Dove gli sci hanno preso il posto dei proiettili

PENJWIN, Kurdistan iracheno, apr 2013 (IPS) – Quando Igor Urizar, 37 anni, arrivò per la prima volta nell’isolato paesino di montagna di Penjwin, 300 chilometri a nordovest di Baghdad, immaginò subito questa cittadina di confine – arroccata sulle incontaminate montagne innevate del Kurdistan iracheno – trasformata in un paradiso sciistico.

Karlos Zurutuza/IPS Karlos Zurutuza/IPS

Karlos Zurutuza/IPS
Karlos Zurutuza/IPS

Oggi, dopo quattro anni di duro lavoro, Urizar è l’orgoglioso fondatore della prima scuola di sci in assoluto in Iraq, e trattiene a stento la sua soddisfazione.

“La popolazione viveva di allevamento e di raccolta di legname prima di scoprire che la neve può anche rilevarsi una risorsa economica.”

“Abbiamo fatto molta strada prima di arrivare a questo punto ma sono convinto che ne sia valsa la pena”, racconta all’IPS l’istruttore di sci basco.

Lo scorso inverno, fino ai primi mesi del 2013, più di 100 turisti si sono riversati in questa regione a lungo dimenticata, teatro di una serie di confitti – dalla Guerra del Golfo tra il 1990 e il 1991 all’invasione dell’Iraq capeggiata dagli Stati Uniti nel 2003- scoprendo qualcosa di meglio della guerra: la gioia di indossare un paio di sci e planare sulla neve farinosa.

Ma molti turisti sono felicemente ignari delle difficoltà che ha comportato dare vita a questo centro ricreativo in una delle regioni geopolitiche più esplosive al mondo.

“Avevo fatto un primo tentativo nel 2009 a Baskale, una cittadina curda in Turchia a circa 1000 chilometri a est di Ankara” racconta Urizar. “Le condizioni della neve erano perfette ma la polizia turca diffidava della presenza di un occidentale in un villaggio curdo al confine con l’Iran. Così sono stato costretto a lasciare il paese una settimana dopo il mio arrivo”.

Una volta rientrato nella sua città, Durango, 400 chilometri a nord di Madrid, Urizar si mise in contatto con l’Associazione Tigris, un’organizzazione non-profit costituita da Baschi e curdi a sostegno di progetti di sviluppo nell’area curda, che gli suggerì di ritentare l’iniziativa l’anno seguente, ma questa volta nel Kurdistan iracheno, dove dal 1991 la popolazione curda locale godeva di maggiore autonomia.

Mentre era a caccia di una zona sciistica ottimale nella regione, Urizar scoprì Penjwin. Per fortuna, racconta, aveva portato con sé alcune paia di sci e poté spiegare il suo progetto alle autorità locali, che alla fine diedero il via libera dopo qualche mese.

L’iniziativa non sarebbe stata possibile senza l’aiuto di Falah Salah, funzionario del Governo regionale del Kurdistan e membro dell’Associazione Tigris.

“Il nostro obiettivo a lungo termine è portare la famosa iniziativa della ‘settimana bianca’ anche in Kurdistan” spiega Salah all'IPS, riferendosi al periodo in cui annualmente più di 5000 studenti della Navarra, regione a nord della Spagna, trascorrono in vacanza sulla neve nei Pirenei, confine naturale con la Francia.

Nel corso degli ultimi 30 anni l’iniziativa è diventata talmente parte integrante dell'economia della Valle spagnola del Roncal da far temere che senza l'industria sciistica la regione non riuscirebbe a sopravvivere. I locandieri della regione hanno riferito all'IPS di guadagnare il 70 percento del loro introito annuo nei mesi invernali.

Salah è convinto che questa regione irachena di confine, economicamente depressa e dove agricoltura e allevamento sono da sempre i principali mezzi di sostentamento, trarrebbe grandi benefici da una simile iniziativa.

Gli sciatori hanno bisogno di attrezzature da noleggiare, mangiano kebab (agnello grigliato tagliato a fette sottili con pane arabo) nei ristoranti del posto, e trascorrono interi fine settimana in una cittadina che è sempre stata utilizzata esclusivamente come punto di passaggio per i profughi in fuga dai confini iraniani o iracheni.

Non è stato difficile far appassionare la popolazione locale alla neve e agli sport invernali. Cresciuti tra montagne rocciose coperte quasi tutto l’anno da una spessa coltre di neve, sia gli adulti che i bambini curdi si sono subito coinvolti in una nuova attività ricreativa, definita da Urizar “sci sostenibile”.

Non ci sono sciovie o altri orrori metallici a deturpare la bellezza del paesaggio: un semplice casotto comunale accanto ad una pista ospita le attrezzature. Subito all’esterno, un modesto tracciato per lo sci di fondo conduce gli sciatori attraverso percorsi tra gli arbusti.

Dlosh Fatah, insegnante di educazione fisica presso una scuola del distretto di Rania, 328 chilometri da Baghdad, ha vinto un paio di sci nel 2012 a Penjwin e racconta che l’esperienza è stata talmente positiva da essere tornata l’anno successivo come istruttrice, insieme ad un altro gruppo già addestrato sui Pirenei.

Anche se dovrà ancora migliorare la sua tecnica, “adesso la cosa più importante è trasmettere ciò che ho imparato ai nostri bambini”, dice all’IPS la ragazza, di 25 anni, mostrando un diploma conseguito alla Scuola di Sci della Valle del Roncal.

Chia Hassan, 31 anni, è un altro futuro istruttore di sci al quale Urizar sarebbe ben contento di passare il testimone nell’inverno 2014.

“Sui Pirenei abbiamo potuto constatare quanto lo sci di fondo abbia contribuito allo sviluppo di una regione montana simile alla nostra” racconta Hassan all’IPS. “Come noi, la popolazione del luogo viveva di allevamento e del legname prima di scoprire che la neve poteva diventare una risorsa economica”, riferisce con entusiasmo all’IPS il giovane, del distretto di Rania.

Il centro sciistico di Penjwin ha ricevuto un’ulteriore spinta dalle TV locali, che hanno raccontato la sua storia. E la notizia ha suscitato curiosità anche nelle città fuori dei confini nazionali, come nel caso di Sardasht nel Kurdistan iraniano, a 430 chilometri a ovest di Teheran, che ha chiesto a Penjwin di condividere i dettagli del progetto.

“Faremo senz’altro visita ai nostri amici di Sardasht ma dobbiamo anche sforzarci di estendere il progetto ad altri valli del Kurdistan iracheno”, afferma Urizar, convinto che la migliore area sciistica sia sulle montagne del Kandil, un’imponente torre di guardia di 3000 metri di altezza, situata esattamente nel punto di confine tra Turchia, Iraq e Iran.

“Se i negoziati tra Ankara e i curdi della Turchia proseguono sulla giusta strada, un giorno potremo sciare qui”, dichiara speranzosa Salah.

Per il momento, la catena montuosa resta una roccaforte del Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK), un gruppo di guerriglieri impegnati nella lotta armata per il riconoscimento dei loro diritti. La recente tregua tra guerriglieri e governo turco ha dato qualche speranza sulla possibile risoluzione di un conflitto trascurato per oltre 30anni.

La popolazione locale non vede l’ora di sentire il suono degli sci che planano sulla neve al posto del rumore delle bombe e dei proiettili, in un paesaggio che Salah ha definito “un paradiso ancora tutto da scoprire”.