PENA DI MORTE-NIGERIA: Centinaia di persone condannate dalle ‘confessioni forzate’

LAGOS, 23 ottobre 2008 (IPS) – In Nigeria, centinaia di persone in attesa di esecuzione nel braccio della morte non hanno ricevuto un giusto processo e potrebbero dunque essere innocenti, denuncia Amnesty International.

Alla presentazione del suo ultimo rapporto sulla pena di morte in Nigeria, (Abuja, 21 ottobre), scritto in collaborazione con l’organizzazione nigeriana per i diritti Legal Defence and Assistance Project (Ledap), Amnesty ha sollecitato una moratoria immediata sulle esecuzioni nel paese.

Il rapporto “Nigeria: Aspettando il boia”, elenca tutte le falle del sistema giudiziario nigeriano, che sarebbe “dominato da corruzione, negligenza e una mancanza di risorse quasi criminale”.

Oltre la metà delle 720 condanne a morte si basava su confessioni che spesso venivano estorte sotto tortura.

“Sebbene sia proibita in Nigeria, la polizia pratica quasi quotidianamente la tortura, e quasi l’80 per cento dei detenuti nelle carceri nigeriane ha denunciato di essere stato picchiato, minacciato con le armi o torturato dalla polizia”, si legge nel rapporto.

“La polizia lavora sotto pressione e con poche risorse, e questo la spinge ad affidarsi spesso alle confessioni per ‘risolvere’ i casi – piuttosto che a indagini costose. Le accuse basate su queste confessioni possono essere ovviamente molto dubbie”, osserva la ricercatrice di Amnesty Aster van Kregten.

“Il sistema giudiziario è pieno di lacune, che possono avere conseguenze devastanti. E nel caso di condanne per delitti capitali, gli effetti sono mortali e irreversibili”.

Per la legge nigeriana, aggiunge Chino Obiagwu, coordinatore nazionale di Ledap, le confessioni estorte sotto pressione, minaccia o tortura non possono essere usate come prova in tribunale, ma i giudici sembrano non prenderne atto.

“I giudici sanno che la polizia ricorre spesso alla tortura, eppure continuano a emettere condanne basate sulle confessioni, mandando incontro alla morte molti possibili innocenti”.

Secondo il rapporto di Amnesty, i processi i capitali posso durare oltre 10 anni. Ma talvolta può capitare che alcuni fascicoli processuali vengano persi, e il condannato è costretto in un limbo dove non può godere neanche del diritto all’amnistia.

Le condizioni nel braccio della morte sono durissime; e sempre più spesso vi vengono rinchiusi anche i minori.

“Nonostante il diritto internazionale vieti l'uso della pena di morte nei confronti di criminali minorenni, almeno 40 prigionieri in attesa di esecuzione avevano tra 13 e 17 anni al momento del presunto reato”.

“La questione dell’innocenza o della colpevolezza in sostanza è irrilevante per il sistema penale nigeriano”, ha affermato Obiagwu.

“Tutto dipende dalla tua possibilità di pagare per tenerti alla larga dal sistema – pagare la polizia perché indaghi adeguatamente sul tuo caso, pagare un avvocato che ti difenda, pagare qualcuno perché aggiunga il tuo nome all’elenco delle persone che possono ricevere la grazia”.

”Chi ha minori risorse corre i rischi maggiori nel sistema giudiziario nigeriano”. Proprio lo scorso luglio in Nigeria una schiacciante maggioranza aveva respinto una proposta di legge per un’abolizione parziale della pena di morte.

Sconcertati dal livello di opposizione, attivisti e sostenitori contrari alla pena di morte stanno organizzando una massiccia campagna pubblica di informazione prima di fare un nuovo tentativo di abolire la pena di morte nella prossima sessione parlamentare del 2009.

“Vogliamo trascinare tutti nella campagna di sensibilizzazione”, ha detto all’IPS Friday Itulah, tra i principali promotori della proposta di legge respinta.

“Vogliamo coinvolgere le Ong locali e internazionali e i media, oltre ad organizzare seminari e workshop”.

A detta di Itulah, la sua proposta sarebbe stata bocciata a causa del sentimento religioso e dell’ignoranza.

“Nell’ottica religiosa, i seguaci della fede islamica in particolare considerano la vita sacra, perciò chiunque tolga la vita ad un altro essere umano non merita di vivere”.

Benché Itulah non abbia fatto il suo nome, il principale responsabile in parlamento dell’abolizione della sua proposta di legge è stato Sada Soli, un parlamentare dello stato di Katsina nel nord del paese, prevalentemente musulmano.

Bisognerebbe, osserva Itulah, educare la gente ad accettare la visione moderna che la pena deve essere accompagnata dagli sforzi di riformare il criminale “per espiare o restituire alla società ciò che le ha tolto”.

L’uomo si è mostrato implicitamente d’accordo con l’idea di Amnesty e di altre Ong sul fatto che molte persone nel braccio della morte in Nigeria potrebbero essere innocenti, sostenendo che non c’era la consapevolezza della possibilità di errori giudiziari.

“C’è molto lavoro da fare per creare consapevolezza nella campagna di sensibilizzazione, e servirà molto denaro… è una cosa necessaria per assicurare un passaggio morbido della (nuova) proposta di legge nella legislatura. Sono fermamente convinto che un giorno raggiungeremo il nostro obiettivo”.

Uno dei principali sostenitori contro la pena di morte e segretario della commissione presidenziale sulla riforma del sistema giudiziario, Olawale Fapohunda, ha dichiarato che bisogna fare di tutto per preparare il paese all’introduzione del progetto di legge sull’abolizione.

“Il primo punto è dimostrare che la pena di morte nelle nostre leggi non ha funzionato da deterrente per i crimini gravi.”

“Vogliamo sottolineare il nesso tra i crimini contro la proprietà, la povertà e le opportunità limitate che ha un’ampia percentuale della popolazione nigeriana di poter uscire dalla povertà”.

“In secondo luogo, constatiamo la necessità di rispondere alle preoccupazioni sulla criminalità e sull’incapacità del nostro sistema giudiziario di dare una risposta alle vittime dei reati”.

Questo punto è stato presentato adesso al Senato con una proposta di legge sui diritti delle vittime.

“La cosa più importante è mobilitare un sostegno locale, non solo in termini finanziari, ma portando i rappresentanti dei gruppi di pressione locali a battersi per l’abolizione. Credo che dobbiamo lavorare molto di più in questo senso”.

All’inizio di questo mese, i legislatori sono riusciti a portare all’estero il tema dei nigeriani nel braccio della morte. Sono tutti condannati per crimini legati alla droga e si sono visti negare il loro pieno diritto alla rappresentanza legale.

Con una mozione del Senato si è chiesto al governo di intervenire facendo pressione sui governi stranieri per concedere la clemenza a questi detenuti.

Nel suo rapporto, Amnesty segnala la presenza di 42 nigeriani nel braccio della morte in Indonesia (20), Libia (15), Afghanistan (6) e Arabia Saudita (1).

Tra ottobre 2006 e aprile 2008, l’Arabia Saudita ha giustiziato 10 nigeriani accusati di traffico di droga, tra cui una donna.