EGITTO: Impotenti di fronte alla crisi libanese

IL CAIRO, 18 gennaio 2008 (IPS) – Dopo l’ennesimo bombardamento su Beirut questa settimana, l’impasse politica in Libano sembra ben lontana da una possibile soluzione. Intanto, il ruolo dell’Egitto nella crisi continua a limitarsi ad accorati appelli per la riconciliazione nazionale, in linea con le risoluzioni della Lega araba.

“Il ruolo dell’Egitto in Libano è quello di mero spettatore”, ha detto all’IPS Abdel-Halim Kandil, analista politico ed ex capo redattore del settimanale d’opposizione al-Karama.

Dal 2005, la politica libanese è rimasta paralizzata in una lotta di potere tra un governo con una maggioranza sostenuta dall’Occidente e l’opposizione, guidata dal gruppo di resistenza sciita degli Hezbollah. L’opposizione, che comprende elementi sciiti e cristiani, chiede più voce nelle decisioni del governo rispetto a quella concessa dall’Accordo di Taif del 1989, che si era conclusa con un conflitto tra forse cristiane e musulmane, ponendo le basi di un governo di rappresentanza per diversi gruppi militanti.

La maggioranza, guidata dal “movimento del 14 marzo” del deputato Saad Hariri, è compatta nella sua resistenza contro l’influenza della vicina Siria – che si è ritirata militarmente dal Libano nel 2005 – sugli affari libanesi. Nonostante la mancanza di prove evidenti, il movimento del 14 marzo e i suoi alleati ritengono Damasco responsabile di una serie di omicidi di figure di alto profilo libanesi nel corso degli ultimi tre anni.

L’organizzazione degli Hezbollah, invece, è fortemente sostenuta sia dalla Siria che dall’Iran. Benché sia stata definita “organizzazione terrorista” da Washington e Tel Aviv, gode di una buona reputazione nel mondo arabo per la sua tenace resistenza contro l’occupazione israeliana dei territori libanesi. Alla fine di novembre, l’impasse ha raggiunto dimensioni di crisi dopo la scadenza del mandato dell’ex presidente siriano Emile Lahoud, dove entrambe le parti non sono riuscite a concordare un successore. Secondo l’Accordo di Taif, il capo di stato libanese deve essere un cristiano maronita. Da allora, la scelta di un presidente è stata rinviata per ben 12 volte da un parlamento bloccato. Il prossimo tentativo è previsto per il 21 gennaio.

La maggioranza vorrebbe che il prossimo presidente libanese applicasse la Risoluzione 1559 del Consiglio di sicurezza dell’Onu, che chiede il disarmo di tutte le milizie libanesi, compresi gli Hezbollah. Questi, dal canto loro, menzionando l’occupazione continua del territorio libanese da parte di Israele, non accetteranno un presidente filo-occidentale impegnato nel loro disarmo.

Alcune iniziative della diplomazia estera non sono finora riuscite a risolvere l’impasse, come gli sforzi di mediazione di Parigi alla fine dello scorso anno. Molti osservatori temono che un vuoto presidenziale troppo prolungato possa alla fine portare all’istituzione di governi rivali o – nel peggiore dei casi – alla guerra civile.

Attualmente, entrambe le parti hanno per ora concordato sul comandante dell’esercito Michel Suleiman come potenziale candidato presidenziale. Benché la maggioranza si sia inizialmente opposta alla candidatura di Suleiman, alla luce della sua relazione amichevole con gli Hezbollah, ha poi rivisto la sua posizione a dicembre.

Ma le principali differenze rimangono, come la richiesta dell’opposizione del diritto di veto in parlamento. In un incontro straordinario il 6 gennaio presso la sede della Lega araba di El Cairo, i ministri degli Esteri arabi hanno pattuito un piano su tre punti per uscire dall’impasse. L’iniziativa, proposta da Il Cairo e Riyadh, chiede l’immediata elezione a presidente di Suleiman, la formazione di un governo di unità nazionale – in cui nessuna delle parti ha potere di veto – e una nuova legge elettorale.

