USA-IRAQ: Il Pentagono tentò di corrompere i media iracheni prima dell’invasione

WASHINGTON, 10 maggio 2007 (IPS) – Mentre si preparava all’invasione dell’Iraq nel marzo 2003, il Pentagono progettava la creazione di un “Rapid Reaction Media Team” (RRMT), allo scopo di assicurarsi il controllo sui principali media iracheni, e di dare una 'facciata' irachena ai propri intenti: lo rivela un “Libro bianco” diffuso questa settimana dall’Archivio della sicurezza nazionale (NSA), un gruppo di ricerca indipendente.

Tra le altre voci, il budget prevedeva l’assunzione di due “consulenti media” americani per un compenso di 140.000 dollari ciascuno per sei mesi di lavoro. Altri 800.000 dollari erano destinati ad altri sei “consulenti media” iracheni per un periodo equivalente.

Sia il dossier che la presentazione in diapositive sono stati redatti da due funzionari del Pentagono – dell’ufficio Special Operations and Low-Intensity Conflict, specializzati, tra le altre cose, in strategie di conflitto psicologico, e l’Ufficio Special Plans (OSP) guidato dall’allora sottosegretario alla Difesa Douglas Feith – a metà gennaio 2003, due mesi prima dell’invasione, secondo l’analista dell’NSA Joyce Battle.

”Il piano RRMT si concentra sugli sforzi dei governi Usa e britannico, prima e dopo le ostilità, per l’elaborazione di strategie, la formazione, e il rapido dispiegamento di un team di esperti di media americani e britannici, insieme ad un altro team di esperti di media iracheni “scelti di prima mano”, per veicolare immediatamente all’opinione pubblica irachena la notizia della liberazione dell’Iraq”, sostiene il documento.

Gli esperti iracheni “scelti di prima mano”, secondo il dossier, dovevano orientare progetti e pianificazioni degli esperti Usa, e aiutarli a “selezionare e formare broadcaster e editori iracheni (“la facciata”) per gli intenti di propaganda informativa della coalizione del governo Usa.

”Sarà come se, dopo un altro giorno di scontri mortali, il popolo nord-coreano spegnesse i televisori la sera, per riaccenderli al mattino e ritrovarsi con i ricchi menù della TV sud-coreana trasmessi sui loro schermi come se fossero i loro”, si infervora il rapporto, aggiungendo che “media nazionali iracheni liberi ‘ricostituiti’ possono servire da modello per il Medio Oriente, dove la presenza di numerosi media anti-arabi equivale a un’arma di distruzione di massa”.

Non è chiaro se il piano sia stato attuato come previsto nel documento, anche se l’NSA ha diffuso una verifica contabile dell’ispettore generale del Pentagono riguardante una dozzina di contratti non concorrenziali, per un totale di 122,5 milioni di dollari, concessi dal Dipartimento della difesa a tre appaltatori che hanno realizzato attività legate ai media in Iraq dopo l’invasione.

Tra gli appaltatori, il Rendon Group e la Scientific Applications International Corporation (SAIC), che avrebbero ricevuto una concessione di 25 milioni di dollari per creare una Rete di media iracheni, i cui scopi sembrano piuttosto simili a quelli delineati nel Libro bianco, ma che sono crollati dopo circa sei mesi, per presunta incompetenza e lotte interne.

La SAIC è la stessa impresa che ha assunto la responsabile della comunicazione della Banca mondiale Shaha Ali Riza, sembra su richiesta dell’allora vicesegretario alla difesa (e attuale presidente della Banca mondiale) Paul Wolfowitz, con il quale la donna aveva una relazione sentimentale. Riza ha lavorato per la SAIC da marzo a maggio 2003, nel team dedicato a “Democrazia e governance”.

La terza impresa coinvolta nella verifica è il Lincoln Group, nato cinque anni fa e che, tra le altre attività, sembra abbia sborsato milioni di dollari ai giornali iracheni per la pubblicazione di articoli filo-americani dopo l’invasione.

L’RRMT era stato concepito come un “canale preferenziale”, tra la rete di media governativi iracheni e un “media iracheno libero”, che gli autori del Libro bianco definiscono l’obiettivo a lungo termine del programma.

