IMPATTO TSUNAMI: ‘Gli aiuti promuovono il grande business’

BRUXELLES, 21 luglio 2005 (IPS) – Gli aiuti per il dopo-tsunami destinati all’Indonesia e allo Sri Lanka non stanno raggiungendo i più bisognosi, ma promuovono piuttosto “il grande business” nella regione. È quanto denunciano alcuni gruppi sociali e per
l’agricoltura locali.

Secondo i rappresentanti di gruppi per l’agricoltura, per la pesca e contro la corruzione dei paesi colpiti dalla catastrofe del dicembre 2004, gli sforzi per la ricostruzione post-tsunami sono stati caratterizzati da “disparità, scelte politiche dall’alto verso il basso e mancanza di coordinamento, di trasparenza finanziaria e politica, e di partecipazione delle comunità”, e sollecitano l’Unione europea (Ue), principale donatore dei loro paesi, ad assumersi la responsabilità di una efficace distribuzione degli aiuti.

Delegati provenienti dallo Sri Lanka e dall’Indonesia in visita a Bruxelles a metà luglio, hanno avvertito che più di sette mesi dopo la tragedia dello tsunami – che ha ucciso almeno 200.000 persone in 13 paesi – centinaia di migliaia di persone colpite stanno ancora vivendo in situazioni “disperate”, nella “più totale incertezza” del loro futuro.

I delegati osservano che gli aiuti non hanno ancora raggiunto certi settori “invisibili” delle popolazioni colpite, in particolare coloro che non sembrano essere stati colpiti direttamente dall’onda anomala.

“In molti casi sono stati ridotti allo stato di riceventi passivi e sottomessi, dato che i soccorsi immediati vengono consegnati in fretta e furia senza prendere in considerazione i loro bisogni e desideri, né i problemi legati alla povertà e in certi casi al conflitto in cui vivevano anche prima del disastro”, ha detto all’IPS Sarath Fernando, segretario generale del Movimento per la riforma nazionale della terra e dell’agricoltura dello Sri Lanka.

Fernando ha dichiarato che la ricostruzione nel suo paese viene usata per attuare dei piani di governo che sono stati tracciati “senza una consultazione con la società civile”, e che “non sono mirati alle comunità più colpite”, come i lavoratori del settore della pesca.

Secondo Fernando, una delle maggiori preoccupazioni è che la cosiddetta Task Force per la ricostruzione del paese (Task Force to Rebuild the Nation, Tafren) dello Sri Lanka, formatasi subito dopo lo tsunami, sia dominata da un gruppo dell’elite affaristica locale.

“Non ci sono rappresentanti della popolazione colpita né di altre organizzazioni che operano nelle zone colpite, nè accademici o scienziati, o professionisti con esperienza di ricostruzione dopo i disastri”, ha aggiunto.

Fernando ha anche ribadito che la ricostruzione post-tsunami viene usata per promuovere il “grande business” e il turismo nel paese, senza tenere conto dei bisogni delle persone colpite dalla catastrofe.

Aggiunge poi che le comunità povere vengono allontanate dalle coste dello Sri Lanka per fare spazio ai grandi complessi alberghieri. Subito dopo lo tsunami, il governo del paese ha annunciato che la popolazione non potrà ricostruire le loro case lungo la costa, ma secondo Fernando tali misure non sono intese a proteggere le comunità di pescatori.

“Il governo non cerca di proteggere i pescatori, ma ci sta costringendo a fare spazio per il turismo. Promuovere il turismo di lusso sembra essere uno dei punti forza del progetto Tafren. Questa società moderna prevede turismo di lusso, esportazione agricola e manifatturiera e industria della pesca su larga scala. Ovviamente non comprende la pesca di minore entità, l’agricoltura di sussistenza né il turismo gestito dalla comunità”, ha detto.

Fernando – insieme a Herman Kumara, segretario generale del Forum mondiale dei pescatori dello Sri Lanka (World Forum of Fisher People), a Luky Djani, vicecoordinatore dell’osservatorio indonesiano di vigilanza sulla corruzione (Indonesia Corruption Watch), a Adli Abdullah, segretario generale di Panglima Laot (un’organizzazione della comunità della pesca in Indonesia) e ad Arjun Karki, coordinatore della Alleanza del sud-est asiatico per lo sradicamento della povertà – si è appellato alla commissione Sviluppo del Parlamento europeo per garantire che gli aiuti raggiungano i più bisognosi e che i gruppi e i rappresentanti della società civile delle comunità più colpite vengano coinvolti nella ricostruzione post-tsunami.

Persone da tutto il mondo hanno risposto al disastro del 26 dicembre scorso con incredibile generosità. Sono stati promessi circa 10,7 miliardi di euro (13 miliardi di dollari) in aiuti da tutto il mondo per ricostruire la vita e i mezzi di sussistenza dei sopravvissuti.

Tuttavia, i ritmi della ricostruzione sono lenti e migliaia di persone sono ancora senza casa.

Secondo le Nazioni Unite, i lavori per la ricostruzione nell’intera regione colpita potrebbero richiedere fino a cinque anni, e un costo di 7,4 miliardi di euro (9 miliardi di dollari).

Anche i gruppi della società civile di Sri Lanka e Indonesia avvertono che gran parte del denaro che viene usato per il processo di ricostruzione non risolverà i problemi più strutturali nei loro paesi.

In una dichiarazione rilasciata in occasione della loro visita a Bruxelles, i delegati affermano che pur apprezzando il “senso dell’urgenza” tra tutti coloro che hanno aiutato a finanziare i soccorsi e gli sforzi per la ricostruzione, “l’esigenza di sborsare tali fondi entro obiettivi a breve termine ha portato al deterioramento delle strutture e delle organizzazioni locali”.

Il gruppo osserva che rimangono problemi gravi nei loro paesi, che si possono fronteggiare mediante un “processo che porti la popolazione a riconoscere che ogni risorsa promessa in nome delle persone colpite appartiene realmente a loro”.

“Ciò si può realizzare creando dei fondi di riserva, da gestire e amministrare insieme ai rappresentanti delle popolazioni colpite. Tali fondi devono essere disponibili per un utilizzo a lungo termine, e caratterizzati da trasparenza e affidabilità per le organizzazioni civili locali”, hanno concluso.