PENA DI MORTE -USA: La corte suprema non rivisiterà una condanna ‘dubbia’

WASHINGTON, 28 giugno 2007 (IPS) – La Corte Suprema degli Stati Uniti ha rifiutato di ascoltare l’appello di Troy Anthony Davis, condannato a morte in Georgia per omicidio, rimuovendo così uno degli ultimi ostacoli alla sua esecuzione.

Troy Davis

Troy Davis

Gli attivisti contro la pena di morte sostengono che il caso Davis meriti di essere rivisto dato che la prova cruciale portata dalla difesa non è stata ascoltata durante il processo.

Nel 1991, Davis è stato giudicato colpevole di omicidio del poliziotto Mark McPhail, malgrado la mancanza di evidenze reali. L’arma del delitto non è mai stata trovata.

”La decisione della Corte Suprema dimostra quanto la giustizia sia cieca – cieca al punto da costringere e rinunciare ai testimoni, cieca di fronte all’assenza dell’arma del delitto o di evidenza fisica, e cieca alle circostanze estremamente incerte che hanno portato alla condanna di quest’uomo”, ha dichiarato Larry Cox, direttore esecutivo di Amnesty International USA (AIUSA).

”Talvolta ci sono casi emblematici dell’errato funzionamento della giustizia in questo paese. Rifiutando di rivedere importanti dichiarazioni di innocenza, la Corte Suprema ha rivelato le catastrofiche falle nella macchina di morte degli Usa”.

Gli oppositori alla pena capitale hanno inoltre evidenziato il fatto che Davis è un afro-americano, mentre McPhail era bianco, una tendenza che caratterizza da tempo le condanne a morte negli Usa.

”Nei casi di condanna a morte, circa l’80 per cento delle vittime di omicidio erano bianche”, ha detto all’IPS Richard Dieter, direttore esecutivo dell’Istituto di statistica sulla pena di morte. “Il vero fattore discriminante per la pena capitale non è se sei bianco o nero, ma se la vittima era bianca”.

Il trentaquattro per cento di tutti i detenuti giustiziati dal 1976 sono afro-americani, mentre il 79 per cento delle vittime nei casi di pena capitale erano bianchi, secondo le statistiche dell’Istituto di statistica per la pena di morte, aggiornate questa settimana.

In totale, circa il 42 per cento di coloro che aspettano nel braccio della morte negli Stati Uniti sono afro-americani, il 10 per cento sono ispanici e il 45 per cento bianchi.

L’accusa ha costruito il caso su nove testimoni civili che hanno dichiarato di riconoscere Davis come l’aggressore. Dopo la condanna, sette dei testimoni hanno ritrattato la loro deposizione in dichiarazioni giurate e diversi hanno rivelato di essere stati costretti dalla polizia a testimoniare.

Secondo Amnesty, “un testimone ha firmato una dichiarazione della polizia secondo cui riconosceva Davis come l’aggressore, per poi dichiarare in seguito, “Non l’avevo letta, perché non so leggere.” In un altro caso, un testimone ha dichiarato che la polizia “mi stava accusando di essere complice nell’omicidio e che sarei andato… in carcere per molto tempo, che sarei stato fortunato se ne fossi mai uscito, soprattutto perché era stato ucciso un poliziotto… avevo solo 16 anni ed ero terrorizzato di andare in prigione”.

”Spesso le nuove prove sono guardate con sospetto dai tribunali”, ha detto Dieter. “I tribunali considerano quel tipo di prove non affidabili come quelle presentate al processo, invece spesso le nuove prove sono più affidabili”.

Il caso è ulteriormente offuscato dai diversi testimoni i quali sostengono che un altro uomo, Sylvester Cole, abbia ammesso la propria colpa per l’omicidio. L’anno scorso, l’XI Corte d’appello circoscrizionale aveva rifiutato l’appello di Davis, rimandando così alla Corte Suprema l’ultima possibilità di trasformare la sentenza.

L’appello anticipato di Davis per la grazia al Georgia Board of Pardons and Paroles sarà l’ultima occasione legale per combattere l’esecuzione.

Gli Usa hanno eseguito 1.080 sentenze dal reinserimento della pena di morte nel 1976. Sono trentotto gli stati che praticano la pena di morte, oltre al governo Usa e ai militari, al contrario di 12 stati nei quali la pena di morte è stata abolita.

Un sondaggio Gallup del 2006 ha rivelato che il sostegno alla pena di morte tra i cittadini Usa è sceso al 65 per cento, dall’80 per cento del 1994. Il numero di sentenze capitali era arrivato a 128 nel 2005, dai picchi di 315 nel 1994 e 1995, e il maggior utilizzo della prova del DNA ha gettato il dubbio su molti casi di sentenza capitale.

Finora, in tutto il paese 124 persone sono state rilasciate dal braccio della morte. I difensori dei detenuti sostegono che è solo un problema di tempo, prima che la prova definitiva dimostri che è stato giustiziato un innocente.

In un altro caso di sentenza a morte di questo mese, la Corte Suprema ha stabilito che giudici e pubblici ministeri possono escludere dalla partecipazione a questi casi i giurati che esprimono riserve sulla pena capitale, in una decisione che il Boston Globe ha definito “decisiva per portare le giurie verso la fine”, e che alcuni esperti legali prevedono potrà colpire soprattutto potenziali giurati afro-americani.