”Dopo la cessazione delle ostilità – prosegue il dossier – la presenza di team di media iracheni, addestrati dagli esperti Usa, pronti a dipingere un nuovo Iraq (dagli iracheni per gli iracheni) con speranze di un futuro prospero e democratico, avrà un profondo impatto psicologico e politico sulla popolazione irachena”.

“La missione sarà ragguagliare l’opinione pubblica irachena sugli intenti e le operazioni della coalizione del governo Usa per stabilizzare l’Iraq (soprattutto prevenendo la divisione dell’Iraq in tre parti dopo le ostilità, e dando agli iracheni una speranza per il futuro)”, continua il documento, osservando che l’RRMT “collocherà e si interfaccerà (immediatamente) con il comandante del Comando centrale Usa designato a Baghdad, e comincerà a pubblicare e a trasmettere alla popolazione irachena le informazioni approvate dal governo Usa”.

Il dossier definisce alcuni “compiti prioritari”, necessari ad allestire l’RRMT e le sue operazioni, e a “tradurre le linee e gli orientamenti tematici del governo Usa in una campagna di informazione (notizie e intrattenimento)”.

Tra i “temi e messaggi” da diffondere, il Libro mette al primo posto il “programma di de-Baathificazione”, seguito da “servizi sulla storia recente (come “Lo zio Saddam”, “History Channel su Saddam bomb-maker” (il “bombarolo Saddam”), “Campi di sterminio”, ecc.); “Serie sulla democrazia”, “Ambiente (riabilitazione delle paludi)”, “Conoscenza delle miniere”, “Ripresa del petrolio”, “Giustizia e tematiche legislative”, e “Criminali di guerra/Commissione sulla Verità”; il tutto approvato dal governo Usa.

Il piano elenca poi diversi altri temi da mettere in risalto nelle programmazioni, tra cui “prigionieri politici e interviste sulle atrocità”, “i palazzi e l’opulenza di Saddam”, e “disarmo delle armi di distruzione di massa”.

Quanto a “programmi di intrattenimento e notizie”, in cima alla lista figura “Hollywood”, seguito da “Canali di notizie”, “Donazioni dei paesi arabi”, e “Sport”.

Il progetto sollecita poi la produzione di “programmazioni a parte”, nel corso del primo mese di occupazione: un processo che prevede di ottenere i diritti su programmi preesistenti, produrre nuovi programmi, assicurandone la traduzione se prodotti in un’altra lingua; e preparare prodotti stampati, come la “prima edizione del nuovo giornale settimanale iracheno (con diverse sezioni per persone scomparse, notizie sugli sciiti, notizie sui kurdi, notizie sui sunniti, ecc.)”.

I due milioni di dollari del budget totale erano destinati quasi interamente ai costi operativi e di infrastrutture per i media, come trasmettitori e studi per radio e televisione, e trasmissioni e ripetitori a microonde.

La presentazione in power point chiedeva che l’RRMT “identificasse ed esaminasse esperti di media e ‘conduttori’ iracheni”, oltre ad occuparsi della formazione di un gruppo di giornalisti iracheni per costituire lo staff delle nuove reti.

L’RRMT doveva poi “identificare le infrastrutture dei media da lasciare intatte, e lavorare con il Comando centrale Usa per trovare modi alternativi di disabilitare i media di punta”, tra cui, presumibilmente, quei media i cui messaggi non fossero in linea con i temi che il Pentagono intendeva trasmettere.

“Evidentemente, il quartier generale della rete satellitare araba al-Jazeera a Baghdad non rientrava tra le “infrastrutture dei media da lasciare intatte”, ha osservato Battle dell’NSA, ricordando l’attacco missilistico Usa dell’8 aprile 2003 che colpì l’ufficio della rete a Baghdad, uccidendo il giornalista Tariq Ayoub. Il Pentagono aveva ricevuto informazioni dettagliate sulla collocazione degli uffici prima dell’invasione, che erano stati segnalati come struttura “televisiva”.

Anche l’ufficio di al-Jazeera a Kabul, situato in un edificio nel centro della città, fu distrutto da due “bombe intelligenti” durante la campagna aerea Usa in Afghanistan alla fine del 2001. Nell’aprile 2004, durante un’estesa battaglia a Fallujah riportata da al-Jazeera, il Presidente Usa George W. Bush, incontrando il Primo ministro britannico Tony Blair, suggerì un attacco contro il quartier generale della rete in Qatar; lo riportano alcune note sui colloqui in seguito trapelate.