Bangkok ha ignorato gli allarmi

BANGKOK, 7 novembre 2011 (IPS) – La capitale della Tailandia, che continua a sprofondare con i suoi oltre 8 milioni di abitanti, sta pagando il prezzo di aver ignorato per anni gli avvertimenti sulla vulnerabilità climatica dell’area e la fragilità di fondamenta inzuppate d’acqua, ormai incapaci di resistere alle inondazioni.

Withit Chanthamarit/CC BY 2.0 Withit Chanthamarit/CC BY 2.0

Withit Chanthamarit/CC BY 2.0
Withit Chanthamarit/CC BY 2.0

Da circa due settimane, ampie zone della capitale thailandese, costruita sul delta di una pianura paludosa e con alcune aree al di sotto del livello del mare, sono sommerse dalle inondazioni. Le strade si sono trasformate in fiumi, con barche e zattere di bambù che traghettano le famiglie disperate.

Sono ancora visibili solo i piani superiori delle case, di fabbriche e centri commerciali, e nessun segnale lascia pensare che le acque potrebbero ritirarsi nelle prossime settimane.

Anupong Taduon, 52 anni, scuote la testa perplesso di fronte al diluvio che ha colpito migliaia di persone. “Dal primo giorno il livello dell’acqua non è mai diminuito”, afferma, davanti alla barriera di sacchi di sabbia sistemata a protezione dell’entrata del suo karaoke bar. “Potremmo dover vivere così ancora per tre o quattro settimane”.

Gli avvertimenti del governo centrale e delle autorità locali che il peggio deve ancora venire vengono accolti con rabbia e frustrazione. È risaputo che questo tsunami “al rallentatore” deve attraversare la città prima di poter defluire nel Golfo della Thailandia.

Dopo tutto, gli esperti nella gestione dei rischi naturali hanno detto che la città – compiaciuta nella sua prosperità economica, ben visibile nella continua evoluzione dello skyline -, è una delle capitali del sud-est asiatico più vulnerabile ai cambiamenti climatici.

“Bangkok è particolarmente indifesa se paragonata ad altre città come Manila, Jakarta o Kuala Lumpur”, sostiene Aslam Perwaiz, a capo dell’unità di gestione del rischio da disastri naturali presso il centro di preparazione alle catastrofi di Bangkok. “L’alluvione attuale conferma le preoccupazioni sulla necessità di migliorare la gestione delle risorse idriche della città”.

“Tutte le inondazioni che si sono verificate in passato dimostrano che i canali non sono in grado di raccogliere le acque delle strade e dei quartieri inondati per settimane”, ha dichiarato Perwaiz a IPS. “Le alluvioni in questa città sono durate fino a nove settimane”.

“Bangkok è al primo posto (fra tutte le province) della Thailandia nella classifica delle città vulnerabili ai fenomeni climatici”, afferma Hermina Francisco, direttrice del Programma per l’economia e lo sviluppo del Sud-est asiatico, un gruppo di ricerca che opera a Singapore. ”L’elevato grado di vulnerabilità di Bangkok è dovuto in gran parte alla forte esposizione ai frequenti alluvioni e all’innalzamento del livello del mare”.

“Ciò che probabilmente rende la situazione ancora più critica è il fatto che Bangkok sprofonda nel mare”, ha detto a IPS. “(È stato) constatato in alcune zone di Bangkok, dove il fenomeno è più visibile che in altre, ed è un processo che avanza ormai da diversi anni”.

Lo scorso febbraio, lo studio di un team olandese di gestione delle risorse idriche aveva rivelato l’incapacità della città di far fronte alle grandi inondazioni, dichiarando inadeguato il sistema di protezione da alluvioni.

“L’attuale livello di protezione da inondazioni di aree urbane come Bangkok corrisponde ad una probabilità di inondazione dell’uno per cento in un dato anno, che se paragonato al livello internazionale è un valore relativamente basso”, diceva il rapporto della Netherlands Water Partnership (NWP). “Da una metropoli come Bangkok…ci aspettiamo una protezione di gran lunga migliore”.

L’allarme del NWP si è dimostrato fondato otto mesi dopo, mentre i funzionari dei governi locali e nazionali trasmettono messaggi ambivalenti e sembrano sempre più impotenti di fronte alla possibilità di salvare Bangkok dai miliardi di metri cubi d’acqua che avanzano minacciosamente.

La città, famosa per la sua rete di corsi d’acqua al punto da essere definita la “Venezia dell’est”, si è rivelata incapace di far fronte alla catastrofe, cominciata dopo che tre mesi fa violente piogge monsoniche, tre tempeste tropicali e un tifone si sono abbattuti sulla regione. Quasi tutti i 1.650 ‘khlong’, come sono chiamati i canali, sono già colmi d’acqua o straripati.

Per di più, molti khlong, compresi i 100 corsi navigabili che permisero a Bangkok di superare la terribile inondazione del 1940, sono stati chiusi per fare spazio a strade e grattacieli, sull’onda del boom economico iniziato negli anni ’70.

Le raccomandazioni di non ricoprire i canali per agevolare il traffico sempre più intenso di veicoli sono state ignorate, spiega George Olson, ex imprenditore di una società ingegneristica statunitense che a suo tempo aveva lavorato su alcuni progetti di protezione da alluvioni a Bangkok.

Quell’errore “ha di certo aggravato gli effetti di tutte le inondazioni che hanno colpito l’area metropolitana di Bangkok dopo il 1974”, ha detto Olson. “Anche i suggerimenti di costruire tunnel per le fognature e come protezione dalle inondazioni sono stati accolti in modo limitato. © IPS