MEDIO ORIENTE: I palestinesi costretti a dormire per strada

GERUSALEMME EST, 25 agosto 2009 (IPS) – La politica israeliana di giudaizzare Gerusalemme Est allo scopo di guadagnare terreno prima che il futuro di questa parte della città sia deciso, ha lasciato senza casa decine di palestinesi, che ora sono costretti a dormire per strada.

Naida Hanoun con alcuni familiari Mel Frykberg

Naida Hanoun con alcuni familiari
Mel Frykberg

Altre centinaia di persone sono a rischio. Sembra che i coloni ebrei stiano utilizzando documenti contraffatti per occupare le case palestinesi.

La polizia antisommossa ha sfrattato con la forza 53 rifugiati palestinesi tra cui 20 bambini dalle loro case nel quartiere Sheikh Jarrah di Gerusalemme Est. Molti sono stati feriti durante l’operazione. I rifugiati sono tutti membri delle famiglie Hanoun e Al-Ghawi.

All’inizio di agosto, era stato ordinato il coprifuoco sul quartiere, dichiarato zona militare chiusa. Agli staff dei media era stato impedito di entrare nell’area, e chi riusciva a filmare da lontano veniva malmenato da soldati e polizia.

Tutti i beni delle famiglie Hanoun e Al-Ghawi sono stati gettati in strada; poco dopo, la polizia ha aiutato i coloni israeliani a trasferirsi nelle abitazioni evacuate.

Tutta la famiglia Hanoun adesso dorme su materassi stesi sul marciapiede di fronte a quella che fino a pochi giorni prima era la loro casa, mentre davanti ai loro occhi i nuovi proprietari entrano ed escono tranquillamente.

“I coloni ci hanno lanciato delle pietre contro, prendendoci a male parole”, spiega Maher Hanoun, anche lui sfrattato insieme alla sua famiglia e alle famiglie dei suoi due fratelli.

I coloni hanno cercato di ottenere un’ingiunzione per costringere le famiglie palestinesi ad andarsene dal loro accampamento in strada, ma un tribunale israeliano ha stabilito che le famiglie possono restare lì a condizione che non “molestino i coloni”.

La famiglia Hanoun e altri palestinesi nella stessa situazione possono solo sperare nella bontà dei vicini per mangiare e usare il bagno.

“È molto difficile vedere degli estranei trasferirsi in casa tua, la casa dove hai cresciuto 3 figli, e soprattutto quando sai che la casa non appartiene a loro”, osserva Nadia Hanoun, 43 anni.

“È umiliante e imbarazzante vivere per strada. Non abbiamo nessuna privacy. Non posso neanche usare la doccia o il bagno senza dover chiedere il permesso”.

“I miei figli stanno per ricominciare la scuola, l’università ma non hanno nessun posto dove studiare”, ci spiega Nadia.

Le case delle famiglie Hanoun e Al-Ghawi sono state costruite nel 1956 dall’Unrwa, l’Agenzia Onu per gli aiuti ai profughi palestinesi, e dal governo giordano.

Insieme ad altre abitazioni, erano state costruite per ospitare 28 famiglie di rifugiati palestinesi fuggite da Israele o espulse nella guerra seguita alla dichiarazione dello stato israeliano nel 1948.

Il sindaco di Gerusalemme Uri Lupolianski era stato il primo ad evidenziare gli sforzi di Israele di giudaizzare il quartiere Wadi Joz di Gerusalemme Est, in una lettera indirizzata al ministro per la casa nel 2004.

“Dividere il quartiere in zone per una popolazione ebraica contribuirà probabilmente all’unificazione della città. Questa misura rafforzerà il vincolo tra i quartieri ebraici e le istituzioni dell’area del Monte Scopus, nella parte orientale della Città vecchia”, aveva segnalato.

Quando Israele annesse e occupò Gerusalemme Est dopo la guerra dei sei giorni del 1967, adottò una serie di procedure legali e amministrative per assumere il controllo della terra.

Nel 1982, diversi gruppi di coloni israeliani presentarono un presunto documento del 1875 (quando la zona faceva parte dell’Impero turco-ottomano) al Registro della terra israeliano, reclamando la proprietà sulle case delle famiglie Hanoun e Al-Ghawi.

Ma la guerra di Gaza di gennaio e le difficili relazioni di Israele con la Turchia, permisero agli avvocati di Hanoun di accedere agli archivi ottomani che dimostrarono, secondo le autorità turche, la falsità dei documenti presentati dai coloni.

Quando la famiglia Hanoun ricevette l’ordine di sgombero a febbraio, il loro avvocato presentò alla Corte suprema israeliana nuove prove delle autorità turche, giordane e islamiche.

Ma il tribunale non revocò l’ordine, segnalando che il ricorso era stato presentato con due anni di ritardo, visto che le dispute sulla proprietà della terra devono essere avanzate entro 25 anni dalla registrazione.

“Se la famiglia avesse saputo del documento contraffatto, avrebbe fatto ricorso due anni prima. Ma si è venuto a sapere solo quest’anno, quando le autorità turche hanno cominciato a collaborare di più”, ci ha spiegato l’avvocato della famiglia, Hosni Al Hussein. Ma Al Hussein è deciso a portare avanti la causa. “Adesso presenteremo una nuova documentazione ai tribunali israeliani, confermando che le carte usate dai coloni erano false”, ha segnalato.

Le famiglie Al Ghawi e Hanoun hanno ricevuto il sostegno di diversi gruppi internazionali, e la solidarietà di molti israeliani che gli hanno fatto visita e hanno dormito con loro in strada.

Ma le famiglie non sono ottimiste sulla possibilità di tornare alle loro case.

“Può essere troppo tardi ormai per tornare; ma stiamo lottando per mettere fine a tutto questo non per la nostra famiglia, ma per le centinaia di altri palestinesi che sono stati sfollati e che lo saranno in futuro a causa della politica israeliana di pulizia etnica”, ha detto Maher.

Nel frattempo, le autorità israeliane hanno imposto agli Hanoun una multa di oltre 50mila dollari per essersi rifiutati di lasciare la loro casa “volontariamente”, e ogni giorno che rifiutano di pagare si aggiungono gli interessi.

La polizia sorveglia poi costantemente le famiglie senzatetto, pattugliando diverse volte al giorno il loro accampamento. Secondo un rapporto dell’Ufficio dell’Onu per il coordinamento degli affari umanitari (Unocha), nel quartiere di Sheikh Jarrah, 475 palestinesi rischierebbero di essere sfollati.

L’Unocha segnala che i coloni stanno cercando di costruire altre 540 unità abitative illegali nell’area; una cifra che non include tutti gli altri quartieri a rischio di Gerusalemme Est.© IPS