AMBIENTE-CUBA: Salvare la baraccopoli dalle inondazioni

L’AVANA, 23 ottobre 2005 (IPS) – Quando il cielo si oscura sulla capitale cubana, gli abitanti del quartiere El Fanguito pregano perché non piova troppo: le loro case di cartone, legno, lamiera e cocci sono infatti troppo fragili per resistere anche ad un minino straripamento del fiume Almendares. “Se il fiume cresce, rimango senza casa”, dice una donna di 47 anni che è arrivata all’Avana dalla zona orientale dell’isola negli anni ’90, in uno dei peggiori momenti della crisi economica che ha colpito il paese dopo la scomparsa dell’area socialista europea e dell’Unione sovietica, suoi principali punti di appoggio economico e commerciale.

Per lei, l’unica possibilità era una piccola casa nella comunità di baraccopoli occupata di El Fanguito, situata lungo il fiume Almendares in un’area molto bassa e, perciò, facilmente soggetta ad inondazioni. “Passo le mie giornate a guardare il livello dell’acqua”, afferma.

I timori degli abitanti del quartiere dovrebbero dissiparsi al termine dei lavori di bonifica ambientale progettati dal Gran Parque Metropolitano dell’Avana (GPMH), che renderà possibile il controllo del fiume nei suoi ultimi 10 chilometri prima di sfociare nel mare.

A El Fanguito, che ha una popolazione di circa 1.000 persone, verranno costruiti degli argini per evitare lo straripamento delle sponde del fiume e ridurre così il rischio di inondazioni, ha spiegato all’IPS Arlé Cordero, direttore degli investimenti del GPMH.

Con il suo bacino urbano di circa 63 chilometri quadrati, il fiume Almendras ospita lungo le coste diverse migliaia di persone che, per la maggior parte, vi si sono insediate illegalmente fondando quartieri ritenuti insalubri dalle autorità.

Il GPMH è formato in totale da 700 ettari abitati da circa 190.000 persone, distribuite in quattro municipi culturalmente e socialmente molto diversi tra loro.

L’intervento sul bacino fa parte di un progetto di sviluppo integrale sostenibile del parco metropolitano, che conta sull’appoggio del Comitato internazionale per lo sviluppo dei popoli (CISP), un’organizzazione non governativa (Ong) europea con sede in Italia.

Per questo nuovo sforzo di recupero della più importante arteria fluviale della capitale cubana, è decisivo il dragaggio di una frangia di due chilometri fino allo sbocco sul mare, la cui prima fase dovrebbe concludersi questo mese.

Gli esperti del GPMH credono che il fiume comincerà a riprendersi da sé, dopo l’eliminazione dei sedimenti accumulati sul fondo, aumentando la propria portata, una cosa considerata impossibile dieci anni fa.

Le azioni naturali di autodepurazione venivano totalmente scartate fino a un decennio fa, per l’alta concentrazione di soda caustica, diossido di titanio, acido solforico, detergenti, materiali da costruzione e acque settiche.

Secondo il rapporto GEO America Latina e Caraibi 2003, presentato dal Programma Onu per l’ambiente (UNEP, UN Environment Programme), negli ultimi trent’anni la qualità dell’acqua superficiale “si è deteriorata in modo drammatico”.

Nella regione, più del 60 per cento delle acque reflue pubbliche vengono scaricate nel mare e nei fiumi senza ricevere alcun trattamento, secondo il documento. Nell’area del mar dei Caraibi, secondo altre fonti, si arriverebbe addirittura al 90 per cento.

“Circa il 90 per cento dell’inquinamento prodotto all’interno di un paese viene trasportato al mare attraverso i fiumi”, dichiara Jairo Escobar, consulente della Divisione risorse naturali e infrastrutture della Commissione economica per America Latina e Caraibi (Cepal).

A Cuba, un fattore determinante all’origine del riscatto del fiume Almendares è stata la chiusura della maggior parte delle industrie situate lungo la sua costa. Ma l’80 per cento dell’inquinamento proviene dal settore residenziale, visto che le acque reflue utilizzate da circa 100.000 persone continuano a finire nel fiume.

Nel 2003, la rete fognaria raggiungeva appena il 63 per cento dei 2,2 milioni di abitanti dell’Avana.

Ma grazie a un prestito di 10 milioni di dollari concesso a Cuba dall’OPEC, l’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio nel 2002, è stato possibile iniziare la costruzione di tre impianti di trattamento delle acque reflue alla periferia della città e dotare di sistema fognario diversi municipi, sempre in periferia.

Da parte sua, il CISP sta introducendo sistemi naturali di trattamento dei residui in diverse comunità del Parco metropolitano. Finora ne funzionano due, e per questo mese è prevista l’inaugurazione di un terzo.

Il progetto del Comitato prevede anche attività comunitarie di formazione, rimboschimento e educazione ambientale, allo scopo di “migliorare il livello di igiene dei quartieri interessati”, sostiene Paola Larghi, rappresentante di questa Ong europea a Cuba.

Il rapporto sulla Situazione ambientale cubana, pubblicato a luglio dal Ministero di scienza, tecnologia e ambiente, segnala che il livello di inquinamento negli otto bacini più importanti dell’isola si è ridotto del 3,53 per cento nel 2004.

Forse la maggiore sfida per il recupero del fiume sarà quella del coinvolgimento consapevole e attivo delle comunità vicine. “Il CISP tenta di far loro capire che devono integrare il lavoro ambientale alle loro attività quotidiane”, sottolinea Larghi.

In tal senso, esperti del GPMH offrono formazione metodologica nelle comunità, in particolare ai gruppi ambientalisti creati in ogni quartiere e ai capi della comunità. Il CISP procura consulenza e le risorse di base per il lavoro.

“Credo che adesso il quartiere cambierà davvero”, assicura un anziano promotore culturale di El Fanguito, noto nel vicinato come Quintanilla, che dirige un gruppo musicale comunitario e partecipa alle prove di un gruppo teatrale per l’infanzia centrato su temi ambientali.

In ogni caso, la situazione di questo quartiere di abitazioni precarie, costruite con cartoni raggrinziti dall’umidità, lastre di zinco e tegole rotte, e dove le reti fognarie sono ancora un’utopia, resta ancora estremamente difficile.

“L’ideale sarebbe spostare il quartiere, ma chi ha il denaro per fare una cosa simile?”, si chiede Cordero. I piani di trasferimento in edifici hanno dato scarsi risultati, visto che continuano ad arrivare nuovi abitanti, soprattutto immigrati dalle regioni lontane dall’Avana.

Un ambizioso programma di costruzione di case annunciato dal governo di Fidel Castro il 1° settembre potrebbe porre fine in pochi anni a tutti gli insediamenti malsani del paese, tra cui lo stesso Fanguito.

Fonti ufficiali indicano che più del 13 per cento della popolazione della capitale vive in condizioni critiche, ossia in case popolari multifamiliari e in oltre 100 insediamenti precari. (FINE/2005)