PENA DI MORTE-GIAPPONE: Suspense omicida

TOKYO, 1 marzo 2007 (IPS) – Il giorno di Natale dello scorso anno è rimasto impresso nella memoria di Kaoru Okashita, 60 anni, condannato giapponese nel braccio della morte. Aveva sentito da lontano il passo delle guardie che marciavano verso la sua cella di prima mattina, per poi vederle miracolosamente passare oltre senza fermarsi.

”Ho pensato che fosse giunta l’ora della mia morte”, ha scritto Okashita alla sua amica e insegnante di poesia Keiko Mitsumoto. “Quando le guardie hanno oltrepassato la mia porta, ho tirato un sospiro di sollievo”. Dal 2004, Okashita e Mitsumoto si scambiano lettere attraverso le sbarre della prigione.

Okashita ha tutte le ragioni per sentirsi miracolato. Il 25 dicembre dell’anno scorso, quattro dei suoi compagni nel braccio della morte sono stati impiccati, tra cui Yoshie Fujinami, 72 anni, un semi-invalido che, secondo gli attivisti, riusciva a stento a stare in piedi.

Le loro esecuzioni si sono tenute dopo una sospensione di 15 mesi. Il nuovo ministro della giustizia Jinen Nagase voleva dimostrare di non avere scrupoli, al contrario del suo predecessore buddista, sulla firma degli ordini di esecuzione. Nagase è un aperto sostenitore della pena capitale.

”È importante considerare i sentimenti delle vittime e della popolazione”, ha detto. “Bisogna mantenere l’ordine sociale”.

Una posizione così determinata è condivisa dalla maggioranza dell’opinione pubblica giapponese.

Due anni fa, un sondaggio ufficiale mostrava che più dell’80 per cento dei giapponesi è a favore della pena di morte. Più della metà della popolazione la considera un deterrente efficace e l’unica punizione possibile per qualsiasi tipo di omicidio, come riportava la stampa in quell’occasione. Solo il sei per cento si è detto totalmente contrario alla pena capitale.

Tuttavia, tra questi oppositori vi sono sempre più individui che stanno attivamente prendendo posizione. Mitsumoto, 61 anni, è una di loro. Maestra di tanka (poesia), Mitsumoto ha risposto a una lettera di Okashita che le chiedeva di accettare un suo verso.

”Mi oppongo alla pena di morte non per una questione di giustizia, ma semplicemente perché la vita è preziosa”, ha detto Mitsumoto all’IPS. “Attraverso le sue lettere e poesie, ho capito che Okashita ha imparato a ridare un valore alla vita, per questo voglio che viva”.

La storia commovente dell’amicizia tra un condannato per l’omicidio di due persone nel 1989 e la sua maestra di poesia è diventata pubblica dopo l’uscita a dicembre di un’antologia di tanka, “L’inizio della fine”. Curato da Mitsumoto, il volume include alcuni poemi che le aveva inviato Okashita insieme alle lettere che le mandava una o due volte al mese.

Le poesie di Okashita esprimono il profondo rimorso per i suoi crimini e la paura del rifiuto sociale.

Gli oppositori della pena di morte concordano sul fatto che i giapponesi sono severi e non perdonano. E questo spiegherebbe il quasi totale sostegno alla pena di morte.

”Il sentimento estremamente conservatore del Giappone rispetto all’ordine sociale rafforza l’idea che chi commette un grave crimine meriti la più severa delle punizioni”, ha detto Misaki Yagishita di Amnesty Giappone. “Per questo c’è un forte sostegno alla pena di morte, che viene considerato il mezzo migliore per liberare la società dai criminali”.

Gli attivisti giapponesi contro la pena capitale stanno concentrando la loro campagna sui metodi dell’esecuzione vigenti nel paese: sostengono che la morte per impiccagione sia particolarmente crudele, e che può causare la decapitazione.

Accusano inoltre le autorità di estrema indifferenza verso i diritti delle persone in attesa di esecuzione. Viene evidenziata l’atroce pratica di tenere segreta la data dell’impiccagione ai compagni del braccio della morte e alla famiglia. A testimoniare questa pratica è la lettera inviata da Okashita dopo Natale alla sua maestra di poesia.

Anche altri compagni del braccio della morte hanno raccontato di come sentono i passi delle guardie di prima mattina – l’unico modo per capire che l’esecuzione è vicina. Le famiglie vengono informate solo a impiccagione avvenuta.

Gli attivisti che combattono la pena capitale stanno portando adesso la loro campagna in tribunale. Recentemente, Shuichi Adachi, un avvocato di Hiroshima, ha intrapreso un’azione legale contro la pratica di impedire ai prigionieri nel braccio della morte l’incontro con i loro avvocati. Ai condannati viene solo concesso di vedere una o due volte al mese la loro famiglia più prossima e i rappresentanti religiosi.

”Le condizioni dei condannati all’ergastolo sono molto più umane”, ha detto Adachi, che vorrebbe sostituire la pena di morte con l’ergastolo. “Possono incontrare i loro avvocati, anche se i crimini commessi sono simili a quelli dei condannati a morte. Non è giusto”.

Gli attivisti si stanno preparando alle prossime esecuzioni dopo le ultime dello scorso Natale. Alla fine di febbraio il numero dei condannati in attesa di esecuzione in Giappone è arrivato a 100. Lo scorso anno si era visto un aumento delle sentenze capitali – circa 21 – dopo che i tribunali giapponesi avevano assunto una posizione più severa sui crimini violenti.

Gli attivisti temono inoltre il probabile effetto della nuova mossa del ministro della giustizia, che ha deciso di far deporre in tribunale le vittime dei crimini. Gli avvocati hanno protestato, poiché questo potrebbe alimentare le emozioni e far crescere ancora il numero delle sentenze di morte.

Ma gli attivisti si aspettano un maggiore sostegno dei gruppi religiosi nel loro sforzo di cambiare l’opinione pubblica. Secondo loro, Oomoto-kyo, un gruppo religioso d’ispirazione scintoista che si oppone alla pena capitale, sta pensando di intensificare il suo impegno.

”Le esecuzioni possono essere combattute con argomentazioni contrarie fondate sul valore della vita. Questo è un concetto particolarmente rispettato nelle religioni giapponesi”, ha dichiarato Katsuya Kimura, rappresentante della divisione internazionale di questo gruppo. “Abbiamo in programma diverse conferenze con altre organizzazioni religiose per raggiungere un consenso sulla strategia da seguire”, ha confermato.

Finora, i gruppi religiosi giapponesi sono rimasti divisi sulla questione della pena di morte. La maggior parte degli scintoisti, fede indigena del Giappone, sostiene la pena capitale, mentre le organizzazioni di orientamento cristiano e buddista vi si oppongono fermamente.