PENA DI MORTE: Un passo fondamentale verso l’abolizione

LONDRA, 20 settembre 2007 (IPS) – Dai tempi della sua creazione, Amnesty International lotta per l’abolizione universale della pena di morte. Nelle prossime settimane, l’Assemblea Generale dell'Onu voterà una risoluzione per una moratoria globale sulle esecuzioni.

La campagna di Amnesty per la moratoria è diretta da Martin Macpherson. Quanto siamo vicini alla fine di tutti gli omicidi di stato? Macpherson non fa previsioni con Julio Godoy, corrispondente dell'IPS. Tuttavia, il voto Onu sarà una pietra miliare nella campagna per porre fine alla pena capitale.

IPS: Perché Amnesty International vuole che l’Assemblea Generale adotti una risoluzione per l’abolizione della pena di morte?

Martin Macpherson (MM): Amnesty International si oppone alla pena di morte in tutti i casi e senza eccezioni, considerandola una violazione del diritto alla vita oltre che l’ultima crudele, disumana e umiliante punizione. La pena di morte legittima un atto irreversibile di violenza da parte dello stato e punirà inevitabilmente vittime innocenti. Per questo Amnesty chiede l’abolizione incondizionata e globale della pena di morte.

Una risoluzione dell’Assemblea Generale – ente universale che rappresenta tutti i membri delle Nazioni Unite – chiede una moratoria sulle esecuzioni, poiché un passo verso l’abolizione sarebbe un passo fondamentale nella campagna internazionale per abolire la pena capitale in tutto il mondo.

IPS: Perché solo ora questa spinta verso la risoluzione sulla pena di morte?

MM: Un mondo senza la pena di morte diventa sempre più una possibilità reale, ma per raggiungere quell’obiettivo devono esistere una forte leadership politica e una buona strategia.

Nell’ultimo anno si è stato rinnovato il dibattito sull’utilizzo della pena di morte, sollecitato in parte dall’esecuzione di Saddam Hussein. È arrivato il momento in cui è possibile adottare una risoluzione nell’Assemblea Generale che chieda una moratoria sulle esecuzioni.

Centotrentuno paesi hanno abolito la pena di morte nella legge o nella pratica. Nel 2006 solo 25 paesi hanno di fatto effettuato delle esecuzioni. Nel 2006, il 91 per cento di tutte le esecuzioni note sono avvenute in Cina, Iran, Iraq, Pakistan, Sudan e negli Usa. Anche le statistiche di Amnesty International per il 2006 mostrano un calo globale nel numero delle esecuzioni, registrandone 1.591, in confronto alle 2.148 del 2005. Queste cifre dimostrano che oggi esiste una spinta reale per porre fine alla pena capitale.

Le dichiarazioni del Segretario Generale Onu, Ban Ki-moon, e dell’Alto Commissario per i diritti umani, Louise Arbour,ribadiscono la “tendenza della legge e della pratica nazionale a frenare l'utilizzo della pena capitale”.

IPS: L’Assemblea Generale ha mai preso una posizione sulla pena di morte?

MM: Ad oggi, l’Assemblea Generale non ha adottato una risoluzione né ha chiesto una moratoria sulle esecuzioni o sull’abolizione della pena di morte. Ha adottato degli standard per limitare l’applicazione della pena capitale e tutelare i diritti di chi deve subirla.

Uno di questi standard è il Secondo Protocollo Opzionale al Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici, che mira all’abolizione della pena capitale. Sessantuno stati hanno oggi ratificato questo Protocollo e altri otto lo hanno firmato. Amnesty International ritiene che l’Assemblea Generale debba chiedere una moratoria globale sulle esecuzioni, come passo fondamentale verso l’obiettivo finale dell’abolizione.

IPS: In passato le richieste per una risoluzione Onu sulla pena di morte sono sempre fallite. Perché questa volta dovrebbero andare a buon fine?

MM: È vero, i tentativi erano falliti nel 1994 e nel 1999, ma da allora il numero di stati abolizionisti nella legge o nella pratica sono aumentati. All’Assemblea Generale dello scorso anno, la Finlandia, alla Presidenza dell’Ue, in una dichiarazione sostenuta da 95 stati esprimeva “profonda preoccupazione per l’utilizzo continuo della pena capitale in tutto il mondo”. La dichiarazione proseguiva con la richiesta agli stati che ancora applicano la pena di morte di abolirla completamente e, nel frattempo, di istituire una moratoria sulle esecuzioni.

