GIORNATA MONDIALE DELLA POPOLAZIONE: Per la salute materna ci vogliono uomini illuminati

JOHANNESBURG, 12 luglio 2007 (IPS) – Qual è l'elemento comune in grado di assicurare che le donne non si sposino troppo giovani, non facciano troppi figli, e non muoiano durante il parto – riducendo anche la percentuale di contagio da Hiv? Gli uomini.

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Manoocher Deghati/IRIN

Questo è il messaggio della Giornata mondiale della popolazione 2007, celebrata ieri sotto lo slogan: “Gli uomini, partner nella salute materna”.

“L’esperienza mostra che il coinvolgimento e la partecipazione degli uomini può fare la differenza”, osserva Thoraya Ahmed Obaid, direttrice esecutiva del Fondo Onu per la popolazione (Unfpa), in una dichiarazione diffusa in occasione della Giornata mondiale della popolazione.

“Scoraggiando il matrimonio precoce, promuovendo l’educazione delle giovani, favorendo relazioni eque, e sostenendo i diritti e la salute riproduttiva delle donne, si realizzano progressi concreti”.

Sono ben note le difficoltà di spezzare gli stereotipi legati al genere perché gli uomini possano esercitare più liberamente un'influenza positiva sulla vita delle loro partner. Ma in che misura le istituzioni vengono riformate per assistere gli uomini?

Secondo Bafana Khumalo, cofondatore della Sonke Gender Justice Network, un’organizzazione non governativa con sede a Johannesburg, c’è ancora della strada da fare.

“Sul tema della salute sessuale e riproduttiva, per esempio, se vai in ospedale, ti rendi conto che il sistema punta alle donne. Non è un ambiente orientato verso gli uomini. La maggioranza delle infermiere sono donne”, ha fatto notare all’IPS.

”Alcuni uomini uscendo dagli ospedali lamentano di essere stati cacciati dalle infermiere, sentendosi dire che quello non è un posto per uomini”.

Con l’intento di migliorare le relazioni tra uomo e donna, la rete organizza regolarmente dei workshop in tutto il Sud Africa.

“Incoraggiamo gli uomini ad accompagnare le loro donne nelle cliniche neonatali. Diciamo loro di continuare a farlo finché le loro partner non daranno alla luce il bambino”, ha spiegato Khumalo.

“Dobbiamo cambiare sia il sistema che l’atteggiamento mentale”.

Le donne che si battono in prima linea per cambiare il modo di pensare potrebbero dover affrontare diversi ostacoli, secondo Lisa Vetten, ricercatrice presso il “Centro di consulenza legale per porre fine alla violenza contro le donne”, che ha una delle sedi nel polo commerciale di Johannesburg.

“È difficile parlare agli uomini, soprattutto quando sei una donna”, ha detto all’IPS. “Ma certo, gli uomini non sono tutti uguali. Alle volte si riesce meglio con gli uomini meno giovani, perché hanno più paura di perdere le loro partner, i figli e le proprietà”.

L’iniziativa della Sonke Gender Justice Network ha mostrato i progressi raggiunti in una comunità agricola rurale nella provincia settentrionale di Limpopo.

“Adesso (i lavoratori agricoli uomini) aiutano a lavare i piatti. Puliscono la casa – e sempre più uomini vogliono unirsi al gruppo. Così, le donne di quella comunità ci hanno chiamati per sapere che cosa avevamo fatto ai loro uomini”, ha raccontato Khumalo ridendo.

La rete sta anche cercando di coinvolgere nel suo lavoro i capi tradizionali, invocando il principio di “ubuntu” – un termine usato in alcune lingue sudafricane che può essere liberamente tradotto come “umanità”. Più ampiamente, si riferisce a una credenza tradizionale secondo cui l’umanità di una persona dipende dalla misura in cui viene riconosciuta l’umanità degli altri.

Ma l’Ong ha constatato che per riuscire ad avvicinare i leader serve molto tatto.

“Non si può cominciare (ad avvicinarli) criticando il loro stile di vita in quanto arretrato. Chiuderebbero subito ogni contatto, rifiutando di parlarti. È più sicuro per esempio rivolgersi ai più anziani parlandogli dei problemi delle donne che sono state cacciate dal loro nucleo familiare. Cacciare le donne va contro lo spirito dell’ubuntu”, ha osservato Khumalo.

Il tema della Giornata mondiale della popolazione di quest’anno riecheggia quello del rapporto Unfpa 2005 sullo stato della popolazione mondiale: “La promessa dell’uguaglianza: parità di genere, salute riproduttiva e Obiettivi di sviluppo del millennio (MDG)”.

“Collaborare con gli uomini è una strategia importante per fare progressi nei diritti della salute riproduttiva, che sono strettamente collegati agli MDG”, si legge nel documento.

“Spesso sono i mariti a prendere le decisioni sull’organizzazione familiare, sulle attività economiche delle mogli o su come utilizzare le risorse familiari, come le spese mediche e scolastiche. Queste decisioni influiscono sul benessere e sulle prospettive dell’intera famiglia”, si aggiunge.

“Le cure e il sostegno di un marito informato migliorano anche gli esiti della gravidanza e del parto, e possono fare la differenza tra la vita e la morte nei casi di complicanze, quando le donne hanno bisogno di cure mediche immediate”.

Secondo il Rapporto sullo sviluppo umano 2006 prodotto dal Programma Onu per lo sviluppo (Undp), l’84 per cento dei parti in Sud Africa avviene in presenza di operatori sanitari preparati – il personale in grado di evitare che le complicanze portino alla morte materna.

Questo dato sale al 98 per cento nel caso dei parti del 20 per cento più ricco della popolazione – e precipita al 68 per cento nel quinto più povero della società.

Il fatto che molte donne partoriscano in condizioni a rischio si riflette nelle percentuali della mortalità materna. Il Rapporto sullo sviluppo umano osserva che ogni anno si registrano 150 morti materne ogni 100.000 nati vivi in Sud Africa – rispetto alle 6 della Norvegia, il paese in cima alla lista nell’Indice di sviluppo umano (HDI).

L’HDI classifica i paesi di tutto il mondo secondo il modo in cui riescono ad offrire ai loro cittadini una vita lunga e sana; conoscenza, e standard di vita dignitosi.

La percentuale nell’uso di metodi contraccettivi in Sud Africa nelle donne sposate tra i 15 e i 49 anni è del 56 per cento, mentre in Svizzera, Paesi Bassi e Stati Uniti – paesi che figurano tra i primi 10 nell’HDI – è rispettivamente dell’82, 79 e 76 per cento.

Il Sud Africa occupa il 121esimo posto su un totale di 177 nazioni valutate per l’HDI 2006. Ma nel rapporto dell’Indice sullo sviluppo correlato al genere, dove la classifica dell’HDI è adattata per riflettere le disuguaglianze tra uomini e donne, il Sud Africa occupa la 92 esima posizione.

E il confronto con i dati pubblicati appena cinque anni prima non risulta positivo.

Nell’HDI 2001, che comprendeva 162 nazioni, il Sud Africa era al 94esimo posto – e 85esimo nell’Indice sullo sviluppo correlato al genere.

Dei 5,3 milioni di adulti che vivono con l’Hiv/Aids nel paese, più della metà – 3,1 milioni – sono donne, secondo il Programma congiunto dell’Onu sull’Hiv/Aids.