DIRITTI: L’Italia alla guida della campagna contro la pena di morte

ROMA, 12 gennaio 2007 (IPS) – Dopo l’esecuzione di Saddam Hussein, il governo italiano si è fatto promotore di una nuova campagna contro la pena di morte.

La coalizione di centro-sinistra, al potere da aprile dello scorso anno, che ha spesso dimostrato una certa frammentazione al suo interno e registrato forti critiche dall’opposizione, è oggi sostenuta da tutti i partiti nella sua decisione “di combattere, in sede Nazioni Unite, per l’abolizione globale della pena di morte“, come ha annunciato il Primo Ministro Romano Prodi.

”Nessun crimine può giustificare che una persona uccida un’altra”, ha detto Prodi. “Questo principio è condiviso da tutte le civiltà e religioni”.

Il ministro degli esteri Massimo D'Alema aveva anticipato il rinnovato impegno italiano, in occasione del suo incontro con il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva.

L’Italia ha fallito finora nella sua richiesta di una moratoria sulla pena di morte alle Nazioni Unite, ha detto D'Alema. “Tuttavia, ritengo che ciò debba costituire una priorità nel nostro impegno internazionale, è urgente prendere un’iniziativa decisiva e porre fine alla barbarie della pena di morte”.

Il primo gennaio, l’Italia è entrata nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite con un mandato di due anni, e prevede di usare la sua posizione per un insieme di attività con l’obiettivo di rendere illegale la pena capitale in tutti i paesi.

Il governo aveva già chiesto all’Assemblea Generale di riprendere in esame una dichiarazione non vincolante contro la pena di morte, firmata da 85 paesi.

I gruppi per i diritti umani hanno accolto positivamente l’iniziativa di Prodi.

Il leader dei radicali Marco Pannella si è dichiarato fiducioso, ritenendo che, “grazie all’impegno personale del Primo Ministro italiano, nelle prossime settimane la comunità internazionale troverà un accordo per una moratoria globale sulla pena di morte”.

La decisione dell’Italia di presentare una moratoria è “importante, e coerente con la tradizione e la costituzione italiana, così come con l’impegno europeo”, ha dichiarato il Presidente Giorgio Napolitano. “Dopo l’esecuzione di Saddam Hussein, ha proseguito il presidente, tutti i leader europei hanno ribadito di essere contrari alla pena di morte. È un bene che l’Italia rappresenti l’Europa in questa decisione, e che tutte le parti politiche siano d’accordo. L’Italia non dovrebbe parlare solo per sé”.

Tuttavia, il compito non è semplice. Il governo italiano aveva già presentato delle proposte di moratoria sulla pena capitale all’Assemblea Generale dell’Onu nel 1994, e poi nel 1995. Lo scorso luglio, il parlamento italiano aveva approvato una mozione che sollecitava il governo a presentare un’altra proposta di moratoria all’Assemblea Generale.

L’iniziativa è fallita perché il governo non ha ottenuto l’approvazione di tutti i membri dell’Ue. Alcuni dei membri più vecchi non hanno voluto fare pressione su paesi influenti come l’Arabia Saudita. Il nuovo Primo Ministro polacco, Jaroslaw Kaczynski, ha pubblicamente dichiarato di voler reinstaurare la pena capitale come deterrente contro la crescente spirale del crimine.

In Bielorussia, non ancora membro Ue, vi sono state due esecuzioni nel 2005, malgrado il suo consenso a una moratoria. Uno stop alle esecuzioni capitali è attualmente in corso in Russia, dove però non sono state eliminate le leggi sulla pena di morte, come richiederebbe la sua adesione al Consiglio d’Europa.

Secondo alcuni esperti di diritti umani, la nuova determinazione dell’Italia potrebbe tuttavia essere cruciale.

”L’Italia deve portare avanti la sua campagna per una moratoria universale“, ha detto all’IPS Antonio Papisca, direttore del Centro interdipartimentale diritti umani dell’Università di Padova. “È un segno chiaro e forte di discontinuità nella condotta barbarica del mondo. La pena capitale va ad arricchire il già terribile cocktail di torture, assassini e guerra al terrorismo”.

Il Prof. Papisca ha ricordato che il secondo protocollo della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici dell’Onu, approvato nel 1989, chiede l’abolizione della pena di morte. “È facoltativo, ma è anche vero che 57 paesi lo hanno ratificato”.

La campagna dell’Italia contro la pena capitale è infine una campagna per il rispetto della legge, prosegue il professore. “Quest’iniziativa ha la legge dalla sua parte. L’Italia deve ottenere il pieno supporto dall’Europa e poi coinvolgere anche i 104 paesi che hanno ratificato la Corte Penale Internazionale dell’Aja. Insieme, tutti questi paesi devono sostituire l’idea di ordine globale dell’amministrazione Bush con una nuova visione, che si basi sulla Carta internazionale dei diritti umani.”

Difficile dire se l’iniziativa italiana può arrivare lontano.

”Credo che la battaglia dell’Italia in favore della moratoria sulle esecuzioni capitali non debba essere giudicata solo su una base di realismo”, ha detto all’IPS Antonio Cassese, direttore della Commissione internazionale di inchiesta sul Darfur ed ex-presidente del Tribunale internazionale per la ex Jugoslavia (ICTY).

”Questa battaglia persegue, e difende, un obiettivo molto importante; è una lotta spinta da motivazioni etiche, e pertanto è necessaria. Per preservare un altissimo valore come il rispetto della vita umana, è fondamentale essere determinati, ma anche pazienti, rispetto ai risultati”.