La proposta è stata sostenuta da Damasco – membro della Lega araba – e appoggiata da Teheran.

Tre giorni dopo, il segretario generale della Lega araba Amr Moussa si è recato a Beirut, dove ha incontrato i leader libanesi di entrambe le parti, nel tentativo di persuaderli a sottoscrivere il piano.

“Il tempo stringe, e dobbiamo salvare la situazione”, sembra abbia dichiarato Moussa, aggiungendo che il Libano si trova in una “fase decisiva”.

Ma benché sia maggioranza che opposizione abbiano apprezzato l’iniziativa, Moussa ha lasciato la capitale libanese qualche giorno dopo senza confermare il suo appoggio ufficiale a nessuna delle parti. Ciononostante, i leader delle due fazioni hanno detto che avrebbero esaminato la proposta e annunciato la loro rispettiva decisione entro pochi giorni.

Il presidente egiziano Hosni Mubarak, pur garantendo il suo pieno sostegno al piano della Lega araba, ha anche avvertito delle possibili gravi conseguenze di un fallimento nella risoluzione dell’impasse.

”L’Egitto sollecita tutte le fazioni in Libano a mettere in atto la proposta, in modo da evitare la distruzione del loro paese”, ha dichiarato in un comunicato alla stampa ufficiale il 13 gennaio.

Eppure, nonostante la vigorosa esortazione di Mubarak, secondo molti osservatori locali il ruolo diplomatico dell’Egitto in Libano – fuori dal contesto della Lega araba – sarebbe relativamente debole.

“Il profilo dell’Egitto è in declino, in Libano e altrove nella regione, mentre i ruoli diplomatici di Arabia Saudita e Iran hanno acquisito maggiore spicco”, ha detto Kandil. “Sotto la leadership (dell’ex presidente Gamal Abdel) Nasser negli anni ’50 e ’60, il ruolo dell’Egitto in Libano era una forza di cui tener conto”.

Mohamed Abu al-Hadid, analista politico e capo della casa editrice statale Dar al-Tahrir, che pubblica l’importante quotidiano governativo al-Gomhouriya, ha concordato che l’Egitto “non ha molta influenza” in Libano.

“Siria, Francia e Iran hanno oggi un ruolo più diretto in Libano, poiché hanno sostenitori fedeli nel paese”, ha detto Abu al-Hadid all’IPS.

Secondo Saad al-Husseini, deputato del movimento d’opposizione “Fratellanza musulmana” e capo della divisione relazioni estere del gruppo, il ruolo dell’Egitto in Libano è fortemente ostacolato dalla stretta alleanza del Cairo con Washington.

“Essendo riconoscente verso la politica Usa, le mani dell’Egitto sono legate a livello diplomatico – sia in Libano che altrove”, ha detto al-Husseini all’IPS.

Ma nonostante le grandi differenze interne tra l’opposizione islamica egiziana e il Partito democratico nazionale di Mubarak al governo, al-Husseini ha espresso sostegno per la posizione ufficiale del Cairo sul Libano.

”La Fratellanza musulmana sostiene l’appello del Cairo per un rapido compromesso sulla scelta di un presidente”, ha detto. “È nell’interesse della resistenza contro Israele, poiché qualsiasi nuovo presidente non vorrebbe il disarmo degli Hezbollah”.

Secondo Kandil, la crisi non può essere disinnescata senza un coinvolgimento attivo sia dell'Iran che della Siria. Per ottenere il supporto siriano, ha osservato, alcuni elementi della proposta della Lega araba erano in linea con le stesse richieste avanzate dall’opposizione guidata dagli Hezbollah.

”La rapida formazione di un governo di unità nazionale e una nuova legge elettorale sono entrambe grandi istanze dell’opposizione libanese”, ha commentato.

”Gli Usa possono influenzare il Libano solo con la forza, mentre la Francia non è riuscita a risolvere il problema a livello diplomatico”, ha aggiunto Kandil. “La chiave per risolvere la questione sta nell’asse Iran-Siria”.