AFRICA: Più azione contro la violenza sulle donne

NAIROBI, 10 agosto 2009 (IPS) – Immagina di essere una giornalista: vieni a sapere di una storia di violenza sessuale su una bambina di dieci anni, e la proponi subito al tuo editore.

Zipporah Musau interviene al workshop IPS sul tema della violenza contro le donne Abdullah Vawda/IPS

Zipporah Musau interviene al workshop IPS sul tema della violenza contro le donne
Abdullah Vawda/IPS

Ti sembra una buona storia per un articolo – una notizia fresca su un delitto violento, sintomo di un problema sociale diffuso; una storia umana di dolore, basata su solide fonti. Ma lui – e ci sono forti probabilità che l’editore sia un uomo – non è interessato.

Susan Wabala, di Peace Pen Communications, un gruppo di media del Kenya che si occupa di cambiamento sociale, costruzione della pace e risoluzione dei conflitti, racconta una storia simile: i suoi editori le hanno rifiutato un articolo sullo stupro contro una minorenne, avvenuto all’interno della famiglia della ragazza.

“Abbiamo dato la storia agli editori ma non hanno mai voluto pubblicarla, solo perché è una di quelle notizie che non vende”, ha spiegato.

L’esperienza di Wabala è molto comune tra i giornalisti dell’Africa orientale presenti al workshop sulla violenza di genere organizzato dall’Inter Press Service a Nairobi e da poco concluso.

L’evento, che fa parte del progetto sulla parità di genere e l’empowerment delle donne patrocinato dal fondo MDG3 del governo olandese, è stato anche l’occasione per il lancio di un manuale per giornalisti sulla violenza di genere.

Negli ultimi anni, le storie che raccontano questa forma di violenza ricevono sempre più attenzione dai media della regione, ma raramente finiscono sulle prime pagine dei quotidiani o spiccano nei notiziari radiotelevisivi.

Durante l’incontro, reporter e analisti hanno concordato che nonostante le dimensioni e l’impatto di questi atti di violenza (violenza fisica, psicologica ed economica rivolta contro una persona a causa del suo sesso), questo tema riceve difficilmente attenzione dagli editori.

Zipporah Musau, caporedattore dell’importante gruppo editoriale di quotidiani Standard, ha spiegato che i giornalisti devono scontrarsi con la realtà del mercato; e devono stare attenti a proporre gli articoli alla giusta sezione di un giornale.

Le notizie devono far vendere i giornali; gli articoli sulla violenza sessuale che si presentano come casi di interesse umano non rientrano tra le storie che meritano un titolo in prima pagina.

La storia cui si riferiva Wabala alla fine è andata sui giornali: ma solo dopo che l’attivista per i diritti umani Njoki Ndung’u, all’epoca parlamentare impegnata nella battaglia per l’approvazione della legge sui reati sessuali in Kenya, si è interessata alla vicenda, riuscendo a mobilitare la polizia, e il colpevole è stato condannato a 20 anni di prigione.

Omer Redi Ahmed, ex editor del quotidiano etiope in lingua inglese Fortune, ha spiegato che anche gli editor etiopi tendono ad ignorare le storie di violenza sessuale. “Nel mio paese, di queste vicende quasi sempre si interessano gli attivisti e il governo. Raramente se ne occupano i giornalisti”.

Ahmed, oggi freelance e collaboratore dell’IPS, ha detto che come i loro colleghi keniani, anche gli editor etiopi non pensano che queste storie possano far vendere i giornali, con qualche rara – e sensazionalistica – eccezione.

Ha citato ad esempio la recente storia di una donna attraente che aveva subito violenza dall’ex partner; le foto del suo volto sfigurato sono apparse sulle prime pagine di diversi quotidiani. I giornali hanno venduto – perfino le fotocopie dei giornali sono state vendute.

Ma sul tema della violenza di genere, le prime pagine si limitano a riportare le notizie più sensazionali, oppure bisogna aspettare che un qualche politico ne parli: la brutalità quotidiana che imperversa nelle comunità di tutto il continente resta perciò ampiamente ignorata.

Questo significa che una legge del XIX secolo, secondo cui le donne possono essere private dei loro averi in caso di morte del marito, continua a sopravvivere nel XXI secolo; significa che gli accordi commerciali e di bilancio possono andare a svantaggio delle donne senza possibilità di replica.

Significa che la voce delle donne può essere ignorata quando si scrive una nuova costituzione, o si discutono accordi politici; il tema della giustizia, del sostegno e del risarcimento per le sopravvissute a violenze terribili può essere sempre rinviato al giorno dopo.

In mancanza di una regolare e importante divulgazione delle notizie sulla violenza di genere, la polizia può tranquillamente chiudere i casi di stupro e di violenza domestica; i giudici possono emettere sentenze leggere per quella piccola parte di colpevoli che alla fine vengono condannati. Le famiglie possono risolvere i casi fuori dal tribunale, dove la povertà spinge le famiglie della vittima a negoziare il trauma subito dalla figlia con un accordo per una misera somma.

Secondo Sylvia Mwichuli, della Campagna del millennio delle Nazioni Unite, stanno aumentando la conoscenza e la consapevolezza sulla violenza di genere.

“Ma per la maggior parte dell’Africa, è una questione di cui la gente non parla neanche”, spiega.

“Bisogna prestare più attenzione a questo tema, e rendersi conto che milioni di donne e bambine – e alle volte uomini, sempre di più anche gli uomini – hanno di fronte a loro una vita di grave umiliazione. Totalmente incapaci di far sentire la loro voce. È necessario sostenere il movimento contro la violenza di genere”. ©IPS