GIAPPONE-IRAQ: Tra guerra e carcere

TOKIO, 16 aprile 2004 (IPS) – Tre attivisti sono detenuti in Giappone dallo scorso febbraio per aver distribuito volantini contro l’invio di truppe giapponesi in Iraq, segno di una preoccupante tendenza alla repressione dell’attivismo per la pace, secondo alcuni gruppi per i diritti umani “Non c’è niente di male nel distribuire volantini, anche se l’obiettivo è organizzare una protesta contro lo spiegamento delle Forze di autodifesa”, ha dichiarato Makoto Teranaka, dell’organizzazione Amnesty International/Giappone.

“Queste detenzioni rappresentano una chiara violazione alla libertà d’espressione, e avvengono in un momento in cui la sicurezza è una delle principali preoccupazioni della popolazione”, ha aggiunto Teranaka.

Gli attivisti, una donna e due uomini, sono in prigione con l’accusa di aver violato l’articolo 130 del Codice penale. I tre fanno parte dell’Accampamento Tachikawa, un gruppo che protesta da oltre trent’anni contro una vecchia base militare statunitense a Tachikawa, ad ovest di Tokio.

Tamaki Kino, portavoce del gruppo, dice che gli arresti sono stati effettuati un mese dopo che gli attivisti avevano distribuito i volantini nelle cassette postali delle famiglie dei membri delle Forze di autodifesa, la cosa che più somiglia ad un esercito in Giappone dopo la sua sconfitta nella seconda guerra mondiale.

“Siamo rimasti sbalorditi quando la polizia è arrivata all’improvviso…. Hanno registrato le nostre case a seguito di denunce presentate contro di noi. Molti venditori, tuttavia, fanno ogni giorno quello che abbiamo fatto noi”, ha detto Kino.

La decisione del governo giapponese di inviare una missione militare in Iraq lo scorso dicembre, nonostante la schiacciante opposizione pubblica, ha assestato un duro colpo al pacifismo, radicato in questo paese asiatico dalla fine della seconda guerra mondiale, nel 1945.

I volantini di Tachikawa esortavano i familiari dei soldati a riflettere seriamente sullo spiegamento di truppe.

“L’obiettivo era alimentare un dibattito nelle famiglie dei militari. Dopotutto, far sì che le Forze di autodifesa riconsiderino lo spiegamento è importante per moltissime persone che si oppongono alla decisione del governo di inviare truppe in Iraq”, ha proseguito Kino.

Amnesty International ha osservato che gli attivisti detenuti sono “prigionieri di coscienza, arrestati in violazione del loro diritto alla libertà d’espressione”, e ha espresso grave preoccupazione per la persecuzione delle famiglie dei tre attivisti, come la segnalazione delle loro case e la successiva confisca dei loro appunti e computer personali.

“Sin dal loro arresto, i tre attivisti vengono sottoposti a quasi otto ore di interrogatorio al giorno, senza la presenza di nessun avvocato”, ha affermato Amnesty in un comunicato stampa.

“Secondo alcune informazioni ricevute da Amnesty International, gli interrogatori vengono effettuati dalle autorità dell’unità per la sicurezza pubblica della Polizia metropolitana di Tokio, il che suggerisce che il caso ha implicazioni nazionali di sicurezza”, ha aggiunto l’organizzazione.

Teranaka osserva che “questa persecuzione dà un segnale preoccupante agli attivisti, poiché si scontrano con un sistema di polizia che non rispetta i diritti umani, come il ricorso ad un avvocato durante gli interrogatori”.

Alcuni sondaggi d’opinione hanno rivelato che quasi la metà dei giapponesi rifiuta la decisione del Primo ministro Junichiro Koizumi sull’invio di truppe in Iraq a gennaio per appoggiare le forze occupatrici assediate di Stati Uniti e Gran Bretagna.

Lo spiegamento è stato il primo delle Forze di autodifesa in una zona militare dopo la seconda guerra mondiale.

Centinaia di militari giapponesi sono già in Iraq, e il governo pianifica l’invio di altri 1000.

Come alleato degli Stati Uniti nella guerra contro l’Iraq, il Giappone è esposto alle minacce di attentati da parte dei gruppi terroristi islamici. La persecuzione dei gruppi pacifisti sembra far parte delle conseguenti misure governative per rafforzare la sicurezza.

Di conseguenza, il governo non considera che gli attivisti di gruppi come Tachikawa siano un’espressione di diritti politici, bensì attività sovversive e criminali, ha segnalato Manabu Ishizuka, docente di diritto costituzionale dell’Università dell’Asia.

“Il crescente rischio del terrorismo maschera la realtà: il governo è responsabile delle minacce terroristiche, poiché la sua decisione di inviare truppe in Iraq non ha avuto l’appoggio della maggioranza della popolazione”, ha affermato Ishizuka. (FINE/2004)