DIRITTI: Dove la pena di morte ancora resiste

PARIGI, 20 febbraio 2007 (IPS) – Se non fosse per uno sparuto gruppetto di paesi che continua a praticare la pena di morte, gli attivisti per l’abolizione della pena capitale nel mondo, dopo il 3° Congresso mondiale tenutosi a Parigi (1-3 febbraio), se ne sarebbero tornati a casa pensando: “Missione compiuta”.

Questo gruppo di paesi che continua a resistere, contro ogni prova e argomentazione – Stati Uniti, Repubblica popolare cinese, Arabia Saudita, Iran e Corea del Nord – pratica più del 97 per cento di tutte le pene capitali eseguite ogni anno nel mondo: almeno 5000, secondo il rapporto 2006 sulla pena capitale nel mondo del gruppo italiano Nessuno tocchi Caino.

Altri 50 paesi che continuano ad applicare la pena di morte, seppure sporadicamente, hanno realizzato nel 2005 156 esecuzioni.

La tendenza verso l’abolizione è innegabile, è stato detto al congresso. Nel 1981, la Francia è stata il 35esimo paese nel mondo ad abolire questa pratica. Oggi, 25 anni dopo, 142 nazioni non effettuano più esecuzioni; o perché hanno completamente abolito questa pena, o perché stanno osservando una moratoria.

Il sentimento ambivalente suscitato da questi dati, e il senso di urgenza di convincere l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ad approvare una moratoria universale sulla pena capitale, hanno dominato il congresso di Parigi, che ha visto la partecipazione di centinaia di personalità e attivisti da tutto il mondo.

Erano presenti all’incontro i rappresentanti di tutti i 27 Stati membri dell’Unione europea, oltre all’ex ministro francese della giustizia, Robert Badinter, e ai delegati delle associazioni internazionali di avvocati come Amnesty International e la Federazione internazionale dei diritti umani.

C’erano poi i rappresentanti dei gruppi abolizionisti provenienti da Nord Africa e Medio Oriente, dove la pena capitale viene ancora applicata.

Badinter, che alla fine degli anni ’70 aveva guidato la fortunata campagna abolizionista in Francia, ha raccontato lo stato d’animo del congresso: “Sono assolutamente certo che la nostra causa è giusta e che l’abolizione universale della pena di morte è imminente” ha dichiarato alla cerimonia di chiusura. “Tutto il mondo è consapevole che non può esistere una giustizia che uccide”.

L’ottimismo di Badinter è stato mitigato dalla consapevolezza che gli attivisti hanno ancora molto lavoro da fare. E questo sentimento si è riflesso nella dichiarazione finale del congresso.

“Ci rallegriamo del fatto che la pena di morte stia perdendo terreno nel mondo, e che dopo il Congresso di Montreal (2004), Grecia, Kyrgyzstan, Liberia, Messico, Filippine e Senegal abbiano abolito la pena capitale, mentre nessun paese l’ha reintrodotta”, si legge nella dichiarazione.

Tuttavia, “Ci rammarichiamo che, nello stesso periodo, alcuni paesi abbiano ripristinato le esecuzioni dopo una lunga moratoria, come il Bahrain nel 2006, e che la pena di morte venga ancora applicata… in talune nazioni, come Cina, Iran, Arabia Saudita, Stati Uniti e Vietnam”.

Nella dichiarazione si sollecita l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ad approvare una moratoria globale sulla pena di morte. Se questa entrasse in vigore oggi, secondo le stime di Nessuno tocchi Caino, circa 20.000 persone che ora sono in attesa nel braccio della morte si salverebbero.

La maggior parte di loro in Cina. Il congresso di Parigi ha rivolto un appello speciale al governo cinese perché introduca una moratoria “in vista delle Olimpiadi di Pechino del 2008, e dell’Esposizione universale di Shanghai del 2010”.

Il congresso ha poi chiesto l’abolizione della pena di morte in Cina per “delitti non violenti, compresi quelli a sfondo economico e quelli legati alle droghe”.

Negli ultimi decenni, diversi fattori hanno contribuito ad ingrossare le fila dei paesi abolizionisti, ha detto all’IPS Eric Bernard, segretario generale del gruppo per i diritti umani francese “Ensemble contre la peine de mort”, e tra gli organizzatori del congresso. Da quando gli attivisti hanno portato la loro campagna sulla scena mondiale, ha spiegato, il tema della pena capitale non è più una questione penale nazionale, ma piuttosto un “tema centrale internazionale per i diritti umani”.

”Le esecuzioni non vengono più considerate un deterrente efficace contro il crimine, ma un elemento disumano per l’intera società. Anche diversi errori giudiziari nei paesi che applicano la pena capitale hanno contribuito ad aumentare questa consapevolezza”.

Episodi terribili legati al momento dell’esecuzione hanno poi contribuito a rivolgere l’orientamento dell’opinione pubblica e dei governi contro questa pratica.

Uno dei più recenti è stato quello della morte di Angel Nievez Diaz, giustiziato lo scorso dicembre in Florida, che si è protratta per ben 34 minuti. La prima iniezione letale non è riuscita, ed è stata necessaria una seconda per riuscire infine ad uccidere il condannato.

Secondo l’esaminatore medico locale, le iniezioni hanno provocato delle ustioni chimiche di 30 centimetri sulle braccia di Diaz. I testimoni, tra cui l’avvocato di Diaz Neal Dupree, hanno riferito sotto giuramento che Diaz si contorceva dal dolore durante la lunga agonia.

L'esecuzione raffazzonata ha costretto il governatore della Florida Jeb Bush a sospendere tutte le altre esecuzioni in programma e ad istituire una commissione investigativa sull’applicazione della pena di morte nel suo Stato. La sospensione dà respiro a 398 persone condannate a morte in Florida.

“La pena di morte viene messa in discussione in tutto il paese”, ha detto in all’IPS in un’intervista telefonica Richard Dieter, direttore del Death Penalty Information Centre con sede a Washington.

L’esecuzione di Diaz è stata la 53esima del 2006, il numero più basso negli Stati Uniti negli ultimi dieci anni.

Ma la pena capitale continua ad essere applicata in 38 dei 50 Stati Usa. Dieci Stati hanno sospeso le esecuzioni, e uno di essi, il New Jersey, ha annunciato a gennaio che abolirà la condanna a morte.

”La pena capitale è rischiosa, costosa, e potrebbe rivelarsi un errore irreversibile. Oggi sempre meno persone sono disposte a mettere il loro destino nelle mani di una politica tanto imperfetta”, ha detto Dieter.

Un gesto simbolico della sempre maggiore risolutezza nel voler abolire per sempre la pena di morte è venuta dalla Francia.

Venticinque anni dopo la vittoria di Robert Badinter nella campagna contro la pena capitale in quel paese, il Parlamento francese ha stabilito a febbraio che questa decisione dovrebbe essere garantita dalla stessa costituzione.