EDITORIALE: Minacce pandemiche, serve una risposta sanitaria globale

ARCATA, CALIFORNIA, 25 maggio 2009 (IPS) – Lo spettro della pandemia da influenza suina negli Stati Uniti ha prospettato la necessità urgente di una risposta rapida ed efficace a tutta una serie di minacce alla salute pubblica. Ma per una risposta efficace serve un sistema più aperto allo scambio di informazioni sanitarie fondamentali e alla ricerca interdisciplinare e al di là dei confini geografici, economici e culturali. In un mondo sempre più soggetto alle emergenze globali, dobbiamo metterci tutti al lavoro, incluso i pazienti e le persone più colpite.

Mark Sommer, giornalista e opinionista statunitense. Conduce il programma radiofonico A World of Possibilities ( www.aworldofpossibilities.org) Mark Sommer/IPS

Mark Sommer, giornalista e opinionista statunitense. Conduce il programma radiofonico A World of Possibilities ( www.aworldofpossibilities.org)
Mark Sommer/IPS

I pionieri della ricerca medica e scientifica stanno gettando le basi per una risposta sanitaria collettiva globale, per un sistema di scambio di informazioni mediche innovative che possa accelerare il passo e migliorare l’efficacia di scoperte cruciali. Basandosi in gran parte sulla comunicazione online per una portata e un accesso globali, gli studiosi ritengono che una risorsa comune di questo tipo possa servire da luogo d’incontro e da ‘stanza di compensazione’ in cui le diverse dimensioni della sanità pubblica e individuale possano ritrovarsi, condividere i risultati dei loro esperimenti, individuare sfide comuni, e collaborare nel delineare possibili soluzioni.

Il concetto di open source di beni sanitari comuni proviene in parte dal pioniere dell’e-commerce Marty Tenenbaum: nel 1998 emergeva come fortunato imprenditore della Silicon Valley, lanciando le prime transazioni commerciali via Internet e le aste sul web, quando fu colpito da una rara forma di melanoma. Di fronte alla mancanza di una terapia farmacologica al suo male, Tenenbaum lanciò un’alleanza online pazienti-ricercatori, chiamata ‘CollabRx’ (www.collabRx.com ), per favorire la creazione di imprese biotech virtuali e accelerare così i processi di ricerca di cure per malattie altrimenti ignorate dalle grandi imprese farmaceutiche.

In media, spiega Tenenbaum, sviluppare un nuovo farmaco richiede settant’anni e un miliardo di dollari. Di fronte a questa prospettiva, la maggior parte delle società farmaceutiche punta sui cosiddetti “farmaci blockbuster”, con milioni di potenziali clienti. Alcuni di questi farmaci sono rivolti a bisogni diffusi, ma molti prediligono i consumatori più agiati, pronti a spendere somme generose per migliorare il proprio aspetto o il proprio piacere. Questo sistema di incentivi asimmetrico non tiene conto della maggioranza delle malattie ‘orfane’, che uccidono o rendono invalide milioni di persone in gran parte povere in tutto il mondo, ma da cui le compagnie farmaceutiche non traggono i profitti sperati. CollabRx fornisce un collegamento tra i medici e i ricercatori, quelli più esperti nella scienza medica, e i pazienti – quelli più motivati a cercare una terapia.

Con lo sviluppo della biologia computazionale, alcuni tipi di esperimenti medici possono essere condotti ad un costo che anche un gruppo di pazienti può permettersi di finanziare a livello collettivo. Come i pazienti cercano disperatamente una cura, così molti medici e ricercatori non vedono l’ora di trovare terapie per malattie a lungo considerate incurabili.

Un esperimento nell’ambito della scienza open source ha già avuto un discreto successo. Nel 2000, lo scienziato premio Nobel Harold Varmus insieme ad altri importanti ricercatori medici ha lanciato la Public Library of Science (www.plos.org). L’obiettivo, “aprire le porte della biblioteca mondiale del sapere scientifico per consentire ad ogni scienziato, medico, paziente o studente ovunque nel mondo di avere un accesso illimitato alle più recenti ricerche scientifiche”. In soli nove anni, le pubblicazioni di PLoS, visibili soprattutto online, si sono diffuse anche a riviste specializzate in diversi settori, dalla biologia computazionale alle malattie tropicali, spesso trascurate.

Adesso è stato lanciato PLoS One, un esperimento unico di pubblicazione, finanziata dal mondo della ricerca, di un fitto volume di saggi scientifici sottoposti a peer-review. Inoltre, PLoS One è equipaggiato con strumenti innovativi per gli utenti grazie ai quali i lettori possono avanzare commenti e valutare i lavori in un dialogo aperto con gli stessi autori. Gavin Yamey, senior editor della PLoS, lo chiama “Open Access 2.0”, e a suo parere gli editori di pubblicazioni scientifiche presto si accorgeranno che è impossibile continuare ad impedire l’accesso alla buona ricerca al di là delle barriere legali e finanziarie. Il genio della creatività del crowdsourcing è uscito dalla lampada, e secondo molti esperti del settore c’è solo da guadagnare.

Nel mondo della ricerca medica e scientifica, i medici parlano prima di tutto ai medici, i ricercatori ai ricercatori, i pazienti ai dottori e qualche volta tra loro. Ma nel mondo in cui le pandemie si diffondono ad una velocità sorprendente, dobbiamo oltrepassare le barriere dei compartimenti istituzionali e culturali che ci separano, per confrontare esperienze e collaborare nella ricerca di soluzioni alle minacce comuni. Quale luogo migliore per cominciare che il corpo umano? Ognuno di noi è un centro sperimentale che osserva e si adatta continuamente alle circostanze che cambiano. E ognuno di noi è un potenziale inventore, uno scopritore di modi nuovi e migliori per riacquistare e mantenere un buono stato di salute.

Le emergenze globali come l’influenza suina dimostrano la necessità di scambiare più liberamente informazioni su cosa funziona e cosa no, in modo da poter efficacemente e rapidamente adattare, adottare e condividere i risultati dei nostri esperimenti. Nel caso della salute, sia pubblica che individuale, dobbiamo portare milioni di persone verso un processo di innovazione. Pazienti, vittime di malattie che non sono in grado di ricevere cure, guaritori tradizionali e alternativi, innovatori al di fuori delle istituzioni esistenti e per questo alle volte più aperti ad un nuovo pensiero: l’esperienza di queste e di altre persone è fondamentale per fronteggiare in modo efficace le sfide sempre più complesse che dobbiamo affrontare oggi.

La sfida più grande sarà superare le barriere strutturali profondamente radicate e i vecchi modelli di competizione e isolamento. Le relazioni competitive e gli imperativi istituzionali non sono necessariamente controproducenti, ma troppo spesso impediscono una collaborazione imprescindibile. Adesso siamo costretti per necessità a collaborare come mai prima d’ora, poiché le sfide che dobbiamo affrontare richiedono una disparità di competenze e di prospettive. Non esiste modo migliore per raggiungere un punto di convergenza che la ricerca di cure per le malattie più devastanti.© IPS