In vista un’ulteriore impennata dei prezzi alimentari

ROMA, 10 ottobre 2011 (IPS) – La volatilità dei prezzi alimentari è destinata ad aumentare nel corso del prossimo anno. Lo afferma il rapporto annuale sull’insicurezza alimentare pubblicato lunedì dalle tre agenzie Onu con sede a Roma. L’ulteriore aumento dei prezzi renderà i piccoli agricoltori e le comunità rurali più fragili ancora più esposti al rischio di povertà e insicurezza alimentare.

@FAO/Giulio Napolitano @FAO/Giulio Napolitano

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A rischio sono soprattutto i piccoli paesi, in maggioranza africani, che dipendono dalle importazioni.”Quasi tutti stanno già pagando le conseguenze delle grave crisi alimentare e di quella economica del 2006-2008,” hanno denunciato i responsabili delle tre agenzie, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO), il Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo (IFAD) e il Programma Alimentare Mondiale (WFP), nella prefazione dello Stato dell’Insicurezza Alimentare nel Mondo (SOFI) 2011.

“Il fattore che influisce maggiormente sulla dinamica dei prezzi è lo squilibrio tra domanda e offerta,” ha detto a IPS George Rapsomanikis, economista della FAO. “Stiamo assistendo ad un aumento costante della domanda, causato principalmente dalla crescita della popolazione mondiale e dal cambiamento graduale del regime alimentare nelle economie emergenti, dove si registra un consumo maggiore di carne e cereali”.

“D’altra parte, si deve considerare anche lo squilibrio tra produzione e consumo. Le riserve alimentari stanno diminuendo rispetto a 10 anni fa ed eventuali shock nel mercato, causati da fattori esterni, provocherebbero immediate alterazioni dei prezzi. Così le criticità del mercato rischiano di far aumentare la volatilità dei prezzi in futuro.”

L’impennata dei prezzi costituisce uno dei principali fattori dell’insicurezza alimentare a livello globale. La volatilità dei prezzi rende i piccoli contadini e i consumatori poveri sempre più vulnerabili perché alterazioni dei prezzi di breve periodo possono avere un impatto di lungo termine sullo sviluppo, fa notare il rapporto.

Inoltre, il calo dei redditi dovuto alle fluttuazioni dei prezzi e quindi il minor consumo di alimenti in molti casi significa meno alimenti nutritivi fondamentali per i bambini nei primi mille giorni dal concepimento.

Ma l'andamento altalenante dei prezzi colpisce paesi, popolazioni e famiglie in modo assai diverso. In base al rapporto, i più esposti sono i poveri e gli indigenti, particolarmente in Africa, dove il numero delle persone sottonutrite è salito dell'otto per cento tra il 2007 ed il 2008.

“I paesi che importano gli alimenti sono quelli più a rischio. Subiranno un calo delle entrate, soprattutto a causa degli elevati prezzi delle importazioni. E non possono prevedere cosa accadrà: se i prezzi sono volatili è impossibile pianificare,” afferma Rapsomanikis.

L'ulteriore spinta dei biocombustibili poi mette ancor più sotto pressione l’intero sistema alimentare.

Secondo Rapsomanikis, la volatilità dei prezzi alimentari potrebbe aumentare nel prossimo decennio proprio per lo stretto rapporto tra mercato agricolo e mercato energetico. “Esistono mercati e mercati. Il Brasile utilizza la canna da zucchero per produrre etanolo; nei paesi della Ue abbiamo le industrie olearie; negli Usa il mais”.

“Gli Stati Uniti sono il maggior importatore di mais, e circa il trenta per cento viene utilizzato nella produzione di etanolo. Dal momento che il mais rappresenta la materia prima sia per il mercato energetico che per quello alimentare, se si dovesse verificare uno shock nel mercato petrolifero, questo avrà delle ripercussioni immediate sul mercato alimentare”.

Il rapporto sottolinea che gli investimenti nel settore agricolo rimangono l'elemento essenziale per una sicurezza alimentare duratura, per questo esorta i governi ad incentivare e incrementare gli investimenti.” L’aumento degli investimenti nel settore agricolo dovrebbe essere una priorità per i governi” dichiara l’esperto della FAO.

“Sulla base di nostre stime precedenti, perché l’offerta riesca a soddisfare la domanda, è necessario un aumento del cinquanta per cento degli investimenti nei paesi in via di sviluppo.

E’ necessario puntare sulle materie prime, sui fertilizzanti e su un ampliamento dei servizi; fornire supporto per quanto concerne le attrezzature, il mercato, lo stoccaggio e l’intero ingranaggio alimentare. Altri settori chiave sui quali investire sono le opere pubbliche, come le infrastrutture per i trasporti e la comunicazione e i progetti di irrigazione su larga scala, specialmente in Africa”.

Aree prioritarie, si legge nel rapporto, riguardano sistemi di irrigazione efficaci, migliori pratiche di gestione della terra e lo sviluppo di sementi di migliore qualità mediante la ricerca agricola. “Questo aiuterebbe a ridurre i rischi produttivi con cui devono fare i conti gli agricoltori, specialmente i piccoli proprietari, e a ridurre la volatilità dei prezzi”.

Anche il settore privato può dare il suo contributo. Secondo la FAO, gran parte degli investimenti può derivare dall’aiuto pubblico allo sviluppo (APS), ma questo non sarà sufficiente ed è necessario colmare questo divario.

“L’APS si sta riducendo, e poi la percentuale destinata all’agricoltura è solo il quattro per cento,” sostiene Rapsomanikis. “Oltre all’APS e agli investimenti pubblici nell’agricoltura, ciò che serve è un coinvolgimento del settore privato, che non è formato solo da aziende ed agricoltori”.

I paesi dovrebbero incentivare gli investimenti privati per aumentare la produttività, attraverso l’adozione di politiche strutturali e finanziarie adeguate ed un sistema governativo efficiente. Questo permetterebbe di creare il clima giusto per chi desidera investire”.

Ma i piccoli agricoltori stanno affrontando ostacoli tali che è difficile vederli come possibili investitori. “Molti agricoltori non sono integrati nel mercato, non hanno accesso al mercato delle materie prime né a quello dei prodotti finiti, alla tecnologia, al finanziamento, al credito. E’ qui che il governo e il settore privato dovrebbero intervenire, attraverso partenariati pubblico-privati che forniscano le infrastrutture per il trasporto per gli agricoltori che vivono in zone remote“, ad esempio.

Le migliori stime della FAO sul numero di persone che soffrono la fame rimangono di 925 milioni di persone per il 2010; nel periodo 2006-2008 erano di 850 milioni. Il rapporto precisa che “la metodologia usata dalla FAO per calcolare il numero di coloro che soffrono la fame è al momento in fase di revisione”, perciò mancano le stime per il 2011.©IPS