Jabel MUKABBER, Gerusalemme Est occupata, 10 novembre 2010 (IPS) – Il primo ministro palestinese si è spinto fino ad arrivare nella zona di Gerusalemme Est, occupata da Israele, oltrepassando le autorità di sicurezza israeliane che tentavano di fermarlo. Nemmeno il sindaco israeliano della città, che voleva anche lui entrare nella parte orientale della “sua” città, ci è riuscito. E’ stato fermato dalle proteste delle stesse autorità israeliane.
Per quattro decenni e oltre, i palestinesi di Gerusalemme Est occupata hanno vissuto in una specie di limbo, intrappolati tra la sovranità eterna e futura, schiacciati tra le rivendicazioni degli israeliani che reclamano la “Gerusalemme unita” come loro capitale, e quelle palestinesi che considerano la stessa Gerusalemme Est capitale del loro futuro stato.
Secondo la legge israeliana, i 250 mila palestinesi che vivono in quest’area hanno diritto agli stessi servizi di cui godono gli abitanti della Gerusalemme israeliana. Questo diritto è stato però spesso violato da parte di Israele.
L'abbandono e il degrado strutturale sono caratteristiche dell'occupazione israeliana – strade non asfaltate, assenza di marciapiedi, illuminazione stradale scarsa o assente, cumuli di immondizia non raccolta, allagamento delle fognature in inverno, scuole affollate e, soprattutto, quasi nessuna concessione israeliana per le nuove costruzioni.
Con i nuovi colloqui di pace israelo-palestinesi di nuovo in srallo, la situazione di limbo di Gerusalemme Est si è persino intensificata.
Negli ultimi anni, la costruzione di un muro di separazione alto otto metri ha reso la vita ancora più difficile. Il muro taglia in pieno il centro dell'area definita da Israele Gerusalemme Est, annessa subito dopo la guerra arabo-israeliana del 1967.
Di conseguenza, decine di migliaia di palestinesi vivono oggi al di là del muro, ma ancora all'interno dei confini israeliani. Così, ironia della sorte, il muro ha recentemente aiutato i palestinesi a cominciare uscire dal pantano.
Fino ad ora, i palestinesi hanno attribuito a Israele, in quanto stato occupante, la responsabilità di fornire tutti i servizi necessari. Ora le due potenze in competizione, la Palestina e Israele, si sfidano per conquistare i cuori e le menti dei palestinesi di Gerusalemme Est.
Il Primo Ministro palestinese Salam Fayyad ha preso l'iniziativa. La scorsa settimana, ha visitato una scuola superiore nel quartiere di Al-Bared, nel nord-est di Gerusalemme, per celebrare il completamento dei lavori di ristrutturazione di 15 scuole intrapresi dall' Autorità Palestinese.
Piantando un albero di ulivo davanti ai cancelli della scuola di Al-Bared, Fayyad ha chiamato Gerusalemme “il cuore del futuro Stato palestinese e la sua capitale eterna”.
Ha però evitato di visitare un altro quartiere, Dahyiat Al-Salam, un'area fatiscente vicino al centro della città, dopo che il Ministro della Pubblica Sicurezza israeliana, Yitzhak Aharonovitch, ha emesso un'ingiunzione che vieta “qualsiasi attività dell'Autorità Palestinese all'interno del territorio israeliano”.
Tuttavia, non è stato impedito che l'amministrazione di Fayyad investisse 350 mila dollari per il livellamento delle strade e il potenziamento delle infrastrutture a Dahyiat Al-Salam. “I residenti qui ogni anno pagano milioni in tasse al comune di Gerusalemme”, ha dichiarato Nasser Jubran, presidente del comitato del quartiere e attivista della società civile che ha aspettato invano di ricevere il primo ministro. “Di certo noi abbiamo diritto almeno ad un livello minimo di servizi”.
Sfidando il divieto israeliano di Al-Bared (dove le forze di sicurezza israeliane limitano l'accesso), Fayyad ha dimostrato il suo impegno continuando a dare “assistenza alle istituzioni palestinesi di Gerusalemme e soprattutto alle infrastrutture scolastiche”. L'Autorità Palestinese vorrebbe anche, dove possibile, aiutare a costruire nuove scuole e fornire altri servizi per migliorare la vita del popolo di Gerusalemme Est.
Questo è esattamente ciò che i rappresentanti di altri quartieri palestinesi dicono di fare da soli.
Naim Aweisat è uno di questi: “Accogliamo con piacere qualsiasi forma di aiuto dell'Autorità Palestinese. Non possiamo, però, andare avanti nell'attesa di un accordo politico, o della fine dell'occupazione. Questo non ha niente a che fare con il vivere o meno sotto l'occupazione”.
Considerando il loro status di “residenti”, i palestinesi di Gerusalemme Est (compresi coloro che vivono al di là del muro) hanno diritto alla stessa assistenza sanitaria di cui godono tutti gli israeliani. Il problema, osserva Aweisat, “è che praticamente non ci sono cliniche a Gerusalemme Est”.
Questa condizione lo aveva spinto ad aprire una clinica all'avanguardia in cui lavorano i migliori medici palestinesi e arabi israeliani e, degli attuali 3.500 pazienti ospitati Aweisat prevede di raddoppiarne il numero.
La clinica si trova al confine tra il suo quartiere, Jabel Mukabber, con una popolazione di 25 mila abitanti, e la vicina Silwan, 50 mila abitanti.
Gli abitanti del villaggio di Silwan cercano invano di contrastare l'insediamento di centinaia di nuove famiglie ebree nel cuore del loro quartiere. Quando il mese scorso una delegazione di parlamentari israeliani di destra ha manifestato a sostegno dei coloni, i giovani palestinesi hanno reagito tirando pietre su un convoglio blindato. ©IPS