EGITTO: La nuova Città dei Diritti Umani, un’impresa ardua

IL CAIRO, 26 ottobre 2011 (IPS) – I disordini della primavera araba hanno creato un terreno fertile per una nuova struttura di tutela dei diritti umani che non si limiti a monitorare le violazioni. I difensori dei diritti puntano ad integrare i diritti umani nel tessuto della vita quotidiana e stanno lavorando a livello locale per istituire la prima “Città dei Diritti Umani” in Medio Oriente.

La Città dei Diritti Umani è quella in cui tutti i residenti e le autorità locali adottano i diritti umani come stile di vita e si impegnano in progetti ed azioni positive per ottenere giustizia economica e sociale per l’intera comunità. Un modello volto a garantire che tutte le leggi, le politiche, le risorse e le relazioni all’interno della città rispettino la dignità e i diritti dei cittadini.

“Tutti in città sono messi sullo stesso piano di parità e tutti, che sia il sindaco o il netturbino, siedono allo stesso tavolo per definire collettivamente quali sono i problemi da risolvere dal punto di vista dei diritti umani”, spiega Robert Kesten, direttore esecutivo del Movimento popolare per l’apprendimento dei diritti umani (PDHRE, nell’acronimo inglese), la Ong con sede a New York da dove è nata l’idea.

I principi guida della Città dei diritti umani sono contenuti nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, l’impalcatura dei diritti e le libertà individuali ratificata nel 1948 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. È fondamentale che gli abitanti e le autorità locali conoscano e siano in grado di agire secondo questi diritti, adottandoli a tutti i livelli dei processi decisionali e di risoluzione dei problemi.

L’approccio incentrato sulla comunità richiede un cambio di paradigma. Mentre le istituzioni nazionali sono generalmente responsabili della promozione e tutela dei diritti e delle libertà in conformità con i trattati internazionali ratificati dallo stato, le Città dei Diritti Umani spostano questa responsabilità a livello locale. Le autorità e i residenti diventano gli agenti del cambiamento.

“Invece di concentrarci su una particolare questione o gruppo di persone… lavoriamo a livello comunitario, concentrandoci su ogni singolo uomo, donna e bambino”, spiega Omar Aysha, un’attivista del Cairo coinvolto nell’iniziativa.

Rosario, in Argentina, divenne la prima Città dei Diritti Umani nel 1997. Attualmente se ne contano 15 attive in Europa, Africa e America. PDHRE ha avviato i progetti, ma quasi tutte oggi funzionano secondo il principio dell’autodeterminazione.

Prima che scoppiasse la primavera araba non sembrava si potesse sperare che l’idea prendesse piede in Medio Oriente e in Nord Africa, dove regimi autoritari negavano ai cittadini i diritti economici, politi e sociali basilari. Ma le sommosse popolari che hanno rovesciato le dittature in Tunisia, Egitto e Libia, hanno aperto nuovi spiragli.

“Le spinte sotterranee all’origine di queste rivolte erano legate alla ricerca di libertà e democrazia”, sostiene Kesten. “Il desiderio di libertà è un motore potente, così quando il regime tunisino è caduto sapevamo che gli altri stati non avrebbero tardato a seguirne l’esempio”.

La richiesta fondamentale dei dimostranti nei confronti del governo era di assumersi la propria responsabilità di fronte ai cittadini. Normalmente i governi funzionano come una piramide, in cui l’organo esecutivo occupa la cima. L’obiettivo delle Città dei Diritti Umani, osserva Kesten, “è invertire la piramide collocando il popolo in cima, rendendolo così titolare dei propri diritti”.

Era coerente, perciò, che il PDHRE scegliesse Alessandria d’Egitto come prima Città dei Diritti Umani del Medio Oriente. È in questa città mediterranea di 4 milioni di abitanti infatti che la lotta per la giustizia sociale e i diritti umani è giunta ad una svolta decisiva.

Nel giugno 2010, due agenti di polizia di Alessandria hanno trascinato fuori da un Internet café Khaled Said, 28 anni, picchiandolo a morte. I poliziotti hanno dichiarato che Said era morto per soffocamento dopo aver ingoiato una busta di marijuana per nasconderla dagli agenti in borghese. Ma la pubblicazione su Internet di una foto del corpo sfigurato del ragazzo ha scatenato l’indignazione e le proteste dell’opinione pubblica, che sono stati determinanti per il rovesciamento del regime di Mubarak sette mesi dopo.

Il PHDRE spera che grazie all’impulso generato dall’episodio di Khaled Said si riesca a trasformare Alessandria nella prima Città dei Diritti Umani. Per i leader dell’organizzazione, è una città più piccola e più gestibile rispetto alla capitale, il Cairo, ed è molto conosciuta, oltre ad avere un’importanza storica e un punto focale a livello internazionale, la celebre Biblioteca di Alessandria.

Per vincere la sfida di trasformare una città nota per la repressione politica e la violenza della polizia in un modello dei diritti umani serviva una nuova proposta. Ad agosto, il PHDRE ha creato un’Unità per i Diritti Umani egiziana, un gruppo formato da rappresentanti del governo, del settore economico e della società civile incaricato di “portare il messaggio alla comunità”.

I componenti dell’Unità seguono dei corsi di formazione sull’applicazione concreta dei diritti umani a livello individuale e la loro integrazione nella vita quotidiana, e poi vengono incoraggiati a portare questo processo di integrazione in casa loro, sul posto di lavoro e nella loro rete di contatti sociali e professionali.

“Non solo è importante che le persone conoscano i propri diritti, ma anche che li applichino nella vita di tutti i giorni”, spiega Aysha, un leader dell’Unità. “Tutti sappiamo come fare le addizioni o le sottrazioni perché lo facciamo ogni giorno. Ciò che apprendiamo tende ad essere dimenticato se non viene applicato costantemente ad ogni attività che svolgiamo”.

Il processo di integrazione è fondamentale per costruire una Città dei Diritti Umani in cui residenti e autorità locali riconoscano e si occupino attivamente dei diritti umani, piuttosto che limitarsi a individuare le violazioni. E anche se questa appartenenza non ha alcun peso legale, Kesten sottolinea che in una comunità in cui i diritti umani sono parte integrante della vita quotidiana, la stessa cultura politica può cambiare profondamente, lasciandosi alle spalle ogni forma di oppressione.

Mentre i regimi autoritari continuano a crollare in Medio Oriente e in Nord Africa, il PHDRE intravede la possibilità di promuovere una nuova concezione dei diritti umani, che passi “dalla carità alla dignità”. L’organizzazione sta lavorando parallelamente in Tunisia, dove gli attivisti locali hanno creato Unità nazionali per i Diritti Umani nella speranza che anche la capitale possa diventare un giorno “Città dei Diritti Umani”.

E con la brutale sconfitta del regime di Gheddafi, la Libia potrebbe essere la prossima. © IPS