BIODIVERSITÀ: Due secoli di distruzione ambientale

BUENOS AIRES, 21 maggio 2010 (IPS) – Negli anni ’30 del 1800, l’abbondanza e la varietà di piante e di animali presenti in Argentina, sia sulla terraferma che nei fondali marini, affascinarono il naturalista inglese Charles Darwin durante i suoi famosi viaggi in Sudamerica.

La soia si sostituisce ai boschi Greenpeace

La soia si sostituisce ai boschi
Greenpeace

Circa due secoli dopo, mentre l’Argentina celebra il bicentenario del giorno dell’indipendenza, le risorse naturali del paese sono seriamente compromesse. Foreste, suolo, risorse idriche, flora e fauna sono in qualche modo tutti minacciati.

“Fino a una decina di anni fa, ci preoccupavamo di tutelare le specie in via di estinzione, ora invece il timore è che l’intero ecosistema scompaia”, ha detto all’IPS il naturalista Claudio Bertonatti, della Ong Fundación Vida Silvestre Argentina.

“Se potessimo confrontare un’immagine satellitare di duecento anni fa con una dei nostri giorni, vedremmo che l’area boschiva è diminuita sia quantitativamente che qualitativamente. Il territorio boschivo oggi è molto meno vasto e ospita una minore varietà di specie”, ci ha spiegato.

Secondo l’esperto, l’Argentina è cresciuta senza una pianificazione del territorio, e ciò ha causato enormi costi ambientali. “Siamo responsabili di una pessima amministrazione delle risorse e questo non ha favorito lo sviluppo. Oggi infatti abbiamo sempre più poveri”, ha detto Bertonatti.

Negli ultimi due secoli sembra quasi che l’Argentina, che oggi conta 38,2 milioni di abitanti, si sia dedicata a sterminare le sue foreste. Già nel 1810, uno dei suoi padri fondatori, Manuel Belgrano (1770-1820), ideatore della bandiera nazionale, si diceva allarmato per una simile negligenza.

“Abbiamo visto taglialegna abbattere alberi folti e lussureggianti solo per provare la lama delle loro asce. È sconcertante veder morire così tanti alberi. Si ha come il presentimento di quanto detestabili saranno le generazioni a venire”, scriveva Belgrano.

Nel 1915, quasi un terzo del territorio nazionale era ricoperto da boschi, 100 milioni di ettari. Nonostante le incertezze sulla veridicità di questo dato ufficiale, non ci sono dubbi sull’entità della devastazione.

Nel 1937, il censimento agricolo registrava 37,5 milioni di ettari, che nel 1987 erano scesi a 35. Dieci anni dopo, l’area boschiva si era ridotta a 33 milioni di ettari.

La deforestazione si è intensificata per fare spazio all’agricoltura intensiva. Attualmente, più della metà del territorio agricolo in Argentina è coltivato a soia transgenica, che la Cina compra in grandi quantità per nutrire il bestiame. Il boom della soia ha avuto un forte impatto sull’ambiente, come testimoniano numerose ricerche.

Anche la fauna risente della perdita delle foreste. I greggi di oltre 500 guanaco (un cugino dei lama) che vide Darwin, la minaccia dei giaguari (yaguareté) e l’impressionante varietà di specie sono ormai relegate alla storia naturale.

L’“ordine dei roditori è rappresentato qui da molte specie”, scriveva Darwin nel suo diario di viaggio (1831-1835), e lui aveva registrato non meno di 80 diverse specie di topi.

Secondo Bertonatti, sei specie sono ormai estinte in Argentina. Ma ci sono anche 500 vertebrati e 250 specie vegetali a rischio di estinzione. L’introduzione di specie esotiche non compensa la perdita. Al contrario, causa gravi danni alle specie autoctone e all’ecosistema.

L’avanzamento della frontiera agricola oltre le zone fertili della caratteristica pampa argentina, zona umida centro-orientale della regione, non solo ha devastato foreste, terreni erbosi e vita selvatica, ma ha anche provocato un grave deterioramento del suolo e accelerato il processo di desertificazione.

In 40 anni, il suolo ha perso 11 milioni di tonnellate di azoto e 2,5 milioni di tonnellate di fosforo, ha spiegato all’IPS Walter Pengue, ingegnere agronomo del Grupo de Ecología del Paisaje y Medio Ambiente dell’Università di Buenos Aires.

Gli ambientalisti e le organizzazioni per la pesca artigianale sono diventati i guardiani della biodiversità per i fiumi fiumi, i laghi e le acque costiere; ma la società sembra sorda di fronte ai loro appelli.

Il merluzzo o nasello (Merluccius hubbsi), la specie di pesce del sud-atlantico più comune sul mercato, è in crisi a causa del sovrasfruttamento delle risorse ittiche. Negli ultimi 20 anni, la presenza di nasello nei mari si è ridotta dell’80 per cento, sebbene l’Argentina consumi meno del 5 per cento del pescato.

Per quanto riguarda l’acqua dolce, è emblematico il caso del vasto fiume Paraná (nord-est dell’Argentina). La mancanza di piani di gestione del territorio, le imponenti dighe idroelettriche e l’intensa pesca industriale minacciano tanto le specie naturali quanto le comunità che vivono lungo le rive del fiume.

Quando alle risorse idriche, il panorama è fosco. Il bacino del Matanza- Riachuelo, che attraversa Buenos Aires, è un simbolo evidente dell’inquinamento dell’acqua cominciato già nei primi 100 anni d’indipendenza dell’Argentina.

Nel fiume, lungo 64 chilometri, confluiscono gli scarichi fognari delle abitazioni e di migliaia di fabbriche, mentre le sue rive sono diventate una discarica a cielo aperto.

In un articolo sulle sfide dell’Argentina in occasione del suo bicentenario, María Eugenia Di Paola, direttore esecutivo della Fundación Ambiente y Recursos Naturales, elenca i diversi problemi del paese in questo settore.

Di Paula ha osservato che “sfortunatamente, in 200 anni l’ambiente è sempre rimasto escluso dalle decisioni strategiche del paese. La grande sfida adesso è farlo diventare una priorità nelle scelte politiche”.

Dal suo punto di vista, è essenziale integrare i temi ambientali alle politiche in modo trasparente, ossia fornendo informazioni attendibili e con una società disposta ad impegnarsi per recuperare il tempo perduto.

“Il bicentenario è un’opportunità per ri-orientarsi verso un modello di sviluppo sostenibile” ha detto Di Paola, avvertendo che un fallimento in tal senso significherebbe una distruzione ambientale da cui non si potrebbe più tornare indietro. © IPS