SUDAN: Rischi di guerra civile per acqua e terra, più che per il petrolio

IL CAIRO, 15 maggio 2011 (IPS) – L'escalation di violenza al confine tra il Nord e il Sud del Sudan ha alimentato i timori di nuovi conflitti armati, ma secondo gli esperti la questione gira più intorno agli interessi per l’acqua e la terra che alle riserve di petrolio.

“Per la popolazione, i principali gruppi tribali sono più interessati alla terra che al petrolio”, sostiene Ibrahim el Nur, professore di scienze politiche alla American University del Cairo.

“Abyei è come il Kashmir, in termini di composizione della popolazione: gli abitanti hanno legami storici sia con il nord che con il sud; e si contendono le risorse idriche, come il Kiir e il Bahr el Arab, reclamano le terre per il pascolo e i confini sono ambigui”.

La regione di Abyei, situata in un'ampia vallata nota come bacino del Muglad, si estende per 10.460 chilometri quadrati, contesi tra nord e sud.

Il Comprehensive Peace Agreement (CPA), nel 2005, ha messo fine alla più lunga guerra civile in Africa, ha concesso ad Abyei uno status speciale e chiesto la creazione di un'Unità congiunta integrata (JIU), composta da soldati del nord e del sud.

Nove mesi prima del CPA, era stato firmato il Protocollo di Abyei che permetteva ai residenti di votare al referendum del 9 gennaio, ma il voto era stato rinviato a tempo indeterminato dopo le dispute tra le tribù Misseriya e Ng’ok Dinka su quale fosse il candidato più adatto a decidere il futuro della regione.

Il Grande Oleodotto del Nilo che attraversa Abyei è stato oggetto di scontro tra le due parti fino a che la Corte Permanente di arbitraggio dell'Aja non ha concesso nel 2009 al Nord il diritto di mantenere il controllo sul petrolio. L’oleodotto trasferisce più di un quarto delle esportazioni di greggio dal Sudan, dalla città centrale di Heglig a Port Sudan nel nord, sul Mar Rosso.

“Quando fu scoperto il petrolio nel bacino del Muglad, anche Khartoum si oppose alla realizzazione del referendum di Abyei, arrestando i promotori della campagna”, racconta l'esperto Douglas Johnson, autore di “The Root Causes of Sudan’s Civil Wars”.

“La tribù dei Misseriya temeva che se i Ng'ok avessero votato per unirsi al sud, le restrizioni della polizia del sud, già esistenti nel Bahr el Ghazal e nell'Alto Nilo, si sarebbero applicate anche alle aree di pascolo”, sottolinea Johnson, autore di “Le cause delle origini delle guerre civili del Sudan” .

Allo stesso tempo, ha proseguito, l'espansione dell'agricoltura meccanizzata nella provincia centrale del Kordofan meridionale ha ridotto le zone di pascolo, e l’aumento del bestiame delle due tribù ha creato crescenti tensioni intorno alle terre rimaste.

Il Nilo, che attraversa con i suoi circa 6.700 chilometri di lunghezza 10 paesi nel nord-est dell'Africa è il fiume più lungo del mondo, e una fonte idrica vitale per l'Egitto e il Sudan.

L’espansione dell' Iniziativa del Bacino del Nilo, un accordo di cooperazione siglato tra i 10 paesi per lo sviluppo del fiume, si basa su contratti coloniali firmati negli anni ‘30. Ma il patto rinegoziato nel 1959 tra il Sudan e l'Egitto, che assegnava al Sudan 23 miliardi di metri cubi l’anno della portata annua del Nilo, e 55,5 miliardi di metri cubi all’Egitto, è stato messo a rischio dalla secessione del Sud Sudan.

“Per l'Egitto, la portata del Nilo è una questione di vita o di morte. Tutto ciò che può influire sul suo corso può essere motivo di guerra per il paese. Per questo motivo, il regime di Hosni Mubarak ha preferito avere disordini in Sudan, piuttosto che un governo forte e capace di sfruttare la risorsa comune”, ha aggiunto El Nur.

“Un' altra fonte di tensione nella regione è l'appropriazione della terra”, dice Hammou Laamrani, esperto di gestione dell'acqua del Centro Internazionale Ricerca e Sviluppo del Cairo. Gli imprenditori arabi e cinesi, spiega, investono nell’agricoltura del Sudan, e questo rende difficili i negoziati perché non è lo Stato che provvede allo sviluppo del settore agricolo, ma altri che sfruttano le risorse locali, acqua e terra, per produrre raccolti che poi mandano nei loro paesi”.

“Nella fase di transizione del Sudan, tutto sembra essere motivo di conflitto, non solo l'acqua, ma anche il petrolio, la terra, lo spostamento delle popolazioni e del bestiame”.

In Sudan, che è il paese più vasto dell'Africa, il clima varia da arido, nel nord e nord-ovest, a tropicale a sud-ovest. Nell’occidente semiarido, scarseggia l'acqua potabile sicura.

Le precipitazioni, una risorsa fondamentale per il Sudan, diminuisce da sud a nord passando da una media di 120 cm l' anno al sud a meno di 10 nel nord.

“I Misseriya e gli Ng'ok hanno sviluppato razze differenti di bovini: i primi hanno bisogno di animali che possono sopravvivere nelle zone calde e sabbiose a nord della cintura di dune che li separa dagli Ng'ok, mentre gli animali degli Ng'ok devono adattarsi a condizioni umide e paludose”, aggiunge Johnson.

“La fine della prima guerra civile e la creazione della regione del Sud ha coinciso con un forte calo delle precipitazioni nel centro del paese; oggi i corsi d'acqua del sud e le praterie sono più diventati importanti per i Misseriya rispetto a prima del 1969”.

Se si guarda alla situazione in Darfur si capisce che queste condizioni non vanno escluse, perché anche il conflitto è diventato una questione di acqua e di terra”, dice Laamrani.

La crisi sudanese ha portato l'Unione africana ad organizzare un summit di due giorni ad Addis Abeba, per discutere temi chiave di fronte all'indipendenza del Sud Sudan, tra cui il ritiro delle truppe, l'intervento di un organismo di sicurezza africano e un accordo regionale sullo stato regionale di Abyei. © IPS