La tendenza internazionale va verso l’abolizione, ma ci si deve aspettare una opposizione agguerrita da parte di alcuni degli stati conservatori, che cercheranno di demolire la risoluzione sostenendo che non è una questione di diritti umani che riguarda il diritto alla vita, ma una questione che interessa esclusivamente la giurisdizione nazionale degli stati. Tenteranno di sconfiggere la risoluzione introducendo, per esempio, “emendamenti distruttivi”, come avvenuto in passato.

IPS: Cos’è un “emendamento distruttivo”?

MM: Gli “emendamenti distruttivi”, chiamati a volte “emendamenti killer”, cercano di minacciare l’obiettivo della risoluzione. Non sono né benevoli, né fatti in buona fede. Gli “emendamenti distruttivi” in passato hanno cercato di minare la bozza negando che la questione della pena di morte riguardasse i diritti umani nell’interesse della comunità mondiale, e introducendo un linguaggio che riaffermava la sovranità degli stati nelle decisioni su temi di giustizia criminale e giudizi.

IPS: Certamente spetta ad ognuno degli stati membri dell’Onu decidere per sé sull’utilizzo della sentenza capitale?

MM: La promozione e la tutela dei diritti umani è una preoccupazione per tutta la comunità internazionale. Non è esclusivamente un problema dei singoli stati. Amnesty International ha dichiarato la sua opposizione totale e incondizionata alla pena d morte, e di conseguenza l’organizzazione non accetta che gli stati abbiano alcun diritto a giustiziare qualcuno in qualunque situazione. Anche il miglior sistema giudiziario è fallibile, e gli innocenti saranno sicuramente messi a morte. Non esiste un sistema giudiziario perfetto.

IPS: Chi vi critica potrebbe affermare che è solo un’altra istanza dei paesi ricchi e delle loro organizzazioni non governative che cercano di imporre i propri valori sui paesi in via di sviluppo. Come risponderebbe?

MM: L’opposizione alla pena di morte non è esclusiva di una regione, di un sistema politico, di una religione, cultura o tradizione del mondo. Gli stati che hanno abolito la pena di morte si trovano in tutte le regioni e tra tutte le religioni. Inoltre, le leggi e gli standard dei diritti umani internazionali sulla pena capitale sono stati elaborati da enti internazionali e regionali, compresa l’Assemblea Generale dell'Onu, e lo sviluppo di quegli standard trae spunto da esperienze e sistemi legali differenti.

L’attuale iniziativa di discutere una risoluzione sulla moratoria sulle esecuzioni all’Assemblea Generale è sostenuta da stati di tutte le regioni del mondo.

IPS: L'Assemblea Generale si è appena aperta, possiamo aspettarci quindi che l’iniziativa della moratoria sia presentata nelle prossime settimane. Cosa serve per garantire un esito positivo?

MM: Bisogna costruire un forte sostegno interregionale e preparare accuratamente la discussione, per assicurarsi il successo del risultato. Alcuni degli stati che si oppongono a tale risoluzione sono forti e determinati a sconfiggerla o distorcerla con emendamenti distruttivi. Con una forte leadership politica e una strategia attentamente disegnata, sarà possibile ottenere una risoluzione su una moratoria universale.

IPS: La risoluzione che si aspetta potrà davvero fare la differenza per gli stati che oggi ancora applicano le esecuzioni?

MM: Una risoluzione dell’Assemblea Generale di per sé non può fermare le esecuzioni perché le risoluzioni non sono legalmente vincolanti. Tuttavia, una richiesta chiara da parte dell’ente politico più alto delle Nazioni Unite per una moratoria sulle esecuzioni avrebbe un elevato peso morale e politico, e rappresenterebbe un importante strumento per convincere gli stati restii ad attuare una moratoria, come passo chiave verso l'abolizione globale. Per noi di Amnesty, sarebbe un importante strumento di difesa nella campagna per l’abolizione universale della pena di morte.