere la loro esperienza. La campagna ha dato visibilità alle minoranze sessuali in un paese il cui governo aveva negato, fino ad allora, la loro stessa esistenza.

Giovedì 10 novembre, a Washington, Mugisha, direttore di Minoranze Sessuali Uganda (SMUG), una Ong del movimento LGBTI in questo paese dell’Africa orientale, ha ricevuto il Premio Diritti Umani Robert Kennedy (RFK), che premia “un individuo il cui coraggioso attivismo è al cuore del movimento per i diritti umani”, secondo il Robert F. Kennedy Center for Justice and Human Rights.

Il premio segna l’inizio di una partnership di 6 anni, attraverso cui il Centro RFK sosterrà l’operato di Mugisha e di SMUG, un’associazione formata da 40 partner della società civile che opera in Uganda. Questa settimana Mugisha e alcuni rappresentanti del Centro RFK saranno in viaggio per incontrare i principali gruppi e organizzazioni per i diritti umani e i membri del Congresso Usa per aumentare la sensibilizzazione sulla situazione della comunità LGBTI in Uganda.

In un paese in cui il governo arrivava perfino a negare l’esistenza delle minoranze sessuali, la campagna mediatica del 2007 organizzata da Mugisha insieme alla comunità LGBTI e ad altri gruppi ha rappresentato un primo passo straordinario per le minoranze sessuali del paese. “Ha messo fine alla leggenda secondo cui non ci sono omosessuali in Uganda”, ha dichiarato Mugisha a IPS. “Adesso almeno riconoscono la nostra esistenza”.

Gli attivisti ugandesi non si sono limitati a dare visibilità alle minoranza sessuali, ma hanno anche orientato gruppi di pressione e lobby politiche a favore dei diritti dei membri della comunità LGBTI ugandese. Le iniziative di SMUG per l’istruzione promuovono la comprensione e l’accettazione delle minoranze sessuali ugandesi, che vengono discriminate in tutti i campi, dall’istruzione all’assistenza sanitaria.

Il gruppo assiste inoltre i membri della comunità detenuti procurando loro un rappresentante legale, e offre formazione sul tema dell’Hiv/Aids.

Ma una legge anti-gay, attualmente al riesame del parlamento, rischia di rendere illegali queste iniziative per la salute e l’educazione, definendole atti di “promozione dell’omosessualità”. E sebbene l’Uganda consideri l’omosessualità un reato – è uno dei 70 paesi al mondo dove la condotta omosessuale consensuale è punibile come crimine – la nuova legge renderebbe le attività omosessuali, in determinati casi, soggette alla pena di morte.

Secondo il Centro RFK, l’80 per cento degli ugandesi appoggia il disegno di legge, che era già stato sottoposto a scrutinio internazionale, ma che il 25 ottobre è stato reintrodotto. Le organizzazioni per i diritti umani e i governi in tutto il mondo lo hanno condannato a gran voce, temendo che potrebbe aumentare la violenza contro la comunità LGBT dell’Uganda.

L’attivista per i diritti dei gay David Kato, ex avvocato di SMUG, è stato ucciso lo scorso gennaio. Aveva ricevuto minacce di morte dopo che il suo nome e la sua foto erano stati pubblicati su un giornale ugandese nel 2010.

Una ‘battaglia internazionale’

L’introduzione del disegno di legge anti-omosessualità del 2009 è stata collegata sui media alla visita in Uganda di alcuni religiosi statunitensi avvenuta nella stesso anno.

“Nel 2009 alcuni leader religiosi sono venuti qui dagli Usa portando parole che non comprendiamo”, racconta Mugisha, riferendosi a termini come “ex gay” e all’idea che gli attivisti “reclutassero” persone per convincerle a diventare gay. “Siamo solo uomini gay che vogliono essere accettati e vivere in pace”.

Mugisha è intervenuto martedì Washington in un incontro sulla sessualità e l’intolleranza nell’Africa Orientale organizzato da TransAfrica, il Centro per i diritti costituzionali, SMUG e Università della Buffalo Law School.

Il preside della Buffalo Law School, Makau Mutua, noto studioso di diritto e anch’egli relatore alla conferenza, ha contestato l’idea secondo cui l’omofobia sarebbe radicata in Uganda o nella cultura africana in generale.

“Quando ero giovane non esisteva la parola omosessualità”, ha detto Mutua. “L’omofobia non è intrinseca nella società africana”. Sylvia Tamale, docente e studiosa di diritto a Kampala, Uganda, ha raccontato che il disegno di legge anti-omosessualità veniva usato dai leader religiosi e politici per i loro propri interessi e “pendeva come una spada di Damocle sulla testa di cittadini e attivisti LGBT in Uganda”.

Il disegno di legge, ha aggiunto, serviva per distogliere l’attenzione pubblica da altri problemi della società ugandese come “inflazione, disoccupazione e infrastrutture sanitarie”. “Alla radio non si è parlato d’altro per settimane”.

L’esperta ha detto alla comunità internazionale di non credere che l’omofobia in Uganda e la battaglia della comunità LGBTI sia esclusivamente un problema dell’Africa orientale.

“Dobbiamo guardare alla rinascita dell’omofobia in tutto il continente, e dobbiamo considerarla una battaglia internazionale: neanche l’Occidente è libero dall’omofobia”, ha dichiarato Tamale.

Ha poi aggiunto di non sostenere l’idea di sanzioni sugli aiuti destinati ai paesi con disegni di legge anti-gay, come quella proposta ad ottobre dal primo ministro del Regno Unito David Cameron, poiché “potrebbero rivelarsi un boomerang”.

Mugisha ha dichiarato che le conquiste del movimento LGBTI in Uganda gli hanno dato speranza, ma c’è ancora molto lavoro da fare.

“Io non ho molta paura del governo”, ha affermato Mugisha, spiegando che è assai probabile che un suo arresto scatenerebbe molte proteste. “Cosa penso degli ugandesi? Finché non cambiamo la mentalità della popolazione, finché non mettiamo fine all’ignoranza sull’omosessualità in Uganda, la sfida continuerà”. © IPS